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Ovidio


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autore
brano
 
Tacito
Annali IV, 38
 
originale
 
[38] Ego me, patres conscripti, mortalem esse et hominum officia fungi satisque habere si locum principem impleam et vos testor et meminisse posteros volo; qui satis superque memoriae meae tribuent, ut maioribus meis dignum, rerum vestrarum providum, constantem in periculis, offensionum pro utilitate publica non pavidum credant. haec mihi in animis vestris templa, hae pulcherrimae effigies et mansurae. nam quae saxo struuntur, si iudicium posterorum in odium vertit, pro sepulchris spernuntur. proinde socios civis et deos ipsos precor, hos ut mihi ad finem usque vitae quietam et intellegentem humani divinique iuris mentem duint, illos ut, quandoque concessero, cum laude et bonis recordationibus facta atque famam nominis mei prosequantur.' perstititque posthac secretis etiam sermonibus aspernari talem sui cultum. quod alii modestiam, multi, quia diffideret, quidam ut degeneris animi interpretabantur. optumos quippe mortalium altissima cupere: sic Herculem et Liberum apud Graecos, Quirinum apud nos deum numero additos: melius Augustum, qui speraverit. cetera principibus statim adesse: unum insatiabiliter parandum, prosperam sui memoriam; nam contemptu famae contemni virtutes.
 
traduzione
 
38. Non sono che un mortale, senatori, le funzioni che ricopro sono umane e ritengo gi? molto assolvere ai doveri di un principe: voi ne siete testimoni e voglio che non lo dimentichino i posteri. Offrir? un tributo d'onore pi? che sufficiente alla mia memoria chi mi riterr? degno dei miei antenati, sollecito delle vostre fortune, fermo nei pericoli e impavido di fronte agli attacchi personali per il bene dello stato. Questi sono i templi eretti nei vostri cuori, queste le bellissime statue destinate a durare: perch? quelle di pietra, se il giudizio si far? ostile, cadranno nell'oblio come tombe desolate. Perci? mi rivolgo agli alleati, ai cittadini e agli stessi d?i, per chiedere a questi ultimi che mi concedano, fino al termine della vita, un animo sereno e la capacit? di bene interpretare il diritto umano e divino, e ai primi che, quando me ne sar? andato, tengano vivi, nell'apprezzamento e con un affettuoso ricordo, il mio operato e la fama del mio nome.? E in seguito, anche in colloqui privati, continu? a rifiutare il culto della sua persona: atteggiamenti che alcuni interpretavano come modestia, molti come segno di diffidenza e altri ancora espressione di un animo basso. Per questi ultimi infatti i migliori tra gli uomini aspirano ai pi? alti onori; cos? Ercole e Libero tra i Greci, cos? Quirino da noi sono stati inseriti fra il numero degli d?i; e meglio fece Augusto, che sper? di esserlo. Tutti gli altri beni i principi li posseggono subito, ma una sola cosa non devono mai essere paghi di procurarsi: un ricordo duraturo di s?; il disprezzo della fama, infatti, ? il disprezzo delle virt?.
 

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