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bukowski
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Re: Seneca - Ad Marciam de consolatione
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Data:
06/01/2003 15.54.20
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Seneca, Consolazione a Marcia, I passim
7. Gi? passa il terzo anno, e frattanto niente ? caduto di quell'impeto iniziale; si rinnova e si rafforza ogni giorno il lutto, e con il suo perdurare gi? si ? arrogato un diritto ed ? stato portato al punto di credere che smettere sia cosa turpe. Come tutti i vizi si insediano profondamente, se non sono stati schiacciati mentre sorgono, cos? anche questi atteggiamenti di lutto e di infelicit?, che incrudeliscono contro di s?, alla fine si nutrono della loro stessa crudezza e per l'animo infelice il dolore diventa storto piacere. 8. Avrei pertanto desiderato fin dai primi momenti accedere a cotesta cura: con una medicina pi? leggera la violenza del male ancora nascente avrebbe dovuto essere repressa; con vigore maggiore bisogna combattere contro ci? che ? invecchiato. Anche la cura delle ferite ? facile, infatti, quando sono fresche di sangue; allora vengono bruciate e raschiate in profondit? ed accolgono le dita di chi le scruta, quando, corrotte, si sono trasformate in piaga infetta. Non ho la possibilit? ora, usando rispetto e con mollezza, di tener dietro a ci? che provoca un dolore tanto duro: bisogna romperlo.
Trad. G. Viansino
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• Seneca - Ad Marciam de consolatione Re: Seneca - Ad Marciam de consolatione
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