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Cicerone
I doveri, I, 108
 
originale
 
[108] Erat in L. Crasso, in L. Philippo multus lepos, maior etiam magisque de industria in C. Caesare, L. filio; at isdem temporibus in M. Scauro et in M. Druso adulescente singularis severitas, in C. Laelio multa hilaritas, in eius familiari Scipione ambitio maior, vita tristior. de Graecis autem dulcem et facetum festivique sermonis atque in omni oratione simulatorem, quem eirona Graeci nominarunt, Socratem accepimus, contra Pythagoram et Periclem summam auctoritatem consecutos sine ulla hilaritate. Callidum Hannibalem ex Poenorum, ex nostris ducibus Q. Maximum accepimus, facile celare, tacere, dissimulare, insidiari, praeripere hostium consilia. In quo genere Graeci Themistoclem et Pheraeum Iasonem ceteris anteponunt, in primisque versutum et callidum factum Solonis, qui, quo et tutior eius vita esset et plus aliquanto rei publicae prodesset, furere se simulavit.
 
traduzione
 
108. In Lucio Crasso e in Lucio Filippo c'era molto spirito, ma ne possedeva ancor pi?, e di pi? ricercato, Gaio Cesare, il figlio di Lucio; ma in quei medesimi tempi MauroScauro e il giovane Mario Druso possedevano una straordinaria austerit?; Gaio Lelio, invece, molta giocondit?, mentre maggiore era l'ambizione e pi? serio il comportamento del suo amico Scipione. Fra i Greci, poi, sappiamo che Socrate era affabile e gioviale e piacevole conversatore, e, in ogni discorso, maestro in quella particolare f?nzione che i Greci chiamano ei)/rwna per contro, Pitagora e Pericle conseguirono somma autorit?, pur senz'ombra di buon umore. Astuto fu (com'? noto), tra i capitani cartaginesi Annibale, tra i nostri Quinto Massimo esperti entrambi nell'arte di celare, tacere, dissimulare, tendere insidie, prevenire e sventare i disegni del nemico. Per questo rispetto i Greci antepongono Temistocle e Gi?sone di Fere a tutti gli altri; ed esaltano in particolar modo lo scaltro e ingegnoso espediente di Solone, il quale, per meglio tutelar la sua vita e per pi? giovare alla sua patria, si finse pazzo.
 

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