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Livio
Ab urbe condita IX, 38
 
originale
 
[38] Dum haec in Etruria geruntur, consul alter C. Marcius Rutulus Allifas de Samnitibus ui cepit. Multa alia castella uicique aut deleta hostiliter aut integra in potestatem uenere. Per idem tempus et classis Romana a P. Cornelio, quem senatus maritimae orae praefecerat, in Campaniam acta cum adpulsa Pompeios esset, socii inde nauales ad depopulandum agrum Nucerinum profecti, proximis raptim uastatis unde reditus tutus ad naues esset, dulcedine, ut fit, praedae longius progressi exciuere hostes. Palatis per agros nemo obuius fuit, cum occidione occidi possent; redeuntes agmine incauto haud procul nauibus adsecuti agrestes exuerunt praeda, partem etiam occiderunt; quae superfuit caedi trepida multitudo ad naues compulsa est. Profectio Q. Fabi trans Ciminiam siluam quantum Romae terrorem fecerat, tam laetam famam in Samnium ad hostes tulerat interclusum Romanum exercitum obsideri; cladisque imaginem Furculas Caudinas memorabant: eadem temeritate auidam ulteriorum semper gentem in saltus inuios deductam, saeptam non hostium magis armis quam locorum iniquitatibus esse. Iam gaudium inuidia quadam miscebatur, quod belli Romani decus ab Samnitibus fortuna ad Etruscos auertisset. Itaque armis uirisque ad obterendum C. Marcium consulem concurrunt, protinus inde Etruriam per Marsos ac Sabinos petituri, si Marcius dimicandi potestatem non faciat. Obuius iis consul fuit. Dimicatum proelio utrimque atroci atque incerto euentu est et, cum anceps caedes fuisset, aduersae tamen rei fama in Romanos uertit ob amissos quosdam equestris ordinis tribunosque militum atque unum legatum et, quod insigne maxime fuit, consulis ipsius uolnus. Ob haec etiam aucta fama, ut solet, ingens terror patres inuasit dictatoremque dici placebat; nec, quin Cursor Papirius diceretur, in quo tum summa rei bellicae ponebatur, dubium cuiquam erat. Sed nec in Samnium nuntium perferri omnibus infestis tuto posse nec uiuere Marcium consulem satis fidebant. Alter consul Fabius infestus priuatim Papirio erat; quae ne ira obstaret bono publico, legatos ex consularium numero mittendos ad eum senatus censuit, qui sua quoque eum, non publica solum auctoritate mouerent ut memoriam simultatium patriae remitteret. Profecti legati ad Fabium cum senatus consultum tradidissent adiecissentque orationem conuenientem mandatis, consul demissis in terram oculis tacitus ab incertis quidnam acturus esset legatis recessit; nocte deinde silentio, ut mos est, L. Papirium dictatorem dixit. Cui cum ob animum egregie uictum legati gratias agerent, obstinatum silentium obtinuit ac sine responso ac mentione facti sui legatos dimisit, ut appareret insignem dolorem ingenti comprimi animo. Papirius C. Iunium Bubulcum magistrum equitum dixit; atque ei legem curiatam de imperio ferenti triste omen diem diffidit, quod Faucia curia fuit principium, duabus insignis cladibus, captae urbis et Caudinae pacis, quod utroque anno eiusdem curiae fuerat principium. Macer Licinius tertia etiam clade, quae ad Cremeram accepta est, abominandam eam curiam facit.
 
traduzione
 
38 Mentre in Etruria erano in corso questi avvenimenti, l'altro console Gaio Marcio Rutilo strapp? ai Sanniti la citt? di Alife conquistandola con la forza. Molte altre fortezze e villaggi vennero conquistati e distrutti oppure finirono in mano ai Romani ancora del tutto integri. Nel contempo la flotta romana, pilotata verso la Campania da Publio Cornelio, cui il senato aveva affidato il c?mpito di vigilare sulle coste, sbarc? a Pompei, e di l? i contingenti della marina forniti dagli alleati puntarono su Nocera per saccheggiarne il territorio. Dopo fulminee razzie nelle zone dei dintorni, da dove era pi? facile rientrare alle navi, attirati - come spesso accade - dalla sete di fare bottino, si spinsero troppo nell'interno, attirandosi addosso i nemici. Per tutto il tempo che rimasero disseminati per la campagna, dove avrebbero potuto essere fatti a pezzi dal primo all'ultimo, per fortuna non si imbatterono in nessuno. Invece, proprio mentre tornavano sui loro passi marciando senza alcuna precauzione, vennero raggiunti non lontano dalle navi dai villici della zona che si ripresero il bottino, uccidendone anche un certo numero. Il manipolo disordinato dei superstiti si rifugi? sulle navi in preda al panico. La notizia che Quinto Fabio si era addentrato nella selva Ciminia, cos? come aveva tenuto Roma in apprensione, allo stesso modo era stata motivo di tripudio per i Sanniti, per i quali era come se l'esercito romano, tagliato fuori dalla patria, si trovasse in stato d'assedio: per i Romani si profilava una disfatta pari a quella delle Forche Caudine. Quella gente, perennemente avida di nuove conquiste, era stata spinta dalla temerariet? di sempre in quelle regioni inospitali, dove adesso era circondata dall'impraticabilit? dei luoghi pi? che dalle armi nemiche. Ma la gioia si mescolava gi? con una certa quale invidia, perch? la sorte aveva trasferito dai Sanniti agli Etruschi l'onore della guerra contro Roma. Per questo, dopo aver raccolto uomini e armi, si misero in movimento per schiacciare il console Gaio Marcio, e se quest'ultimo non avesse accettato di dare battaglia, avevano intenzione di trasferirsi immediatamente in Etruria passando attraverso i territori dei Marsi e dei Sabini. Il console li and? ad affrontare, e lo scontro dall'esito incerto che ne segu? fu durissimo. Bench? entrambe le parti avessero avuto perdite ugualmente gravi, tuttavia la voce comune attribu? ai Romani la sconfitta, perch? avevano perso degli uomini di rango equestre, alcuni tribuni militari, un luogotenente e - ci? che aveva suscitato maggiore scalpore - era rimasto ferito addirittura il console. Poich? le voci avevano ingigantito la sconfitta, come sempre succede, i senatori vennero presi dal panico al punto da voler nominare un dittatore, e nessuno aveva dubbi sul fatto che la scelta sarebbe caduta su Papirio Cursore, considerato il miglior generale del suo tempo. Per? non si era sicuri di poter fare arrivare la notizia nel Sannio, dato che tutta la regione pullulava di nemici, n? si era al corrente se il console Marcio fosse ancora vivo. L'altro console, poi, era un nemico personale di Papirio. Per evitare che questo attrito andasse a discapito degli interessi dello Stato, il senato decise di mandare a Fabio una delegazione composta di ex consoli, i quali, avvalendosi del proprio prestigio personale, oltre che dell'autorit? conferita loro dallo Stato, lo convincessero a dimenticare la rivalit? di un tempo in nome del bene della patria. Quando gli ambasciatori arrivati al cospetto di Fabio gli ebbero comunicato la decisione del senato, descrivendola con parole all'altezza dell'incarico ricevuto, il console abbass? gli occhi a terra e si allontan? silenzioso dai delegati, che non avevano idea di che decisione avrebbe potuto prendere. Poi, nel silenzio della notte (come tradizione vuole), nomin? dittatore Lucio Papirio. Quando gli inviati lo ringraziarono per aver piegato al meglio la propria disposizione d'animo, Fabio rimase ostinatamente in silenzio, e senza fornire risposta o commenti al suo gesto, licenzi? gli inviati, perch? fosse chiaro che grande dolore il suo animo stesse soffocando. Papirio scelse come maestro di cavalleria Gaio Giunio Bubulco. Mentre era impegnato a presentare ai comizi curiati la legge che gli conferiva l'autorit?, venne costretto a rimandare il rituale da un presagio di cattivo augurio. La votazione, infatti, era iniziata dalla curia Faucia, celebre per due disastri, e cio? la presa di Roma e la pace di Caudio: ora, in entrambi gli anni in cui quei fatti si erano verificati, la sorte aveva affidato alla stessa curia il c?mpito di avviare la votazione. Licinio Macro aggiunge che quella curia era di cattivo augurio anche per una terza disfatta, ovvero quella subita nei pressi del Cremera.
 

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