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...:::Bukowski:::...
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cicerone - socrate
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Data:
25/05/2002 4.46.48
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Cicerone, De oratore, LIV, 231-233 (inclusi)
Socrates, cum omnium sapientissimus esset sanctissimeque vixisset, ita in iudicio capitis pro se dixit, ut non supplex aut reus, sed magister aut dominus videretur esse iudicum. Quin etiam, cum ei scriptam orationem disertissimus orator Lysias attulisset, quam, si ei videretur, edisceret, ut e? pro se in iudicio uteretur, non invitus legit et commode scriptam esse dixit."Sed", inquit, "ut, si mihi calceos Sicyonios attulisses, non ut?rer quamvis essent habiles et apti ad pedem, quia non essent viriles, sic illa oratio diserta mihi videtur , fortis et virilis non videtur" . Ergo damnatus est. Cum a iudicibus interrogatus esset quam poenam meruisse se confiteretur, respondit sese meruisse ut amplissimis honoribus et praemiis decoraretur et utei victus cottidianus in Prytan?o publice praeberetur: qui honos apud Graeco maximus habetur. Cuius responso iudices sic exarserunt, ut capitis hominem innocentissimus condemnarent;qui quidem si absolutus esset , quod me hercule, etiam si nihil ad nos pertinet , tamen propter eius ingeni magnitudinem vellem, quonam modo istos philosopho ferre possemus , qui nunc , cum ille damnatus est nullam aliam ob culpam nisi propter dicendi inscientiam, tamen a se oportere dicunt peti praecepta dicendi?
Socrate, ch'era il pi? saggio fra tutti (gli uomini) ed era vissuto (sempre) senza macchia [sanctissime], nel giudizio capitale parl? in propria difesa [pro se] in modo tale da [ita? ut] apparire non gi? supplichevole o reo, bens? maestro o signore di coloro che lo giudicavano. Ch? anzi, qualora Lisia, oratore facondissimo, gli present? un discorso scritto, da imparare, se gli pareva opportuno, e da valersene per sua difesa in giudizio, egli ben volentieri [non invitus] lo lesse e disse (anche) ch'era stato composto egregiamente [commode]. "Ma ? soggiunse - come se tu mi avessi portato dei calzari di Sicione, io non li adopererei [non uteretur], quantunque mi calzassero bene e fossero adatti al mio piede, perch? non sarebbero calzari da uomo, cos? quel discorso mi sembra bello ed eloquente, ma non mi pare abbastanza energico e virile".
Cos?, egli venne condannato. Quando gli fu chiesto dai giudici [era tipica usanza dell?Atene del tempo] quale pena egli riconoscesse di aver meritato, egli rispose d'aver meritato che gli fossero resi i pi? grandi onori e premi e che a spese pubbliche gli venisse decretato il vitto quotidiano nel Pritaneo: onore che presso i Greci ? ritenuto sommo. Ma per tale risposta i giudici arsero tanto d'ira che condannarono a morte quell'uomo innocentissimo.
Se invero quell?(uomo) fosse stato assolto, cosa che ? lo confesso [lett., hercule, per Ercole = formula asseverativa = in verit?] ? io avrei voluto [vellem], anche se la cosa non mi compete [etiam si nihil ad nos pertinet], almeno in virt? della profondit? della sua saggezza, dove mai [quonam] potrei portare codesti filosofi che oggi [nunc] ? mentre egli fu condannato per nessun?altra colpa se non quella di confessare la propria ignoranza [il famoso "sapere di non sapere"] ? affermano che ? cosa opportuna rivolgersi a loro per acquisire l?arte della saggezza e dell?oratoria [la polemica di Cicerone ? rivolta contro i cosiddetti "sofisti"]?
Trad. Bukowski
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