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Bukowski
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25/04/2002 14.03.25




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Virgilio, Georgiche, II, 149-176
hic uer adsiduum atque alienis mensibus aestas:
bis grauidae pecudes, bis pomis utilis arbos. 150
at rabidae tigres absunt et saeua leonum
semina, nec miseros fallunt aconita legentis,
nec rapit immensos orbis per humum neque tanto
squameus in spiram tractu se colligit anguis.
adde tot egregias urbes operumque laborem, 155
tot congesta manu praeruptis oppida saxis
fluminaque antiquos subter labentia muros.
an mare quod supra memorem, quodque adluit infra?
anne lacus tantos? te, Lari maxime, teque,
fluctibus et fremitu adsurgens Benace marino? 160
an memorem portus Lucrinoque addita claustra
atque indignatum magnis stridoribus aequor,
Iulia qua ponto longe sonat unda refuso
Tyrrhenusque fretis immittitur aestus Auernis?
haec eadem argenti riuos aerisque metalla 165
ostendit uenis atque auro plurima fluxit.
haec genus acre uirum, Marsos pubemque Sabellam
adsuetumque malo Ligurem Volscosque uerutos
extulit, haec Decios Marios magnosque Camillos,
Scipiadas duros bello et te, maxime Caesar, 170
qui nunc extremis Asiae iam uictor in oris
imbellem auertis Romanis arcibus Indum.
salue, magna parens frugum, Saturnia tellus,
magna uirum: tibi res antiquae laudis et artem
ingredior sanctos ausus recludere fontis, 175
Ascraeumque cano Romana per oppida carmen.

Anche fuori stagione qui si mantiene il sereno
in una primavera senza fine;
due volte all'anno nascono animali,
due volte matura la frutta.
E non si trovano tigri selvagge,
branchi feroci di leoni,
l'ac?nito non pu? ingannare
chi per disgrazia lo raccoglie,
n? serpenti strisciano con le squame al suolo
in curve cos? smisurate
o si avvolgono in spire gigantesche
come in altri paesi.
E pensa allo splendore delle sue citt?,
al fervore di opere,
alle rocche alzate dall'uomo sui dirupi
e ai fiumi che scorrono lungo le mura di un tempo.
O dovr? ricordare i mari che la bagnano?
i suoi grandi laghi? e fra questi il Lario e il Garda,
che si gonfia con flutti e impeto di mare?
ricordare i suoi porti,
le dighe create a difesa del Lucrino
e il mare che imperversa con grande fragore,
dove l'onda di porto Giulio
risuona a lungo per l'infrangersi dei flutti
e l'alta marea del Tirreno
penetra nel lago d'Averno?
E questa ? terra che vanta nelle sue viscere
vene d'argento, miniere di rame
e fiumi ricchissimi d'oro; terra
che gener? tutta una stirpe di uomini forti,
i Marsi, la gente Sabina e i Liguri
avvezzi agli stenti, i Volsci armati di lance,
e uomini di guerra della tempra
dei Decio, di Mario, di Camillo, dei due Scipione
e di te, Cesare, del pi? grande di tutti,
che, vittorioso ai confini estremi dell'Asia,
hai reso inoffensivi gli orientali
tenendoli lontani dai colli di Roma.
Gloria a te, terra di Saturno,
madre fecondissima di messi e di eroi:
in tuo onore voglio rinnovare,
schiudendo senza paura le fonti sacre,
ci? che per gli antichi fu vanto e arte
e sul tema esiodeo
modulare un canto nelle terre di Roma.

Trad. database progettovidio

Orazio, Epistole, I, 4
IV
Albi, nostrorum sermonum candide iudex,
quid nunc te dicam facere in regione Pedana?
Scribere quod Cassi Parmensis opuscula uincat,
an tacitum siluas inter reptare salubris,
5
curantem quicquid dignum sapiente bonoque est?
Non tu corpus eras sine pectore; di tibi formam,
di tibi diuitias dederunt artemque fruendi.
Quid uoueat dulci nutricula maius alumno,
qui sapere et fari possit quae sentiat, et cui
10
gratia, fama, ualetudo contingat abunde,
et mundus uictus non deficiente crumina?
Inter spem curamque, timores inter et iras
omnem crede diem tibi diluxisse supremum;
grata superueniet quae non sperabitur hora.
15
Me pinguem et nitidum bene curata cute uises,
cum ridere uoles, Epicuri de grege porcum.

4, ad Albio Tibullo
Albio, Albio,
critico sereno delle mie satire,
che fai a Pedio?
Lasciami pensare:
scrivi forse poesie
da far dimenticare Cassio Parmense,
o vai per boschi a ritemprarti
silenzioso come uno smemorato
che si perda a considerare
ci? che ? degno o no d'uomini civili?
Tu non eri cos? avvilito un tempo:
gli dei ti diedero bellezza,
ricchezze, e l'arte di goderne.
Cos'altro potrebbe augurare
l'affetto di una nutrice
al figliolo che si cresce in seno?
d'avere buon senso,
di poter dire ci? che pensa,
di godere favori, credito e salute,
di vivere decentemente
con qualche quattrino in tasca.
Fra speranza e affanni,
fra timori e rabbia,
immagina
che l'alba di ogni giorno
sia l'ultima per te:
le ore che seguiranno
e non speravi pi?
tutte un incanto.
Ma se vuoi ridere
vieni a trovarmi:
sono grasso e lustro,
la pelle curata a dovere,
un porco, un porco epicureo.

Trad. database progettovidio

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