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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cesare
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De bello gallico IV,3
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originale
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[3] Publice maximam putant esse laudem quam latissime a suis finibus vacare agros: hac re significari magnum numerum civitatum suam vim sustinere non posse. Itaque una ex parte a Suebis circiter milia passuum C agri vacare dicuntur. Ad alteram partem succedunt Ubii, quorum fuit civitas ampla atque florens, ut est captus Germanorum; ii paulo, quamquam sunt eiusdem generis, sunt ceteris humaniores, propterea quod Rhenum attingunt multum ad eos mercatores ventitant et ipsi propter propinquitatem [quod] Gallicis sunt moribus adsuefacti. Hos cum Suebi multis saepe bellis experti propter amplitudinem gravitatem civitatis finibus expellere non potuissent, tamen vectigales sibi fecerunt ac multo humiliores infirmiores redegerunt.
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traduzione
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Reputano vanto principale per la propria nazione che le regioni di confine, per il tratto pi? ampio possibile, siano disabitate: ? segno che moltissimi popoli non sono in grado di resistere alla loro forza militare. A tal proposito corre voce che, in una zona di confine degli Svevi, le campagne siano spopolate per seicento miglia. Un'altra parte del loro territorio confina con gli Ubi, popolo un tempo numeroso e fiorente, per quanto possano esserlo i Germani. Gli Ubi sono un po' pi? civili rispetto alle altre genti della loro razza perch?, vivendo lungo il Reno, sono visitati di frequente dai mercanti e, per ragioni di vicinanza, hanno assorbito i costumi dei Galli. Gli Svevi li avevano spesso affrontati in guerra, ma non erano riusciti a scacciarli dalle loro terre per via del loro numero e della loro importanza; tuttavia, li avevano costretti a versare tributi, rendendoli molto meno potenti e forti.
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