[Sono
estremamente compiaciuto e lusingato d'ospitare i contributi dell'amico
Diego Fusaro, nel settore di filosofia romana. Per quanto quello
filosofico sia il mio campo pertinente di ricerca, non avrei saputo
far di meglio, in chiarezza e completezza divulgative. Bkwsk]
Nel 146 a.C., con la distruzione di Corinto, la
Grecia diventa di fatto una provincia romana.
In realtà i rapporti del mondo romano con la cultura greca erano
già avviati da tempo. Dottrine filosofiche, estrapolate dai complessi
contesti argomentativi dei quali originariamente facevano parte,
già circolavano, tra il terzo e il secondo secolo a.C.,
soprattutto in forma di massime, attraverso gli scritti di poeti
come Ennio, il quale, tra l'altro, faceva riferimento
alla dottrina empedoclea
degli elementi e a quella dell'anima e delle sue reincarnazioni.
Ma é soprattutto a partire dalla metà del secondo secolo d.C. che
si fa progressivamente più massiccia la penetrazione della filosofia
a Roma . Nel 161 a.C. un decreto espelleva da Roma filosofi
e retori: ciò é segno del fatto che alcuni intellettuali
greci cominciavano a stabilirsi nella città. Di fronte alla filosofia
greca i ceti dominanti romani assunsero atteggiamenti ambivalenti.
Da una parte, si ebbe la resistenza dei membri più tradizionalisti,
i quali nutrivano sospetti verso un senso di vita refrattario o
inutile alla politica o addirittura dannoso in una prospettiva etico
- politica che ha il suo nucleo portante in un rapporto organico
con lo Stato e i valori tradizionali. L'esempio più noto é rappresentato
da Catone il censore, che pure non era ignorante
di cultura greca, e l'episodio più significativo l'ambasceria
dei filosofi inviati nel 155 a.C. da Atene a Roma
per ottenere il condono di una multa. Di essa faceva parte Carneade,
che diede prova in pubbliche conferenze della sua abilità di discutere
pro e contro la teoria della giustizia, un tema estremamente delicato
per la vita politica. Carneade,
infatti, argomentò sia a favore, sia contro l'esistenza di una legge
naturale universalmente valida. Questa impostazione, che rischiava
di condurre ad un atteggiamento scettico,
non poteva che essere respinta da Catone, ma, sottilmente, Carneade
impiegò anche un argomento che poteva essere ben accolto dai conquistatori
romani: a quale diritto si appella il più forte nell'aggredire il
più debole, se non a quello della forza stessa? Se i romani conquistatori
avessero voluto essere giusti e, quindi, restituire il bottino delle
loro vittorie, sarebbero rimasti poveri . Su una linea di reale
giustificazione dell' "imperialismo" romano si mosse, con le sue
Storie, lo storico greco Polibio (208 - 126 a.C.)
. Esso veniva presentato come il legittimo sbocco della storia,
perchè Roma era riuscita a costruire una forma di costituzione
mista (che già Platone
aveva esaltato delineando il suo stato secondo) che riuniva gli
aspetti positivi delle tre forme costituzionali
(monarchia, aristocrazia, democrazia), senza avere i difetti propri
di ognuna. Non é un caso che Polibio fosse benevolmente accolto
nella cerchia di potenti aristocratici romani, quali gli Scipioni.
Di questa cerchia faceva parte anche un filosofo, Panezio,
ma l' apertura verso la filosofia di questi aristocratici non deve
essere scambiata per interesse personale: la filosofia appare,
piuttosto, un ingrediente importante per la formazione di un nuovo
tipo di uomo e politico, meno legato ai valori tradizionali della
frugalità e della rudezza, propri di una civiltà rurale
qual era quella della Roma più antica. In generale, il
rapporto positivo con la filosofia da parte di membri colti dei
ceti aristocratici di Roma non si traduce nella adesione rigida
a una singola scuola filosofica. Estranei al mondo
delle scuole e dell'insegnamento, essi avvertono meno vincoli di
ortodossia e risultano più disponibili all'ascolto di voci filosofiche
anche in dissenso tra loro. Tra le correnti filosofiche, soprattutto
l'epicureismo
aveva mantenuto una maggiore impermeabilità nei confronti di dottrine
di altra provenienza, ancorandosi fedelmente all'insegnamento del
fondatore della scuola. Le altre correnti, invece, soprattutto quelle
più influenti, come lo Stoicismo
e l'Accademia
scettica, cominciarono già a partire dalla metà del secondo
secolo a.C. a trasformarsi. Da allora si assiste a travasi concettuali
e terminologici sempre più frequenti tra scuole diverse, ma senza
che ciò dia luogo a quello che é stato definito eclettismo,
ossia una acritica e incoerente mescolanza di elementi teorici di
provenienza diversa e talvolta contraddittori. La tendenza a tener
conto delle soluzioni dottrinali fornite da scuole filosofiche diverse
da quella alla quale si appartiene, é confermata dall'attività della
élite politica e culturale di Roma, Panezio,
Posidonio
e Antioco, dei cui scritti tuttavia rimangono soltanto frammenti
.
...:::Diego Fusaro:::...
|