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25/05/2002 4.01.24
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Cicerone, Filippiche, II, 107-108-109
[XLII] Interea dum tu abes, qui dies ille conlegae tui fuit, cum illud, quod venerari solebas, bustum in foro evertit! Qua re tibi nuntiata, ut constabat inter eos, qui una fuerunt, concidisti. Quid evenerit postea nescio; metum credo valuisse et arma; conlegam quidem de caelo detraxisti effecistique non tu quidem etiam nunc, ut similis tui, sed certe ut dissimilis esset sui.
[108] Qui vero inde reditus Romam, quae perturbatio totius urbis! Memineramus Cinnam nimis potentem, Sullam postea dominantem, modo Caesarem regnantem videramus. Erant fortasse gladii, sed absconditi nec ita multi. Ista vero quae et quanta barbaria est! Agmine quadrato cum gladiis secuntur, scutorum lecticas portari videmus. Atque his quidem iam inveteratis, patres conscripti, consuetudine obduruimus; Kalendis Iuniis cum in senatum, ut erat constitutum, venire vellemus, metu perterriti repente diffugimus. [109] At iste, qui senatu non egeret, neque desideravit quemquam et potius discessu nostro laetatus est statimque illa mirabilia facinora effecit. Qui chirographa Caesaris defendisset lucri sui causa, is leges Caesaris, easque praeclaras, ut rem publicam concutere posset, evertit. Numerum annorum provinciis prorogavit, idemque, cum actorum Caesaris defensor esse deberet, et in publicis et in privatis rebus acta Caesaris rescidit. In publicis nihil est lege gravius, in privatis firmissimum est testamentum. Leges alias sine promulgatione sustulit, alias ut tolleret, promulgavit. Testamentum irritum fecit, quod etiam infimis civibus semper optentum est. Signa, tabulas, quas populo Caesar una cum hortis legavit, eas hic partim in hortos Pompei deportavit, partim in villam Scipionis.
Intanto mentre eri lontano, che giorno glorioso per il tuo collega quando fece abbattere nel f?ro la colonna, dinanzi alla quale solevi inchinarti reverente! L'annunzio di questo fatto fu per te un duro colpo, come sanno bene quelli che erano con te. Che cosa sia poi accaduto, io non so; penso che la paura e le armi abbiano avuto il soprav- vento; certo ? che riuscisti a tirar gi? dal cielo il tuo collega e a renderlo se non proprio simile a te - almeno fino a questo momento -, certo non pi? eguale a quello che era. E poi, che cosa fu il tuo ritorno a Roma! Che rivolgimento provoc? in tutta la citt?! Noi ricordavamo la smodata potenza di Cinna, e poi il predominio di Silla, e di recente avevamo avuto dinanzi un Cesare investito di sovrano potere.
Non escludo che anche costoro si appoggiassero alle armi; comunque, erano nascoste e non numerose. Che comportamento invece da barbaro, quello di Antonio! In formazione di battaglia, con le spade in pugno, lo accompagnano i suoi armati; passano dinanzi ai nostri occhi lettighe ricolme di scudi. E a questi malanni, che hanno messo ormai le radici, noi a forza di subirli abbiamo fatto il callo. Quando il primo giugno volevamo intervenire alla seduta del senato indetta per quel giorno, ci siamo sentiti atterriti a tale spettacolo e subito ci siamo dispersi. Costui invece, da uomo politico che fa ben volentieri a meno del senato, di nessuno ha sentito la mancanza, anzi s'? rallegrato che noi ci fossimo allontanati; e subito ha messo in atto i suoi prodigiosi piani. In un primo momento aveva sostenuto la legittimit? perfino degli appunti autografi di Cesare, per farne quattrini; ora invece ? proprio lui a scalzare le leggi di Cesare, e le migliori per giunta, per poter cosi scuotere le fondamenta stesse dello Stato; ha prorogato la durata del governo delle province ; e parimenti, lui che doveva essere il difensore degli atti di Cesare, li ha annullati, fossero di pubblico o di privato interesse.
Nel diritto pubblico niente ha maggior peso della legge; nel privato il testamento ? l'atto inviolabile per eccellenza. Ebbene, delle leggi alcune ne ha revocate, senza neppure consultare gli organi competenti; per abolirne altre, ne ha proposto delle nuove. Quanto al testamento di Cesare, non ne ha fatto alcun conto, laddove la validit? del testamento ? stata sempre rispettata anche presso la gente di bassa condizione. Delle statue e dei dipinti, che Cesare aveva lasciati, insieme con i giardini, al popolo, egli parte se l'? portata ai giardini di Pompeo, parte nella villa di campagna di Scipione.
Trad. Mondadori
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