Data: 
                          25/04/2002 23.36.37
                          
                        
 
 
  
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                        Orazio, Odi, II, 8 [la traduzione ? sotto il testo latino]
  VIII  Vlla si iuris tibi peierati  poena, Barine, nocuisset umquam,  dente si nigro fieres uel uno  turpior ungui,  5  crederem; sed tu simul obligasti  perfidum uotis caput, enitescis  pulchrior multo iuuenumque prodis  publica cura.  Expedit matris cineres opertos  10  fallere et toto taciturna noctis  signa cum caelo gelidaque diuos  morte carentis.  Ridet hoc, inquam, Venus ipsa, rident  simplices Nymphae, ferus et Cupido  15  semper ardentis acuens sagittas  cote cruenta.  Adde quod pubes tibi crescit omnis,  seruitus crescit noua nec priores  impiae tectum dominae relinquont  20  saepe minati.  Te suis matres metuunt iuuencis,  te senes parci miseraeque nuper  uirgines nuptae, tua ne retardet  aura maritos. 
  8, a Bar?ne Se in qualche pena per i tuoi spergiuri fossi, Bar?ne, incorsa, se per il solo annerirsi di un dente o di un'unghia, meno tu diventassi bella di quel che sei, io ti crederei. Ma tu non appena invochi sul tuo perfido capo le maledizioni, risplendi ancor pi? bella e affascinando vai tutta la giovent?. E sai ingannare tutti: qui in terra le ceneri di tua madre, in cielo le taciturne stelle della notte e persino gli dei, che non soffrono il gelo della morte. Ride di questo Venere, io penso, ridono le ingenue Ninfe e ride lo spietato Cupido, che sulla cote insanguinata sempre aguzza le sue frecce roventi. Ma poi la giovent? cresce tutta per te, e crescono gli schiavi, senza che nessuno abbandoni il tetto della tiranna sua, anche se lo minaccia. Per i loro figli ti temono le madri, ti temono i vecchi avari e le spose in fiore, tutte tremanti che il tuo fascino rapisca anche i loro mariti.
  Trad. database progettovidio
  
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