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Mittente:
...:::Bukowski:::...
seneca - costanza del saggio   stampa
Data:
25/05/2002 4.06.42




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Seneca, La costanza del saggio, 5 passim

[6] Megaram Demetrius ceperat, cui cognomen Poliorcetes fuit. Ab hoc Stilpon philosophus interrogatus num quid perdidisset: ,Nihil, inquit: omnia mea mecum sunt." Atqui et patrimonium eius in praedam cesserat, et filias rapuerat hostis, et patria in alienam dicionem peruenerat, et ipsum rex, circumfusus uictoris exercitus armis ex superiore loco rogitabat. [7] At ille uictoriam illi excussit et se, urbe capta, non inuictum tantum, sed indemnem esse testatus est. Habebat enim uera secum bona, in quae non est manus iniectio. At quae dissipata et direpta ferebantur non iudicabat sua, sed aduenticia et nutum fortunae sequentia; ideo ut non propria dilexerat. Omnium enim extrinsecus affluentium lubrica et incerta possessio est.

6. Megara, l'aveva conquistata Demetrio soprannominato Poliorcete. Da costui interrogato se avesse perso qualche cosa, il filosofo Stilbone rispose: "Nulla; tutto ci? che mi appartiene ? con me". Eppure, il suo patrimonio era diventato bottino di guerra e le figlie sue le aveva rapite il nemico e la patria era venuta in potere altrui, e a lui il re, circondato dalle armi dell'esercito vincitore, da un luogo pi? alto rivolgeva domande. 7. Ma quello gli strapp? la vittoria e, nonostante la citt? fosse stata presa, testimoni? non solo di non essere stato vinto, ma di non aver ricevuto danni: aveva infatti con s? i veri beni, sui quali non ? possibile mettere le mani; invece, ci? che come preda e bottino veniva portato via, non lo giudicava veramente suo, ma venuto dall'esterno e seguente il cenno della fortuna. Perci?, come cosa non propria l'aveva amata; infatti, di tutte le cose che affluiscono dall'esterno, malsicuro ed incerto ? il possesso.

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  seneca - costanza del saggio
 

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