Data:
13/05/2002 1.19.03
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Essendo Anfitrione via, perch? impegnato ad espugnare Ecalia, Alcmena - ingannata da Giove, che le si era presentato sotto le mentite spoglie di suo marito [lett. credendo che Giove fosse suo marito; ho dovuto tradurre a senso per rendere chiara la situazione] - lo accolse nel proprio letto. Infilatosi nel letto, e riferitole l'andamento della sua impresa in Ecalia, quella [Alcmnea], (sempre) scambiandolo per il proprio marito, ci fece all'amore. Giove [qui, il quale] ci prov? tanto gusto, a fare all'amore con lei, che - dovendo sbrigare la faccenda in un sol giorno - raddoppi? la durata della notte: e invero Alcmena si meravigli? assai di una notte tanto lunga [e tanto movimentata ;)]. Giorni dopo, quando le annunziarono che il marito era tornato da vincitore, ella non diede tanto peso alla notizia, poich? appunto credeva di aver gi? avuto modo di vedere il marito. Quando Anfitrione entr? nella reggia, e vide ch'ella non se lo filava pi? di tanto, cominci? a meravigliarsi, e prese a chiedere il motivo per il quale quella non lo aveva accolto, al suo ritorno, (con il dovuto interesse); Alcmena gli rispose: "Ma dai, sei qui gi? da tempo: (tant'? vero che) abbiamo fatto all'amore e gi? mia detto della tua impresa in Ecalia!". E poich? quella gli rifer? tutto l'accaduto per filo e per segno, Anfitrione dedusse che una qualche divinit? si era spacciata per la propria persona, e da quel giorno non giacque pi? con lei. Alcmena, fecondata da Giove, partor? Ercole.
Trad. Bukowski
Le dodici fatiche di Ercole, commissionate da Euristeo.
Era ancora in fasce che uccise, a mani nude, due enormi serpenti [dracones], inviatigli da Giunone, ragion per cui venne detto "primigenius". [Di poi,] uccise, soffocandolo, il leone di Nem?a [1a fatica], che la Luna aveva allevato in un anfratto dotandolo di una pelle invulnerabile, che [Ercole] utilizz? (in seguito) come indumento. (Quindi) uccise l'Idra di L?rna [2a fatica], dalle nove teste, figlia di Tifone, nei pressi della sorgente di Lerna. Costei era dotata [lett. perfetto] di una tal virulenza velenosa, da uccidere gli uomini col (solo) respiro [cio? con le esalazioni del respiro], e se qualcuno le capitava vicino [? in atto la consecutio: se le era capitato?], mentre quella stava dormendo, e ne annusava l'odore che proveniva dalle zampe [lett. vestigia], moriva tra tormenti ancor pi? atroci. Riusc? ad ucciderla seguendo i suggerimenti di Minerva [Minerva monstrante], la sventr? e col fiele (che ne ricav?) intinse le proprie frecce; di modo che, qualunque cosa avesse colpito, in seguito, con (quelle) frecce, andava incontro a morte sicura: tant'? vero che egli stesso sarebbe caduto vittima (del veleno) [lett. mor?] in Frigia. (Quindi,) uccise il Cinghiale d?Erimanto [3a fatica]. Port? al cospetto di Euristeo (dopo averla, ovviamente, catturata) la terribile cerva dalle corna d'oro (che viveva) in Arcadia [4a fatica]. Uccise, trafiggendoli con le frecce, gli Uccelli del Lago Stinfalo [5a fatica] - nell'isola di Marte - che infilzavano (i malcapitati) lanciando le proprie penne (a mo' di frecce). In un sol giorno, riusc? a nettare, in buona parte con l'aiuto di Giove, le stalle di Augia [6a fatica] da stabbio e letame. Spazz? via il letame deviando (nelle stalle) il corso di un fiume. (L?eroe) cattur? vivo e condusse a Micene il Toro dell'isola di Creta, col quale Pasife si era accoppiata [7a fatica]. Uccise Diomede, re di Tracia, e le sue quattro cavalle, che si nutrivano di carne umana, insieme al servitore Abdero [8a fatica]: le cavalle si chiamavano Podargo, Lampone, Xanto e Dino. Sottrasse il Cinto ad Ippolita, regina delle Amazzoni, figlia di Marte e della regina Otrera [9a fatica]. Diede in isposa a Teseo Antiope, dopo averla fatta prigioniera. Uccise, con un sol colpo di freccia, Gerione, figlio di Crisaore, (gigante) con tre corpi [10a fatica]. Uccise il gigantesco drago (Lad?ne), figlio di Tifone, che custodiva i pomi d?oro (del giardino) delle Esperidi, sul monte Atlante, e port? i pomi al re Euristeo [11 fatica]. Infine, condusse, dagli Inferi al cospetto del re, il cane Cerbero, figlio di Tifone.
Trad. Bukowski
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