latino speciale maturità 2013 originale e commenti traduzioni
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Le traduzioni proposte da progettovidio.it, da Repubblica, dal Corriere della Sera, dalla Stampa, dal Messaggero, dal sole24ore.

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Marco Fabio Quintiliano [l'autore e l'opera]

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OMERO MAESTRO DI ELOQUENZA

Sed nunc genera ipsa lectionum, quae praecipue convenire intendentibus ut oratores fiant existimem, persequor. XLVI. Igitur, ut Aratus ab Iove incipiendum putat, ita nos rite coepturi ab Homero videmur. Hic enim, quem ad modum ex Oceano dicit ipse amnium fontiumque cursus initium capere, omnibus eloquentiae partibus exemplum et ortum dedit. hunc nemo in magnis rebus sublimitate, in parvis proprietate superaverit. Idem laetus ac pressus, iucundus et gravis, tum copia tum brevitate mirabilis, nec poetica modo sed oratoria virtute eminentissimus. XLVII. Nam ut de laudibus exhortationibus consolationibus taceam, nonne vel nonus liber, quo missa ad Achillem legatio continetur, vel in primo inter duces illa contentio vel dictae in secundo sententiae omnis litium atque consiliorum explicant artes? XLVIII. Adfectus quidem vel illos mites vel hos concitatos nemo erit tam indoctus qui non in sua potestate hunc auctorem habuisse fateatur. Age vero, non utriusque operis ingressu in paucissimis versibus legem prohoemiorum non dico servavit, sed constituit? Nam et benivolum auditorem invocatione dearum quas praesidere vatibus creditum est et intentum proposita rerum magnitudine et docilem summa celeriter comprensa facit. XLIX. Narrare vero quis brevius quam qui mortem nuntiat Patrocli, quis significantius potest quam qui curetum Aetolorumque proelium exponit?.

[Quintiliano, 'Institutio oratoria' libro X capp. 45-46]
OMERO MAESTRO DI ELOQUENZA

Ma adesso voglio parlare proprio di quei generi letterari che ritengo di massima utilità a coloro che hanno intenzione di diventare oratori. 46. Ragion per cui, come Arato creda che si debba cominciare da Giove, così a noi sembra che la cosa migliore sia cominciare da Omero. Egli ci ha dato infatti un modello, un punto di partenza per tutte le parti dell'eloquenza, proprio come Omero stesso dice che dall'Oceano ha inizio il corso dei fiumi e delle sorgenti. Nessuno potrebbe superare Omero per sublimità negli argomenti di grande importanza e per proprietà in quelli di minore importanza: è ricco e conciso, gaio e serio, degno di ammirazione ora per l'abbondanza ora per la concisione, superiore a tutti non solo per le sue capacità poetiche, ma anche per il suo vigore oratorio. 47. Infatti, senza voler parlare delle lodi, delle esortazioni e delle consolazioni, forse anche il nono libro, che contiene l'ambasceria mandata ad Achille, o la violenta discussione tra i capi nel primo libro, i consigli forniti nel secondo non sviluppano tutta le tecniche dell'oratoria giudiziaria e deliberativa? 48. Non ci sarà certo nessuno così ignorante da non ammettere che un simile autore aveva nelle sue corde tanto i sentimenti moderati quanto quelli trascinanti. E non è forse vero - andiamo! - che all'inizio di entrambi i poemi, in pochissimi versi, ha, non dico rispettato, ma addirittura creato la legge dei proemi? Egli raggiunge infatti questi risultati: dispone favorevolmente il lettore con l'invocazione alle dee che, come era credenza diffusa, proteggevano i poeti; stimola il suo interesse mettendogli davanti l'importanza degli argomenti; gli chiarisce la storia facendo una rapida sintesi degli avvenimenti principali. 49. Chi potrebbe raccontare più sinteticamente di Omero la morte di Patroclo? chi potrebbe narrare in modo più espressivo e vivace di lui la battaglia tra i Cureti e gli Etoli?

[Trad. Simone Beta, curatore dell'ed. Mondadori dell'Istituzione oratoria: traduzione proposta da progettovidio.it]
Ora però tratterò di quegli stessi generi di letture, che particolarmente potrei ritenere si addicano a coloro che si propongono di divenire oratori. Dunque, come Arato reputa che si debba iniziare da Giove, così a giusta ragione sembra che noi inizieremo da Omero. Egli infatti, come proprio lui afferma che i corsi di tutte le fonti e di tutti i fiumi prendano inizio dall'Oceano, diede a tutte le ripartizioni dell'eloquenza origine ed esempio. Nessuno, infatti, potrebbe superare Omero per la sublimità negli argomenti elevati, nessuno per la proprietà di linguaggio in quelli umili. Il medesimo poeta abbondante e conciso, gradevole e serio, mirabile sia per la quantità sia per la brevità è eccellente non solo per la virtù poetica ma anche per quella oratoria. Infatti per tacere degli elogi, delle esortazioni, delle consolazioni, forse che il nono libro, nel quale è contenuta l'ambasceria mandata ad Achille, o quella famosa contesa tra i duci nel primo libro oppure i pensieri espressi nel secondo, non illustrano tutte le tecniche dei dibattiti e delle deliberazioni? Certamente non ci sarà nessuno tanto incolto che non ammetta che questo poeta abbia avuto in suo potere i sentimenti e quelli delicati e questi violenti. Orsù in verità non dovrei dire che Omero osservò, ma anche stabilì la regola dei proemi in pochissimi versi all'inizio di entrambi i suoi poemi? Infatti egli rende benevolo l'ascoltatore con l'invocazione alle Muse, che è stato creduto che assistessero i vati, e lo rende attento, mostratagli la grandezza degli argomenti e infine disponibile ad imparare, rapidamente sintetizzate le parti principali. In verità chi potrebbe narrare più sinteticamente di colui che annuncia la morte di Patroclo, chi più efficacemente di colui che racconta lo scontro dei Cureti e degli Etoli?

[Oliverio Daniela, docente all'Istituo Superiore 'Via Tiburto 44', Tivoli (RM) - fonte: repubblica.it]
Quando (nel 69 d.C.) Vespasiano prende il potere – unico superstite di una durissima guerra di successione – la situazione che gli si presenta è esattamente quella descritta da Petronio nel Satyricon: una deriva generale – economica, sociale, culturale, morale – prodotta da un potere che, invece di aggregare su valori condivisi le diverse realtà sociali, ne ha piuttosto esasperato l’individualismo, alimentando personalismi e servilismo: sotto i Giulio-Claudi, schiere di liberti avevano riempito la corte, occupato posti nevralgici, esercitato un potere personale enorme, intrattenendo rapporti esclusivi e spesso spregiudicati con l’imperatore, legati dal doppio filo della riconoscenza. Un intero ceto dirigente, romano e provinciale, era stato di fatto comprato perché stesse alla finestra, investito di cariche vuote (come il consolato semestrale ideato da Augusto) ma proprio per questo redditizie. L’ascesa dei Flavi segna l’inizio della fine del centralismo romano, se possiamo definirlo così: di estrazione italica, esponenti della nuova classe dirigente formatasi al servizio del principato, essi rappresentano un taglio netto e irreversibile col passato prossimo. Vespasiano mette subito mano alla politica interna attraverso un radicale riassetto dell’amministrazione, che la adegui ai mutati confini geografici e sociali, e alle sempre più pressanti sollecitazioni centrifughe; è in questa prospettiva che il ruolo dell’educazione torna necessariamente a essere strategico: si chiede ora alla scuola di compattare le diverse identità attorno a quella comune di cives romani, per formare intellettuali integrati, funzionari preparati ed efficienti e, soprattutto, leali verso uno stato in cui devono potersi riconoscere, quale che sia la loro estrazione, geografica e sociale; gli insegnanti stessi provengono perlopiù dal ceto amministrativo, come lo spagnolo Quintiliano, e dall’amministrazione centrale cominciano a essere stipendiati, anche se inizialmente solo i retori, e solo alcuni. È in questo contesto che vanno collocati l’autore e la sua opera, l’Institutio oratoria, che potremmo definire un manuale per diventare perfetti oratori; e siccome l’oratore dev’essere un uomo a tutto tondo, ecco che la letteratura – greca e latina – assume un ruolo formativo di capitale importanza; si selezionano quindi gli autori da far leggere agli studenti in funzione del loro stile, che dev’essere limpido, classico (come non lo è, per esempio, quello di Seneca, che infatti Quintiliano sconsiglia di far leggere a scuola), e anche dei valori di cui essi sono portatori, Omero in primis; valori condivisi sui quali, come s’è detto, va rifondata una società ritenuta allo sbando, moralmente e culturalmente. Le parole sono importanti, insomma, per dirla con Moretti. Lo stile dello stesso Quintiliano riproduce quello di Cicerone, assunto a modello oratorio, certo, ma anche di lealismo incondizionato verso lo stato e le sue istituzioni, dunque perfettamente funzionale agli obiettivi che si vogliono ora perseguire. Il passo proposto è ben scelto: non presenta difficoltà sintattiche ma richiede molta cura nella resa lessicale dei termini, che dimostrerà la padronanza linguistica, latina e italiana, dello studente[...] Quando (nel 69 d.C.) Vespasiano prende il potere – unico superstite di una durissima guerra di successione – la situazione che gli si presenta è esattamente quella descritta da Petronio nel Satyricon: una deriva generale – economica, sociale, culturale, morale – prodotta da un potere che, invece di aggregare su valori condivisi le diverse realtà sociali, ne ha piuttosto esasperato l’individualismo, alimentando personalismi e servilismo: sotto i Giulio-Claudi, schiere di liberti avevano riempito la corte, occupato posti nevralgici, esercitato un potere personale enorme, intrattenendo rapporti esclusivi e spesso spregiudicati con l’imperatore, legati dal doppio filo della riconoscenza.

[Franca Gusmini, docente al Liceo Classico 'Tito Livio', Milano - fonte: corriere.it]
Ma ora voglio entrare nel merito dei generi letterari che ritengo più adatti a chi intenda diventare oratore. Dunque, come Arato pensa che si debba iniziare da Giove, così a noi sembra corretto cominciare da Omero. Infatti, così come egli dice che da Oceano parte il corso di sorgenti e fiumi, è lui stesso ad avere fornito il modello e l'origine di tutte le parti dell'eloquenza. Nessuno potrebbe superarlo in altezza negli argomenti importanti, in appropriatezza in quelli leggeri. Egli è nel contempo ricco ed essenziale, leggero e serio, straordinario in ricchezza espressiva e concisione, ed eccelle in potenza non solo poetica ma anche oratoria. Infatti, per tacere delle lodi, delle esortazioni, delle consolazioni, non è forse vero che il libro nono in cui è narrata l'ambasciata mandata ad Achille, o la famosa discussione tra i capi nel primo, o i discorsi pronunciati nel secondo, dispiegano tutte le regole dell'oratoria giudiziaria e deliberativa? Quanto ai sentimenti, poi, non ci sarà certo nessuno così ignorante da non ammettere che questo autore li padroneggiava completamente, pacati o accesi che fossero. E poi, nell'incipit di entrambe le opere non ha forse in pochi versi non dico rispettato ma addirittura fissato la regola dei proemi? Infatti l'ascoltatore lo rende bendisposto con l'invocazione alle dee, che si credeva proteggessero i poeti; (lo rende) attento con l'illustrazione dell'importanza della materia; e (infine) ricettivo con un riassunto esposto brevemente. Chi poi è capace di narrare in modo più conciso di colui [Antiloco] che annuncia la morte di Patroclo, chi in modo più espressivo di colui [Fenice] che racconta il combattimento tra i Cureti e gli Etoli?

[Franca Gusmini, docente al Liceo Classico 'Tito Livio', Milano - fonte: corriere.it]
Passo ora a trattare gli stessi generi di letture, che ritengo siano particolarmente adatti a coloro che mirano a diventare oratori. Dunque, come Arato ritiene che si debba iniziare il canto da Giove, così noi pensiamo che a ragione prenderemo le mosse da Omero. Costui, infatti, come egli stesso dice che dall'Oceano traggono origine i corsi dei fiumi e delle sorgenti, fornì il modello iniziale per tutte le parti dell'oratoria. Nessuno avrebbe potuto superare questo poeta per sublimità negli argomenti eccelsi, per uso appropriato dei vocaboli negli argomenti di poco conto. Egli è di volta in volta fiorito e conciso, piacevole e solenne, degno di ammirazione sia per l'abbondanza che per la brevità, straordinario non solo per capacità poetica, ma anche per vigore oratorio. Infatti, per non parlare degli elogi, delle esortazioni, delle consolazioni, sia il nono libro, nel quale è contenuta l'ambasceria inviata ad Achille, sia la famosa contesa tra i comandanti nel primo libro, sia i pareri pronunciati nel secondo libro forse non illustrano tutte le tecniche oratorie delle contese e delle deliberazioni? Nessuno, senza dubbio, sarà tanto ignorante da non ammettere che questo autore abbia avuto la totale padronanza dei sentimenti, sia di quelli rasserenanti che di quelli travolgenti. Suvvia, non è forse vero che all'inizio di entrambi i poemi in pochissimi versi non dico che abbia rispettato, ma addirittura fondato la legge compositiva dei proemi? Infatti tramite l'invocazione delle dee, che, secondo le credenze tradizionali, proteggono i poeti, rende benevolo l'ascoltatore; lo rende poi attento, avendogli posto davanti agli occhi la grandezza degli eventi, e lo rende ben disposto, avendo espresso in pochi versi il nucleo narrativo essenziale. In verità chi potrebbe narrare in maniera più concisa di Omero quando annuncia la morte di Patroclo, chi in maniera più espressiva di lui quando descrive la battaglia dei Cureti e degli Etoli?

[Giuseppe Grasso, professore del Complesso Scolastico Seraphicum di Roma - fonte: lastampa.it]
Il brano proposto, tratto dal decimo libro dell'Institutio oratoria di Quintiliano, è molto famoso ed è presente come brano da tradurre anche in alcuni versionari scolastici. La sua notorietà deriva dal fatto di essere un esempio chiaro dell'impostazione retorica della letteratura operata da Quintiliano: il famoso maestro spagnolo legge in chiave retorica le opere delle personalità letterarie e poetiche. Omero, per esempio, che è a tutti noto per il valore della sua poesia epica, in questo passo è apprezzato da Quintiliano come modello di eloquenza, come fondatore delle regole per i proemi, come esemplificatore di artes, cioè di tecniche (oratorie), in particolare di quella giudiziaria e deliberativa. La lingua di Quintiliano è di stampo ciceroniano, e la sua sintassi è regolare, diremmo quasi scolastica. Fa eccezione in questo passo il non dico che precede ma non regge servavit né constituit: ne abbiamo un uso parentetico, quasi avverbiale: non dico assomiglia al nostro 'non tanto, non solo'. Non c'erano particolari difficoltà in questa versione, ma s'imponeva per gli studenti una scelta lessicale precisa: per esempio le lectiones non sono le lezioni ma le letture, intendentibus sono 'a coloro che si sforzano di', visto che l'ut che segue non è l'immancabile finale ma dichiarativo. Niente da paragonare con la difficoltà del passo di Aristotele dell'anno scorso: quest'anno la scelta è stata a favore di un brano ben più abbordabile.

[Prof. Gian Enrico Manzoni, Facoltà di Lettere, Università cattolica sede di Brescia - fonte: ilmessaggero.it]
Ma ora mi dedico proprio ai generi di lettura, che secondo me si addicono in particolare a coloro che cercano di diventare oratori. Pertanto, come Arato ritiene che si debba cominciare da Giove, così noi secondo la tradizione partiremo da Omero. Infatti, come lui dice che dall'Oceano ha inizio il corso dei fiumi e delle fonti, [così] egli ha dato il modello e l'avvio a tutte le parti dell'eloquenza. Nessuno può superarlo per sublimità nelle cose grandi e nelle piccole in precisione. Egli è contemporaneamente prolisso e conciso, scherzoso e serio, ammirevole ora per l'abbondanza ora per la brevità, e si distingue moltissimo non solo per la capacità poetica ma anche per quella oratoria. Infatti, anche tralasciando gli elogi, le esortazioni, le consolazioni, non è forse vero che il nono libro, nel quale si trova l'ambasceria inviata ad Achille, o nel primo libro la famosa contesa tra i comandanti, oppure le sentenze espresse nel secondo libro, espongono tutte le tecniche delle orazioni giudiziarie e di quelle deliberative? E nessuno sarà tanto ignorante, da non ammettere che questo autore non abbia sotto controllo persino i sentimenti, sia quelli tranquilli sia quelli appassionati. Ma allora, non è forse vero che all'inizio di entrambi i poemi con pochissimi versi egli ha, non dico rispettato, ma fondato la regola dei proemi? Infatti, egli rende ben disposto l'ascoltatore invocando le divinità che si ritiene che proteggano i poeti, e lo rende attento proponendogli la grandiosità dei fatti, e disponibile all'ascolto, riassumendo in breve la materia. Ma chi potrebbe raccontare più concisamente di colui che riferisce la morte di Patroclo, chi più chiaramente di chi espone la battaglia tra gli Etoli e i Cureti?

[Prof. Gian Enrico Manzoni, Facoltà di Lettere, Università cattolica sede di Brescia - fonte: ilmessaggero.it]
Ma ora passerò in rassegna quei generi di letture che ritengo convengano soprattutto a coloro che vogliano diventare oratori. Dunque, come Arato ritiene che si debba cominciare da Giove, così anche a noi sembra che inizieremo in maniera solenne [cominciando] da Omero. Questi, infatti, così come egli stesso dice che dall'Oceano hanno principio i corsi dei fiumi e delle fonti, diede il modello e l'origine a tutti i generi dell'eloquenza. Nessuno potrebbe superarlo in sublimità negli argomenti elevati e in naturalezza negli argomenti umili. Insieme fiorito e conciso, piacevole e solenne, mirabile ora per l'ampiezza ora per la brevità, eccellentissimo per valore non solo poetico ma anche oratorio. Infatti, a non parlare degli encomi, delle esortazioni e delle consolazioni, forse che il nono libro, in cui è contenuta l'ambasceria mandata ad Achille, o nel primo la famosa contesa tra i comandanti o le sentenze pronunciate nel secondo, non chiariscono tutte le regole del genere giudiziale e di quello deliberativo [letteralmente: dei contrasti e delle decisioni]? Quanto alle emozioni, sia miti sia agitate, nessuno sarà così ignorante da non riconoscere che questo poeta le ha avute tutte in suo potere. E poi forse che nella protasi di tutti e due i suoi poemi non ha egli non dico rispettato, ma [addirittura] stabilito in pochissimi versi la legge dei proemi? Infatti rende benevolo l'ascoltatore con l'invocazione alle dee, che si crede assistano i poeti; lo rende attento con la presentazione della grandiosità dei temi; e lo rende docile [alla comprensione] avendo riassunto brevemente l'argomento. E chi potrebbe narrare più brevemente di colui che annunzia la morte di Patroclo, chi più efficacemente di colui che racconta la lotta dei Cureti e degli Etoli?

Nota: si propone una traduzione il più possibile "letterale" (anche a costo di qualche asperità nella resa in lingua italiana), in modo da consentire agli studenti che volessero provare a confrontarla con la propria una puntuale verifica sul testo originale.

[Roberto Carnero - fonte: ilsole24ore.com]