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profilo essenziale di storia del diritto romano

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L'ETA' IMPERIALE/2
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L’età aurea: gli Antonini.

L’età aurea è caratterizzata dalla successione adottiva degli imperatori che, come si è detto, viene ascritta da Tacito a Galba per un discorso da questi pronunciato in occasione dell’adozione di Pisone. Ogni imperatore adotta il suo successore davanti al Senato e con il consenso del Senato.

Nerva
Sotto Nerva – anziano Senatore eletto con l’iniziale opposizione dei pretoriani – si ebbe l’ultima attività legislativa delle assemblee. Egli cercò la conciliazione con il Senato, limitò la pratica dei processi per maiestas, fece applicare con minore rigore le leggi di Domiziano contro i cristiani e operò una politica di sgravi fiscali.




Traiano
Traiano, adottato da Nerva, era spagnolo e fu il primo provinciale assurto alla dignità imperiale. Integrò il Senato con provinciali e concesse la cittadinanza a tutta la parte occidentale dell’impero. Riprese la politica espansionistica tant’è che sotto di lui l’impero conobbe la sua massima espansione con la conquista della Dacia, dell’Armenia, della Mesopotamia e della Siria. Le conquiste in occidente segnarono una forte ripresa dei traffici commerciali e infatti, in questo periodo, si svilupparono il diritto della navigazione e quello delle obbligazioni contrattuali.
Con Traiano abbiamo il primo documento imperiale che si occupa dei Cristiani. Plinio il giovane, in qualità di governatore della provincia d’Asia, chiede all’imperatore come comportarsi con i Cristiani. Traiano risponde che il governatore deve agire solo su denuncia e che i Cristiani vanno condannati non in quanto tali, ma per aver commesso reati comuni o per essersi rifiutati di far sacrifici davanti all’immagine dell’imperatore.

Adriano
Con Adriano si ha la maggiore concentrazione di poteri nelle mani del principe. Egli fu alieno da conquiste esterne e si limitò a fortificare i confini. Egli tentò un avvicinamento tra il mondo occidentale e quello orientale; fu il primo imperatore filosofo, ammiratore della cultura greca.
Con Adriano l’editto perpetuo divenne definitivo, codificato dal giurista Salvio Giuliano nel 130: è la fine dello ius honorarium. Cessata l’attività normativa del pretore, rimasero quella del Senato e quella dell’imperatore, senza dubbio più importante, consistente nelle costituzioni. Quest’ultime vengono a specificarsi in una tipologia definitiva:
  • gli editti, disposizioni a carattere generale valide per tutto l’impero;
  • i mandati, ordini a funzionari e a magistrati in campo amministrativo e penale;
  • i rescritti e le epistole, risposte date dall’imperatore a domande scritte rivolte rispettivamente da magistrati e da privati;
  • i decreti, decisioni dell’imperatore in un processo su domanda delle parti, dei magistrati o di propria iniziativa.
In Italia la giurisdizione venne divisa fra quattro consulares che si occupavano della giustizia amministrativa e civile.

Antonino Pio e Marco Aurelio
Il successore di Adriano, Antonino Pio, si limita a continuare l’opera del suo predecessore salvo l’abolizione dei consulares.
Maggiore importanza riveste Marco Aurelio [nel riquadro], imperatore e filosofo per eccellenza. Sotto di lui viene codificato l’Editto provinciale che diventa la fonte unica del diritto per tutte le province. Egli introdusse al posto dei consulares cinque iuridici con il compito di amministrare la giustizia civile. Alla morte di Marco Aurelio, nel 180, gli succederà il figlio Commodo – anziché il suo associato Lucio Vero che morì nel 168 – e si perderà così il principio della successione adottiva.


L’ordinamento giudiziario e i giuristi nel principato.

In quest’epoca si assesta la riforma dell’ordinamento giudiziario iniziata da Augusto. Mentre in età repubblicana esistevano varie forme di repressione criminale, nell’età imperiale si afferma la cognitio extra ordinem quale tipo di repressione criminale proprio del principato. Le leggi istitutive delle quaestiones perpetuae sono leggi processuali: esse definiscono molto sinteticamente l’oggetto del reato e fissano un rito processuale particolare per ciascuna quaestio. Tuttavia la quaestio è un organo giudiziario che può funzionare solo a Roma mentre adesso i cittadini romani sono ormai in tutta Europa: cambia perciò il rito processuale che va unificandosi: i reati politici vengono assunti sotto la competenza del Senato; nelle province, la giurisdizione civile viene esercitata dai funzionari imperiali, in Italia dai consulares e in seguito dagli iuridici.
Con l’unificazione dei riti processuali, delle leggi istitutive delle quaestiones perpetue rimangono in vigore solo le definizioni dei reati, arricchite e specificate per mezzo dei Senatoconsulti. Una volta che la quaestio perpetua esiste solo come ipotesi di reato, decade il sistema accusatorio proprio dell’età repubblicana: ora il cittadino può solo sporgere denuncia al magistrato imperiale, che apre un’inchiesta. L’unificazione dei riti processuali rende inoltre possibile la contestazione di più reati davanti allo stesso organo giudicante; avviene anche una dilatazione enorme del concetto di interesse pubblico: così l’azione civile viene assorbita in parte da quella criminale.
Nel campo del diritto privato, come si è detto, l’ingresso della cognitio extra ordinem provoca la decadenza del processo formulare: la formula viene sostituita dal c.d. libello, cioè da un documento scritto presentato dall’attore al magistrato.
Riguardo alla giurisprudenza assistiamo ad un cambiamento di tendenza: non si mira più a creare concetti giuridici attraverso un processo diairetico, ma si esalta la casistica. Ormai l’evoluzione del diritto dipende dalle costituzioni imperiali a dall’opera di interpretazione e armonizzazione dei giuristi che fanno parte del consilium principis. Tuttavia, attraverso quest’ultimo organo, ai giuristi non è dato solo di interpretare, bensì di creare norme.

I Severi.

L’età dei Severi è un periodo di transizione in cui si conclude il Principato e si preannunzia il Dominato. Nell’età dei Severi, le fonti normative romane tradizionali si vanno perdendo: restano solo le costituzioni imperiali. Anche l’epoca classica della giurisprudenza, iniziata con Augusto, volge al termine. L’unica opera della giurisprudenza del Principato che ci sia giunta direttamente sono le “Istitutiones” di Gaio: si tratta di una breve opera di esposizione, in forma scarsamente problematica, degli istituti privatistici del diritto romano.
Il giurista di quest’epoca non crea mezzi tecnici nuovi, ma partecipa, mediante il consilium principis, alla stesura delle costituzioni. Può inoltre emanare responsi, scrivere libri di diritto civile, digesti, commentari all’Editto, monografie e institutiones. La giurisprudenza è ora una vera e propria fonte normativa, che si affianca alle costituzioni imperiali. Tuttavia dopo Ulpiano l’attività giurisprudenziale viene improvvisamente a cessare: ciò è dovuto alla difficoltà in cui viene a trovarsi il giurista di fronte al continuo gettito delle costituzioni imperiali spesso anche contraddittorie fra loro.
Dopo l’epoca dei Severi si sentirà l’esigenza della codificazione, al fine di contenere la dispersività delle costituzioni.

Commodo, Pertinace e Didio Giuliano
Con Commodo [nel riquadro], figlio di Marco Aurelio, viene a cadere il principio secondo cui l’esercito deve essere composto solo da cittadini e provinciali e vengono arruolati circa 20.000 barbari. Dopo Pertinace, acclamato dal Senato e dai pretoriani, e Didio Giuliano, ricco banchiere che comprò il governo, fu la volta di Settimio Severo, primo imperatore della dinastia dei Severi.




Settimio Severo
Settimio Severo, legato della Pannonia, scese a Roma dalla sua provincia, sconfisse i suoi avversari e venne acclamato imperatore dalle sue truppe. Egli dette una connotazione nuova alla carica imperiale: volle essere dominus. Non aveva fiducia nei pretoriani italici; tutta l’Italia venne equiparata, dal punto di vista amministrativo, alle altre province. Settimio Severo si oppose fortemente alla diffusione dell’Ebraismo e del Cristianesimo, tanto da emanare un dogma (editto) contro il proselitismo cristiano e giudaico: nonostante questo, il Cristianesimo si diffonde notevolmente. Settimio morì durante una spedizione in Britannia.

Caracalla
Caracalla, dopo aver fatto uccidere il fratello Geta nominato con lui successore dal padre Settimio, fu il nuovo imperatore. Il suo primo atto importante è la Constitutio Antoniniana del 212, con la quale si concedeva la cittadinanza Romana a tutti coloro che risiedevano entro i confini dell’Impero: dopo l’errori causa probatio di Adriano e il diritto di connubio concesso da Settimio a tutti i soldati degli eserciti provinciali con cui le donne peregrine acquistavano la cittadinanza, la Constituitio Antoniniana era indispensabile. Il problema fondamentale della Constitutio Antoniniana stava nell’applicazione del diritto romano ai territori orientali: si cercò da un lato di rispettare le usanze locali, dall’altro si recepirono nel diritto romano istituti nuovi.

Macrino, Elagabalo e Alessandro Severo
Dopo la morte di Caracalla vi fu un breve periodo di interregno Senatorio. Fu poi eletto imperatore Macrino che per primo abrogò alcuni decreti imperiali. Il suo successore, Elagabalo, operò una eticizzazione della titolatura imperiale: preferì i titoli di Pius e Felix ai “cognomina ex virtute” derivati dai nomi dei popoli vinti, e in genere seguì una politica di rottura nei confronti della tradizione romana tentando una sorta di “orientalizzazione”. Ucciso Elagabalo dai pretoriani, gli successe Alessandro Severo [nel riquadro], ultimo esponente della dinastia dei Severi. Egli riassunse subito i cognomina ex virtute e seguì una politica reazionaria, che accentuò l’importanza dell’esercito e dell’elemento italico nella compagine statale ma che finì per travolgerlo. Affiorano in questo periodo le tendenze autonomistiche e nazionalistiche provinciali, causate anche dalla crisi economica e monetaria che ha come effetto la formazione delle economie locali.

Organi ed istituzioni del principato.

Gli organi repubblicani che più rapidamente decaddero furono le assemblee popolari, per un duplice ordine di motivi:
  • in primo luogo si dimostrarono l’organo meno adatto per l’assiduo controllo che intendeva esercitare il principe;
  • in secondo luogo, già nella tarda Repubblica, la loro funzione non riusciva ad essere sovrana nella misura in cui i comizi avevano come massa votante la sola plebs urbana, essendo gli altri cittadini dell’impero troppo lontani per parteciparvi.
Le loro funzioni vennero, durante il principato, quasi completamente abolite e quelle che sopravvissero si presentarono come un mero simulacro, necessario per far tacere gli scrupoli legalitari sul fondamento del potere dei magistrati e del principe. Per quanto riguarda il Senato, i suoi poteri furono – seppure formalmente – addirittura estesi:
  • ai senatoconsulti si riconobbe efficacia normativa;
  • il Senato ebbe un limitato esercizio della giurisdizione penale.
In realtà, le continue ingerenze dell’imperatore sul numero dei senatori, sull’elezione dei nuovi senatori e sull’attività complessiva del collegio senatoriale, sminuirono progressivamente anche il prestigio del massimo organo repubblicano.
Con il principato venne fissata rigidamente la carriera magistratuale, e fu necessario osservare tutti i gradi del certus ordo delle magistrature. Le magistrature inferiori, ormai svuotate di significato, sopravvissero solo per consentire il passaggio a quelle superiori. Anche queste avevano perso il loro significato, ma aprivano la via al governo delle province e alla copertura delle cariche create dall’ordinamento imperiale. Conservarono vitalità i pretori, la cui funzione rimase sostanzialmente immutata.


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