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Mittente:
Bukowski
Re: prefatio ad urbe condita   stampa
Data:
17/05/2002 18.17.56




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Ok, ma converrai che - I, 1 - significa libro I, capitolo I ;)))

Livio, Storia di Roma, prefazione [la traduzione ? sotto l'originale]

Facturusne operae pretium sim si a primordio urbis res populi Romani perscripserim nec satis scio nec, si sciam, dicere ausim, quippe qui cum veterem tum volgatam esse rem videam, dum novi semper scriptores aut in rebus certius aliquid allaturos se aut scribendi arte rudem vetustatem superaturos credunt. Utcumque erit, iuvabit tamen rerum gestarum memoriae principis terrarum populi pro virili parte et ipsum consuluisse; et si in tanta scriptorum turba mea fama in obscuro sit, nobilitate ac magnitudine eorum me qui nomini officient meo consoler. Res est praeterea et immensi operis, ut quae supra septingentesimum annum repetatur et quae ab exiguis profecta initiis eo creverit ut iam magnitudine laboret sua; et legentium plerisque haud dubito quin primae origines proximaque originibus minus praebitura voluptatis sint, festinantibus ad haec nova quibus iam pridem praevalentis populi vires se ipsae conficiunt: ego contra hoc quoque laboris praemium petam, ut me a conspectu malorum quae nostra tot per annos vidit aetas, tantisper certe dum prisca [tota] illa mente repeto, auertam, omnis expers curae quae scribentis animum, etsi non flectere a uero, sollicitum tamen efficere posset.
Quae ante conditam condendamve urbem poeticis magis decora fabulis quam incorruptis rerum gestarum monumentis traduntur, ea nec adfirmare nec refellere in animo est. Datur haec venia antiquitati ut miscendo humana divinis primordia urbium augustiora faciat; et si cui populo licere oportet consecrare origines suas et ad deos referre auctores, ea belli gloria est populo Romano ut cum suum conditorisque sui parentem Martem potissimum ferat, tam et hoc gentes humanae patiantur aequo animo quam imperium patiuntur. Sed haec et his similia utcumque animaduersa aut existimata erunt haud in magno equidem ponam discrimine: ad illa mihi pro se quisque acriter intendat animum, quae vita, qui mores fuerint, per quos uiros quibusque artibus domi militiaeque et partum et auctum imperium sit; labente deinde paulatim disciplina velut desidentes primo mores sequatur animo, deinde ut magis magisque lapsi sint, tum ire coeperint praecipites, donec ad haec tempora quibus nec uitia nostra nec remedia pati possumus perventum est. Hoc illud est praecipue in cognitione rerum salubre ac frugiferum, omnis te exempli documenta in inlustri posita monumento intueri; inde tibi tuaeque rei publicae quod imitere capias, inde foedum inceptu foedum exitu quod vites. Ceterum aut me amor negotii suscepti fallit, aut nulla unquam res publica nec maior nec sanctior nec bonis exemplis ditior fuit, nec in quam [civitatem] tam serae avaritia luxuriaque immigraverint, nec ubi tantus ac tam diu paupertati ac parsimoniae honos fuerit. Adeo quanto rerum minus, tanto minus cupiditatis erat: nuper diuitiae auaritiam et abundantes voluptates desiderium per luxum atque libidinem pereundi perdendique omnia invexere. Sed querellae, ne tum quidem gratae futurae cum forsitan necessariae erunt, ab initio certe tantae ordiendae rei absint: cum bonis potius ominibus votisque et precationibus deorum dearumque, si, ut poetis, nobis quoque mos esset, libentius inciperemus, ut orsis tantum operis successus prosperos darent.

Non so se valga davvero la pena raccontare fin dai primordi l'insieme della storia romana. Se anche lo sapessi, non oserei dirlo, perch? mi rendo conto che si tratta di un'operazione tanto antica quanto praticata, mentre gli storici moderni o credono di poter portare qualche contributo pi? documentato nella narrazione dei fatti, o di poter superare la rozzezza degli antichi nel campo dello stile. Comunque vada, sar? pur sempre degno di gratitudine il fatto che io abbia provveduto, nei limiti delle mie possibilit?, a perpetuare la memoria delle gesta compiute dal pi? grande popolo della terra. E se in mezzo a questa pletora di storici il mio nome rimarr? nell'ombra, trover? di che consolarmi nella nobilt? e nella grandezza di quanti avranno offuscato la mia fama. E poi si tratta di un'opera sterminata, perch? deve ripercorrere pi? di settecento anni di storia che, pur prendendo le mosse da umili origini, ? cresciuta a tal punto da sentirsi minacciata dalla sua stessa mole. Inoltre sono sicuro che la maggior parte dei lettori si annoier? di fronte all'esposizione delle prime origini e dei fatti immediatamente successivi, mentre sar? impaziente di arrivare a quegli avvenimenti pi? recenti nei quali si esauriscono da s? le forze di un popolo gi? da tempo in auge. Io, invece, cercher? di ottenere anche questa ricompensa al mio lavoro, cio? di distogliere lo sguardo da quegli spettacoli funesti di cui la nostra et? ha continuato a essere testimone per cos? tanti anni, finch? sar? impegnato, col pieno delle mie forze mentali, a ripercorrere quelle antiche vicende, libero da ogni forma di preoccupazione che, pur non potendo distogliere lo storico dal vero, tuttavia rischierebbe di turbarne la disposizione d'animo.
Le leggende precedenti la fondazione di Roma o il progetto della sua fondazione, dato che si addicono pi? ai racconti fantasiosi dei poeti che alla documentazione rigorosa degli storici, non ? mia intenzione n? confermarle n? smentirle. Sia concessa agli antichi la facolt? di nobilitare l'origine delle citt? mescolando l'umano col divino; e se si deve concedere a un popolo di consacrare le proprie origini e di ricondurle a un intervento degli d?i, questo vanto militare lo merita il popolo romano perch?, riconnettendo a Marte pi? che a ogni altro la propria nascita e quella del proprio capostipite, il genere umano accetta un simile vezzo con lo stesso buon viso con cui ne sopporta l'autorit?. Ma di questi aspetti e di altri della medesima natura, comunque saranno giudicati, da parte mia non ne terr? affatto conto: ciascuno, questo mi preme, li analizzi con grande attenzione e si soffermi su che tipo di vita e che abitudini ci siano state, grazie all'abilit? di quali uomini, in pace e in guerra, l'impero sia stato creato e accresciuto; quindi consideri come, per un progressivo rilassamento del senso di disciplina, i costumi abbiano in un primo tempo seguito l'infiacchirsi del pensiero, poi siano decaduti sempre di pi?, e in s?guito abbiano cominciato a franare a precipizio fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali tanto il vizio quanto i suoi rimedi sono intollerabili. Ci? che risulta pi? di ogni altra cosa utile e fecondo nello studio della storia ? questo: avere sotto gli occhi esempi istruttivi d'ogni tipo contenuti nelle illustri memorie. Di l? si dovr? trarre quel che merita di essere imitato per il proprio bene e per quello dello Stato, nonch? imparare a evitare ci? che ? infamante tanto come progetto quanto come risultato. E poi, o mi inganna la passione per il lavoro intrapreso, o non ? mai esistito uno Stato pi? grande, pi? puro, pi? ricco di nobili esempi, e neppure mai una civilt? nella quale siano penetrate cos? tardi l'avidit? e la lussuria e dove la povert? e la parsimonia siano state onorate cos? tanto e per cos? tanto tempo. Perci?, meno cose c'erano, meno si desiderava: solo di recente le ricchezze hanno introotto l'avidit?, e l'abbondanza di piaceri a portata di mano ha a sua volta fatto conoscere il desiderio di perdersi e di lasciare che ogni cosa vada in rovina in un trionfo di sregolata dissolutezza. Ma, all'inizio di un'impresa di queste proporzioni, siano messe al bando le recriminazioni, destinate a non risultare gradite nemmeno quando saranno necessarie: se anche noi storici, come i poeti, avessimo l'abitudine di incominciare con buoni auspici, voti e preghiere rivolte a tutte le divinit?, preferirei un attacco del genere, pregandoli di concedere grande successo alla mia impresa.

Trad. database progettovidio
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