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Bukowski
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Re: igino
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Data:
28/05/2002 3.29.15
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MEDEA Aeetae Medea et Idyiae filia cum ex Iasone iam filios Mermerum et Pheretem procreasset summaque concordia viverent, obiciebatur ei hominem tam fortem ac formosum ac nobilem uxorem advenam atque veneficam habere. Huic Creon Menoeci filius rex Corinthius filiam suam minorem Glaucen dedit uxorem. Medea cum vidit se erga Iasonem bene merentem tanta contumelia esse affectam, coronam ex venenis fecit auream eamque muneri filios suos iussit novercae dare. Creusa munere accepto cum Iasone et Creonte conflagravit. Medea ubi regiam ardere vidit, natos suos ex Iasone Mermerum et Pheretem interfecit et profugit a Corintho.
Gli si rinfacciava/rimproverava [obiciebatur ei; a lui, Giasone] che un uomo (come lui), bello e prestante, era ammogliato con una donna straniera (e per giunta) dedita alle arti della "magia nera" [parafrasi per "veneficam"]: a quel tempo, Medea - figlia di Eeto e di Idia - aveva gi? avuto [procreasset = procreavisset] da Giasone (due) figli, Mermero e Ferete e (tutti insieme) vivevano felici e contenti [summa concordia]. Creonte - figlio di Meneceo e re di Corinto - concesse in isposa a costui [huic; si tratta sempre di Giasone] la sua figlia minore, Creusa [Glaucen]. Medea, quando si rese conto [vidit] di esser stata colpita da tanto oltraggio, mentre invece (ella) s'era sempre comportata con amore [bene merentem; lett. (lei) che si era ben comportata] nei confronti di Giasone, sottopose una corona d'oro ad un maleficio [coronam ex venenis fecit auream] e ingiunse ai propri figlioli di recarla in dono [muneri] alla matrigna [novercae, Creusa, appunto]. Creusa, appena accett? il dono, fu avvolta dalle fiamme [conflagravit] insieme con Giasone e Creonte. Medea, quando scorse la reggia in fiamme, uccise i propri figli, avuti da Giasone - Mermero e Ferete - e (ci? fatto) fugg? da Corinto [potresti farmi notare che qui il compl. di moto da luogo viene reso con a/ab + abl., e non con abl. sempl. nome di citt?; l'eccezione dell'eccezione si spiega col fatto che la preposizione si utilizza per intendere "dalle vicinanze di?"] .
NIOBE Amphion et Zetus Iovis et Antiopes Nyctei filii iussu Apollinis Thebas muro circumcinxerunt usque ad Semelae bustum Laiumque Labdaci regis filium in exsilium eiecerunt, ipsi ibi regnum obtinere coeperunt. Amphion in coniugium Niobam Tantali et Diones filiam accepit, ex qua procreavit liberos septem totidemque filias; quem partum Niobe Latonae anteposuit superbiusque locuta est in Apollinem et Dianam, quod illa cincta viri cultu esset et Apollo veste deorsum atque crinitus, et se numero filiorum Latonam superare. Ob id Apollo filios eius in silva venantes sagittis interfecit et Diana filias in regia sagittis interemit praeter Chloridem. At genetrix liberis orba flendo lapidea facta esse dicitur in monte Sipylo, eiusque hodie lacrimae manare dicuntur. Amphion autem cum templum Apollinis expugnare vellet, ab Apolline sagittis est interfectus.
Anfione e Zeto, figli di Giove ed Antiope, su ingiunzione di Apollo cinsero Tebe di mura, fino all'altezza del monumento sepolcrale eretto a [lett. di] Semele, e cacciarono in esilio Laio, erede del re Labdaco, impadronendosi cos? del regno [il "coeperunt" possiamo intenderlo come pleonastico]. Anfione prese in moglie Niobe - figlia di Tantalo e Dione - dalla quale ebbe 7 figli ed altrettante figlie. Niobe ritenne la propria maternit? pi? feconda di quella di Latona [parafrasi per "quem partum Niobe Latonae anteposuit", maccheronico in traduzione letterale] e prese a rivolgersi [locuta est] in modo piuttosto superbo nei confronti di Apollo e Diana, adducendo il fatto che [quod] quella [Diana] era vestita con abiti da maschio [cinta culti viri] e che Apollo [di converso] aveva, sotto, una veste e portava una lunga chioma, e che (infine) lei [Niobe] superava latona [ch'era appunto la madre di Apollo e Diana] in figliolanza [numero (si pu? intendere come abl. limitazione) filiorum]. Per tal motivo [ob id], Apollo uccise i suoi [di Niobe] figli (maschi), con le frecce, nel bosco, mentre quelli erano intenti alla caccia [parafrasi per "venantes", che caccivano] e diana uccise le figlie (femmine), nella reggia, ad eccezione di Cloride. Si racconta che la (loro) madre [genetrix, Niobe], privata dei figli, per il (troppo) piangere impietr? (dal dolore) sul monte Sipilo, e a tutt'oggi - a quanto si dice - le lacrime vengon gi? (da quella roccia). Infine, Anfione, nel tentativo [cum? vellet] di profanare il tempio sacro ad Apollo, fu da Apollo (stesso) infilzato e ucciso [lett. ucciso con le frecce].
Traduzioni Bukowski
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• igino Re: igino
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