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Mittente:
Bukowski
Re: orazio   stampa
Data:
22/05/2002 19.05.31




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Orazio, Epistole, I, 3 [la traduzione ? sotto l'originale]

Iule Flore, quibus terrarum militet oris
Claudius Augusti priuignus, scire laboro.
Thracane uos Hebrusque niuali compede uinctus,
an freta uicinas inter currentia turris,
5
an pingues Asiae campi collesque morantur?
Quid studiosa cohors operum struit? Hoc quoque curo.
Quis sibi res gestas Augusti scribere sumit?
Bella quis et paces longum diffundit in aeuum?
Quid Titius, Romana breui uenturus in ora,
10
Pindarici fontis qui non expalluit haustus,
fastidire lacus et riuos ausus apertos?
Vt ualet? Vt meminit nostri? Fidibusne Latinis
Thebanos aptare modos studet auspice Musa,
an tragica desaeuit et ampullatur in arte?
15
Quid mihi Celsus agit? Monitus multumque monendus,
priuatas ut quaeret opes et tangere uitet
scripta, Palatinus quaecumque recepit Apollo,
ne, si forte suas repetitum uenerit olim
grex auium plumas, moueat cornicula risum
20
furtiuis nudata coloribus. Ipse quid audes?
Quae circumuolitas agilis thyma? Non tibi paruom
ingenium, non incultum est et turpiter hirtum;
seu linguam causis acuis seu ciuica iura
respondere paras seu condis amabile carmen,
25
prima feres hederae uictricis praemia. Quod si
frigida curarum fomenta relinquere posses,
quo te caelestis sapientia duceret, ires.
Hoc opus, hoc studium parui properemus et ampli,
si patriae uolumus, si nobis uiuere cari.
30
Debes hoc etiam rescribere, sit tibi curae
quantae conueniat Munatius? An male sarta
gratia nequiquam coit et rescinditur, ac uos
seu calidus sanguis seu rerum inscitia uexat
indomita ceruice feros? Vbicumque locorum
35
uiuitis, indigni fraternum rumpere foedus,
pascitur in uestrum reditum uotiua iuuenca.

3, a Giulio Floro
Vorrei proprio sapere, Giulio Floro,
dove diavolo ? finito
l'esercito di Claudio,
il figliastro di Augusto.
Cosa vi trattiene? la Tracia,
l'Ebro stretto in una morsa di ghiacci,
le correnti tra i due fari d'Ellesponto?
o le pianure fertili dell'Asia,
le sue colline?
Che opere ha in cantiere
il nostro 'gruppo' di studiosi?
Questo, vedi, mi preoccupa:
chi si assume il compito
di narrare le imprese di Augusto?
di tramandarne nei secoli
i fatti di guerra e di pace?
E Tizio,
ormai sulla bocca di tutti qui a Roma,
Tizio che non ebbe timore
di bere alla fonte di Pindaro
disdegnando laghi e ruscelli aperti a tutti,
Tizio come sta?
si ricorda di noi?
Si sforza ancora,
con l'aiuto delle Muse,
di rendere in poesia latina
i ritmi di Tebe
o come una furia
gonfia la tragedia di parole?
E il mio Celso che fa?
L'ho ammonito, ma dovr? farlo ancora,
perch? attinga ai propri beni
senza metter le mani sugli scritti
raccolti nel tempio di Apollo al Palatino:
se uno stormo di uccelli
tornasse a reclamare le sue penne,
susciterebbe il riso,
come un stupida cornacchia
spogliata d'ogni colore rubato.
E tu, tu in cosa ti cimenti?
su quali fiori si posa il tuo volo leggero?
Non hai certo ingegno mediocre,
privo di cultura
o rozzo da far senso:
che tu affili la lingua in tribunale,
interpreti questioni giuridiche
o scriva liriche preziose,
otterrai in premio l'edera dei vincitori.
Ma se potessi rinunciare
al brivido eccitante del lavoro,
andresti dove la sapienza divina conduce.
Umili e potenti
tutti dovremmo dedicarci
a questa prassi,
a questo studio,
se vogliamo giovare alla patria,
giovare a noi stessi.
Ma prima devi scrivermi
se Munazio ti sta a cuore quanto dovrebbe,
o se l'amicizia mal ricucita
stenta a rimarginarsi
lacerandosi continuamente
e l'inesperienza, il sangue caldo
vi tormentano come puledri
che mordono il freno.
Dovunque vi troviate
non spezzate l'affetto che vi lega:
per il vostro ritorno
allevo una giovenca in voto.

Orazio, Epistole, I, 4 [la traduzione ? sotto l'originale]

Albi, nostrorum sermonum candide iudex,
quid nunc te dicam facere in regione Pedana?
Scribere quod Cassi Parmensis opuscula uincat,
an tacitum siluas inter reptare salubris,
5
curantem quicquid dignum sapiente bonoque est?
Non tu corpus eras sine pectore; di tibi formam,
di tibi diuitias dederunt artemque fruendi.
Quid uoueat dulci nutricula maius alumno,
qui sapere et fari possit quae sentiat, et cui
10
gratia, fama, ualetudo contingat abunde,
et mundus uictus non deficiente crumina?
Inter spem curamque, timores inter et iras
omnem crede diem tibi diluxisse supremum;
grata superueniet quae non sperabitur hora.
15
Me pinguem et nitidum bene curata cute uises,
cum ridere uoles, Epicuri de grege porcum.


4, ad Albio Tibullo
Albio, Albio,
critico sereno delle mie satire,
che fai a Pedio?
Lasciami pensare:
scrivi forse poesie
da far dimenticare Cassio Parmense,
o vai per boschi a ritemprarti
silenzioso come uno smemorato
che si perda a considerare
ci? che ? degno o no d'uomini civili?
Tu non eri cos? avvilito un tempo:
gli dei ti diedero bellezza,
ricchezze, e l'arte di goderne.
Cos'altro potrebbe augurare
l'affetto di una nutrice
al figliolo che si cresce in seno?
d'avere buon senso,
di poter dire ci? che pensa,
di godere favori, credito e salute,
di vivere decentemente
con qualche quattrino in tasca.
Fra speranza e affanni,
fra timori e rabbia,
immagina
che l'alba di ogni giorno
sia l'ultima per te:
le ore che seguiranno
e non speravi pi?
tutte un incanto.
Ma se vuoi ridere
vieni a trovarmi:
sono grasso e lustro,
la pelle curata a dovere,
un porco, un porco epicureo.

Le traduzioni sono tratte dal database progettovidio
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