Età
imperiale .
Per esigenza espositiva, abbiamo inteso quale
"età imperiale" il periodo storico-politico-letterario
che comprende, secondo lo schema tracciato in "cronologia",
l'
- età giulio-claudia, che comprende:
a. età di Tiberio
e di Claudio (dal 14 al 68): l'assolutismo del principe si traduce
in una letteratura conformistica o ideologicamente neutra (erudizione,
opere grammaticali, ecc
): unica voce originale è,
forse, quella di Fedro;
b. età di Nerone
(54-68): è contrassegnata da un rinnovamento delle lettere,
specie negli anni in cui la presenza di Seneca al potere assicurò
una certa libertà agl'intellettuali ed agli artisti. Figure
esemplari furono Seneca, Persio, Lucano e Petronio;
- età dei Flavi (69-96): è
caratterizzata da una razionalizzazione del potere assoluto che
assume forme sempre più dispotiche (Domiziano). L'attività
culturale non sfugge a tale logica, e la produzione letteraria
è quindi prevalentemente accademica o conformistica (Quintiliano);
- età degli Antonini (II sec.):
dopo la rinascita legata al dispotismo illuminato di Nerva e di
Traiano (appartengono a questo periodo l'attività di Tacito,
di Plinio il Giovane e di Giovenale), prevale una certa stanchezza
provocata da una più generale crisi di ideali. Accanto
alla erudizione storica o grammaticale, troviamo la ricerca esasperata
di forme nuove (poetae novelli) capaci di mascherare col loro
virtuosismo tecnico la povertà dei contenuti. Spicca in
tale panorama l'attività di Apuleio, che testimonia l'inquietudine
religiosa e, più in generale, la crisi ideale.
Breve profilo.
L'età giulio-claudia (14-69 d.C.).
La figura carismatica di Augusto aveva dato avvio a una fase di
fatto monarchica dell'impero romano, benché venisse mantenuto
tutto l'impianto della facciata repubblicana e il sovrano avesse
assunto il titolo di princeps, cioè "il primo (tra
i cittadini)" o di imperator, cioè "comandante
militare (supremo)". Di fatto il potere reale era ora nelle
mani di uno solo, che lo trasmetteva per via ereditaria.
La trasformazione rivoluzionaria della costituzione politica di
Roma era riuscita ad Augusto, perché egli aveva saputo
garantire la pace al termine di un estenuante periodo di guerre
civili e perché era riuscito a gestire il potere assicurando
ampi spazi alla vecchia classe dirigente (romana e italica) espressa
dal Senato, in una fase di grande espansione economica. Ma gli
imperatori successivi (a cominciare da quelli della famiglia giulio-claudia)
non avevano né il suo carisma, né i suoi meriti
storici. Cominciò quindi un braccio di ferro per il
potere tra il Senato e gli imperatori, che si appoggiarono
alla fedeltà dell'esercito, irrigidirono le loro posizioni
assolutiste e perseguitarono quegli intellettuali che da posizioni
filorepubblicane contestavano il potere. Per la prima volta dopo
Augusto, gli intellettuali cominciarono a essere all'opposizione
ed espressero un'inquieta sensibilità per il presente.
La letteratura rimase aristocratica nel gusto e nelle forme, con
l'unica eccezione di Fedro, che rielaborò in modo
originale in versi latini le favole popolari del greco Esopo con
testi (ne abbiamo 5 libri) accolti, non a caso, poco benevolmente
dalla cultura ufficiale. Per l'influenza delle scuole di retorica
(che, nelle mutate condizioni storiche, occuparono progressivamente
gli spazi che erano stati propri, in età repubblicana,
dell'oratoria), per il trasformarsi della sensibilità e
dei valori, oltre che per il ruolo svolto dalla filosofia,
sempre più attenta ai problemi individuali dell'uomo, nacque
una letteratura nuova caratterizzata da un gusto modernista, anticlassico
e anticiceroniano.
L'intellettuale che interpretò meglio, in modo simbolico,
la sua età fu il filosofo Seneca (4 a.C. - 65 d.C.),
nato in Spagna e figlio del più celebre retore del tempo.
A lui si deve l'elaborazione del linguaggio dell'interiorità
(evento fondamentale per la cultura occidentale) e l'identificazione
della libertà con la libera dignità interiore. Maggior
rappresentante dello stoicismo romano, Seneca ripropose, in forma
moderna e in chiave politica, la figura ideale del saggio come
colui che è capace di indipendenza interiore e si attrezza
a un libero confronto con la morte oltre i condizionamenti del
potere. Egli fu anche maestro di un nuovo stile che gioca sulla
paratassi breve, sulla riproposizione variata del pensiero e su
una tensione concettuale di gusto epigrammatico e sentenzioso.
E ancora, è autore di cupe e tese tragedie che per secoli
influenzarono la produzione drammatica europea.
Accanto a Seneca va ricordato, per la sensibilità modernista,
Lucano, autore della Pharsalia o Bellum civile,
poema epico sulla guerra civile tra Cesare e Pompeo; di taglio
nuovo già nel tema, l'opera si caratterizza per l'esibizione
retorica del suo impianto e per un patetismo espressionistico
che segnano da soli la distanza dal gusto classico e che sono
capaci di esprimere la violenza drammatica del potere e in genere
della vita. L'educazione retorica si manifesta attraverso una
complicata oscurità di linguaggio in un altro giovane,
Persio, autore di poche satire dettate più da una
tensione intellettuale che non dalla conoscenza della vita. Diversa,
ma altrettanto nuova e certo originale, è la rappresentazione
che del presente offre Petronio col suo Satyricon,
opera che per genere si ricollega liberamente al romanzo greco
e alla satira menippea e che, con sfoggio di raffinatezza intellettuale,
offre un quadro realistico del mondo plebeo italico: al di là
di ogni intenzione ideologica, l'opera è anche un quadro
della società contemporanea in movimento.
L'età dei Flavi e di Traiano (69-117 d.C.).
Fu questa l'età di massima espansione dell'impero e insieme
l'età in cui la forza vitale delle province supera quella
dell'Italia, in cui il Senato era ormai largamente provinciale
e in cui da un lato crebbe l'apporto culturale delle province
romanizzate e, dall'altro, si fece più marcata l'indipendenza
della cultura latina da quella greca. Sul piano politico i Flavi
valorizzarono la centralità, in crisi, dell'Italia e stabilirono
un rapporto meno conflittuale col Senato (con l'eccezione di Domiziano),
sicché si preparò il passaggio al principato elettivo
(scelta temporanea) con Traiano.
Dopo l'anarchia dell'anno 69 d.C., Vespasiano riorganizzò
lo stato e favorì un'opera di restaurazione culturale,
che consisteva nell'assegnare una preminenza e una funzione di
modello agli scrittori dell'età classica, quella di Cesare
e di Augusto. In particolare, divennero punti di riferimento incontrastati
Cicerone per la prosa e Virgilio per la poesia. A Virgilio guardarono
una serie di narratori in versi quali Valerio Flacco, Silio Italico
e Stazio. L'opera di quest'ultimo, e soprattutto la Tebaide, ebbe
una particolare fortuna nel Medioevo, anche per la sua ortodossia
virgiliana sul piano linguistico.
Grande importanza per la restaurazione del gusto classicista ebbe,
con il suo trattato Institutio oratoria (Istituzione oratoria),
Quintiliano (nato in Spagna), il primo retore a ricoprire
una cattedra a spese dello stato. Con lui prese avvio quella canonizzazione
di Cicerone, sul piano del gusto linguistico e retorico, che sarebbe
durata per secoli, attraverso l'Umanesimo fino, nella sostanza,
all'insegnamento attuale del latino nelle scuole superiori. Grande
erudito e maestro della prosa scientifica e didattica fu Plinio
il Vecchio, la cui Naturalis historia (Storia naturale)
svolse un ruolo enciclopedico fondamentale per generazioni e costituisce
per noi una fonte ricchissima di notizie altrimenti perdute. Il
nipote Plinio il Giovane è autore di un raffinato
epistolario, il più importante, per l'informazione
e l'abilità letteraria, dopo quello ciceroniano, al quale
per vari aspetti fa riferimento.
Questa età vanta la straordinaria figura di Marziale,
il maggiore scrittore latino di epigrammi, dalla inesausta inventiva
e anch'egli interprete, come Plinio il Giovane, ma su un altro
piano, della società romana contemporanea. Documenta il
sempre dominante gusto retorico e diatribico anche il maggior
scrittore di satire dopo Orazio, Giovenale, che espresse
in forme violente lo sdegno del provinciale per il degrado morale
della metropoli.
Tra i numerosi storici spicca Tacito, il maggiore storico
latino dell'età imperiale, che con un linguaggio denso,
volutamente asimmetrico e vicino ai confini della poesia, di impianto
non ciceroniano, tracciò un bilancio amaro del primo secolo
dell'età imperiale, vagheggiando, pur nella coscienza di
un impossibile ritorno, i valori politici e morali dell'età
repubblicana. Diversa tempra di storico, ma grande felicità
narrativa tra curiosità e pettegolezzo e puntualità
nell'informazione, rivela Svetonio col De vita Caesarum
(conosciuto col titolo Le vite dei dodici Cesari), dal carattere
aneddotico ed erudito.
L'età degli Antonini (II secolo d.C.).
Il secolo si aprì nell'ordine politico e militare di
Traiano e Adriano e si chiuse con l'anarchia militare che precedette
i Severi. Il linguaggio letterario manifesta il declino della
spiritualità romana in corso. Se nell'età di Cesare
e di Cicerone il centro ideale della pagina letteraria era il
periodo dalla complessa architettura (segno di ordine razionale
e di fiducia in quell'ordine), e se nell'età di Seneca,
col suo gusto anticlassico, il centro era il periodo breve e sentenzioso,
centro ideale della pagina divenne ora la parola, il cui culto
retorico ed erudito esprimeva la disintegrazione della spiritualità.
Sarebbe stato il cristianesimo, con la sua forza trascinante,
a ridare vitalità alla cultura latina.
Il II secolo manifesta in più casi un gusto arcaizzante:
ama le parole antiche, ma il passato non è attivo; e l'irrazionalismo
si accompagna al recupero un po' rigido della parola di un tempo.
L'imperatore Marco Aurelio esprime non tanto il vecchio
ideale della ragione al potere quanto l'abito mentale di un mistico:
suggestivi, al riguardo, sono i suoi Ricordi.
Comparve in questo periodo la figura dell'intellettuale itinerante,
a metà tra il maestro di retorica e il mago. Tale è
il romanziere Apuleio, autore delle Metamorfosi
o L'asino d'oro (titolo, il secondo, invalso nelle traduzioni),
affascinante narrazione romanzesca e fantastica (vi è contenuta
anche la celebre novella di Amore e Psiche). L'amore per la parola,
specie se rara e antica, si affianca al gusto erudito e antiquario,
fonte per noi di notizie preziose. Tali sono le Noctes Atticae
(Le notti attiche) di Aulo Gellio. Un giocoliere della
parola è invece il retore Frontone. Amore per la
grazia e la musicalità della parola, non senza leziosità
sentimentale, manifestano i cosiddetti "poeti novelli",
alla cui sensibilità si accosta l'anonimo autore del Pervigilium
Veneris (Vigilia della festa di Venere).
[fonte profilo: http://www-sci.uni-klu.ac.at/archeo/kunst/91litera.htm]
...:::Bukowski:::...