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Bukowski
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22/05/2002 4.31.08
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M. TVLLI CICERONIS COMMENTARIOLVM PETITIONIS
IV Consulatum petis, quo honore nemo est quin te dignum arbitretur, sed multi qui invideant; petis enim homo ex equestri loco summum locum civitatis, atque ita summum ut forti homini, diserto, innocenti multo idem ille honos plus amplitudinis quam ceteris adferat. Noli putare eos qui sunt eo honore usi non videre, tu cum idem sis adeptus, quid dignitatis habiturus sis. Eos vero qui consularibus familiis nati cum maiorum consecuti non sunt suspicor tibi, nisi si qui admodum te amant, invidere. Etiam novos homines praetorios existimo, nisi qui tuo beneficio vincti sunt, nolle abs te se honore superari. Iam in populo quam multi invidi sint, quam multi consuetudine horum annorum ab hominibus novis alienati, venire tibi in mentem certo scio; esse etiam non nullos tibi iratos ex iis causis quas egisti necesse est. Iam illud tute circumspicito, quod ad Cn. Pompei gloriam augendam tanto studio te dedisti, num quos tibi putes ob eam causam esse non amicos. Quam ob rem cum et summum locum civitatis petas et videas esse studia quae tibi adversentur, adhibeas necesse est omnem rationem et curam et laborem et diligentiam.
(Orbene) sei candidato al consolato, una carica della quale tutti ti ritengono degno [lett. della qual carica non c'? alcuno che non ti ritenga degno; ricordati che dignum regge l'ablativo (quo honore)]; ma (al tempo stesso) ci sono molti che ti sono ostili [il "quin" regge il congiuntivo]. Infatti, pur appartenendo all'ordine equestre [homo ex equestri loco], aspiri alla pi? alta posizione pubblica [summum locum civitatis (del popolo)] (in assoluto); (una posizione) tanto elevata da conferire [ut? adferat], essa sola [idem ille honos; honos ? maschile], ad un uomo di polso [forti], facondo, onesto (come tu sei) molta pi? importanza che tutte le altre cariche messe assieme [parafrasi per "quam ceteris"]. Non dar retta [noli putare: imperativo negativo] a coloro i quali fanno mostra [usi sunt; lett. ? perfetto] di non avere a cuore [non videre] un simile incarico: tu, una volta conseguitolo, ne acquisterai di onore e prestigio. In realt?, nutro il forte sospetto [suspicor; ? il fratello di Cicerone che parla; il "commentariolum" ? in realt? una serie di precetti e di consigli "propagandistici" che, secondo la tradizione, il fratello di Cicerone gli sottomise per iscritto] che coloro i quali provengono da famiglie con tradizione consolare [consularibus familiis nati], ma che non sono riusciti ad ottenere (le cariche) dei loro avi [cio? non sono riusciti a continuare la tradizione consolare delle famiglie di appartenenza], non ti vedano di buon occhio [tibi? invidere], fatta eccezione per coloro che sono legati a te da rapporti di grande amicizia [nisi si qui admodum te amant]. Inoltre, ritengo che gli "homines novi" del pretorio, fatta eccezione per quelli che sei riuscito ad accattivarti con favori [nisi qui tuo beneficio vincti sunt], non gradiscano (tanto) l'essere superati da [abs = a] te in prestigio d'incarico [honore; si pu? intendere come compl. di limitazione]. E ancora, sono convinto [lett. so per certo] che hai ben fisso in mente [venire tibi in mentem] il fatto che tra il popolo ci son molti diffidenti (verso i tuoi riguardi) e altrettanti [quam multi? quam multi] che - ed ? cosa diffusa nella nostra epoca [consuetudine horum annorum; lett. secondo?] - sentono naturale avversione per gli "homines novi". Di poi, s'impone (al buon senso) [necesse est] che c'? qualcuno [non nullos] che ce l'ha con te [iratos tibi] per quei processi che hai sostenuto (prima della candidatura) [ovvero, l'attivit? tribunalizia di Cicerone giocoforza doveva avergli alienato le simpatie di molti? imputati]. E allora dovrai prestare attenzione ["tute" ? rafforzativo di "tu"; circumspicito ? imperativo futuro] ad un (altro) particolare [illud]: ovvero: dato che [quod] ti sei dedicato con tanto zelo a favorire la scalata al potere di Gneo Pompeo [dedisti te tanto studio ad augendam gloriam Cn. Pompei], ti rendi certamente conto [lett. num putes: forse che tu non ti renda?; interrogativa (retorica) indiretta] di chi, per tal motivo [ovvero per aver favorito Pompeo], ti d? contro [non esse amicos tibi]. Alla luce di tutto ci? [quam ob rem, per la qual cosa], dato che aspiri ad un elevatissimo incarico pubblico [il consolato, di cui sopra] e hai ben chiare [videas] le accanite opposizioni che troverai [esse studia quae tibi adversentur], la gravit? della situazione richiede che [lett. necesse est] tu ci metta [lett. che tu ricorra a] tutta la (tua) intelligenza (politica), (tutta la tua) scrupolosit?, (tutta la tua) passione e (tutto il tuo) impegno.
Trad. Bukowski
XI-XII hoc quidem facile praeceptum est, ut quod facturus sis id significes te studiose ac libenter esse facturum; illud difficilius et magis ad tempus quam ad naturam accommodatum tuam, quod facere non possis, ut id aut iucunde neges aut etiam non neges; quorum alterum est tamen boni viri, alterum boni petitoris. Nam cum id petitur quod honeste aut sine detrimento nostro promittere non possumus, quo modo si qui roget ut contra amicum aliquem causam recipiamus, belle negandum est, ut ostendas necessitudinem, demonstres quam moleste feras, aliis te id rebus exsarturum esse persuadeas. XII. Audivi hoc dicere quendam de quibusdam oratoribus, ad quos causam suam detulisset, gratiorem sibi orationem eius fuisse qui negasset quam illius qui recepisset; sic homines fronte et oratione magis quam ipso beneficio rei capiuntur.
Ecco un'altra facile "dritta" (da seguire): ogni cosa che ti appresti a fare, dalla a vedere che la farai [la prima ? perifrastica; la seconda ? futuro dell'oggettiva] con scrupolo e buona volont?; quest'altra (dritta), invece, ? pi? difficile (da seguire) e (invero) pertiene pi? alla circostanza [magis ad tempus; cio? viene richiesta dalla posizione che in quel momento Cicerone ricopre, di aspirante al consolato, "petitor consulatus"] che alla tua indole [quam ad tuam naturam]: ovvero che ci? che non puoi fare, (1) declinalo con garbo, o (2) addirittura non declinarlo affatto. Delle due opzioni [(1) e (2)] la prima (1) ? tipica del galantuomo, (ma) la seconda (2) (? propria) di un provetto candidato! Infatti, quando si pretende [lett. si chiede] (da noi) un qualcosa che non siamo in grado di garantire [riguardo la sua realizzazione] in tutta onest? o che comunque va contro i nostri interessi [parafrasi per "sine detrimento nostro"] - come ad esempio (avviene) nel caso in cui qualcuno ci chieda di sostenere un processo a danno di un nostro amico -(ebbene ci) s'impone di declinare l'impegno con finezza [belle]: ovvero simuli impegni urgenti, dai a vedere che te ne incarichi molto mal volentieri, infondi il convincimento che riparerai [exsarturum esse; da "exsarcio"] ad una cosa a costo di altre (e cos? via). (A tal proposito) ti porto la testimonianza di un tale [quendam; lett. ho udito un tale dire ci?: che?], a riguardo di certuni oratori, ai quali aveva affidato una causa che lo riguardava [suam causam]: (ebbene costui affermava che) gli era piaciuto di pi? il discorso di quello che aveva declinato l'incarico [cio? il discorso che l'oratore gli aveva fatto per stornare da s? l'incarico affidatogli] che quello sostenuto (in tribunale) dall'oratore che poi lo aveva effettivamente difeso [qui recepisset; il periodo, nel senso, ?, in apparenza, leggermente complesso: insomma, il discorso di "scusa" del primo oratore era stato pi? convincente, nei modi e nell'argomentazione, del discorso tenuto in tribunale dal secondo oratore, che aveva s? accettato l'incarico, ma con molta svogliatezza]. Evidentemente [sic], gli uomini (a volte) apprezzano di pi? [lett. sono presi, conquistati da?] un parlare franco [fronte et oratione] che un piacere (accettato malvolentieri e, appunto, con svogliatezza).
Trad. Bukowski
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