Data:
11/10/2002 16.21.08
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Cicerone, Orazione al popolo, 15-16
Nutrivo la massima certezza [lett. poich?/nutrendo? ma conviene sciogliere le subordinate, per scorrevolezza] che Publio Lentulo, per l'anno a venire, avrebbe ricoperto la carica di console, (quel Lentulo) che - sotto il mio, di consolato, quando lo Stato versava in estremo pericolo - era stato edile curule, e che dunque con me aveva condiviso decisioni e grane. Era altrettanto certo [lett. potevo forse dubitare??; interrogativa retorica che presuppone risposta negativa] ch'egli avrebbe guarito me - minato dalle ferite inferte da un console [in effetti l'esilio di Cicerone era stato ordito da Clodio e dall'allora proconsole Cesare] - col rimedio che si addice a chi console (ora) lo ? altrettanto [perifrasi per "consulari medicina"; il nuovo console ? appunto Lentulo]. (E dunque), seguendo la sua disposizione [hoc duce] - e con l'appoggio del suo collega, uomo di grandi sentimenti e qualit?, che ha sempre assecondato i suoi propositi [rendo cos?: "primo non adversante, post etiam adiuvante ", di facile senso], praticamente tutti gli altri magistrati son divenuti paladini della mia salvezza. Tra costoro (meritano menzione) Tito Annio e Publio Sestio - uomini di eccezionali coraggio, virt?, autorevolezza, risolutezza e risorse - (i quali) hanno (appunto) mostrato, nei miei riguardi, grande disponibilit? ed energica premura. Su proposta dello stesso Lentulo, quindi, avallata dal suo collega, il senato, all'unanimit? - ad eccezione di un'unica e sola mozione di sfiducia, e tuttavia nessun veto [uno dissentiente, nullo intercedente] - mi restitu? l'onore con parole di straordinaria levatura, e raccomand? la mia salvezza a voi, (popolazioni dei) municipi e (delle) colonie tutte. E allora, i consoli, i pretori, i tribuni della plebe, il Senato, (per dirla in breve) l'Italia intera (nella sua cariche istituzionali pi? importanti) ha interceduto presso di voi sostenendo la mia causa, io ch'ero stato privato dei miei cari e di qualsivoglia appoggio; e tutti coloro che godono della vostra approvazione e dei vostri onori, son giunti a voi da ogni dove non solo per esortarvi a restituirmi la dignit? di cittadino [ad me conservandum], ma anche in qualit? di assertori, testimoni ed estimatori del mio operato. Colui il quale, pi? di tutti, si ? profuso in quest'opera di persuasione [princeps ad cohortandos et ad rogandos vos] ? stato Gneo Pompeo, uomo dotato di una lealt?, di una saggezza e di una gloria senza eguali. Costui - trattandomi da pari, da amico - ha dotato me - singolo, (privato cittadino) - di quegli stessi benefici che a conquistato per l'intero Stato: la salvezza, la tranquillit?, la dignit?. Il suo intervento [oratio], come ho potuto intendere, si ? articolato in tre momenti fondamentali: 1 - innanzitutto, vi ha sottolineato che lo Stato ancora si regge in piedi [esse servatam] (proprio) grazie alle (sofferte) decisioni che presi (all'epoca del mio consolato); (in tal senso) ha associato la mia causa alla comune salvezza e v'ha esortato a difendere (nello stesso tempo) l'autorit? del Senato, l'assetto dello Stato e la vita [lett. fortunas] di un cittadino benemerito [che sarebbe Cicerone stesso]; 2 - nella perorazione, vi ha reso partecipi delle implorazioni che il Senato, i Cavalieri di Roma, l'Italia tutta hanno a voi avanzato in favore della mia causa; 3 - in ultimo a tutto, ha concluso a titolo personale [ipse], esortandovi, e anzi addirittura scongiurandovi, di avere a cuore la mia salvezza.
Trad. Bukowksi
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