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Mittente:
Bukowski
Re: traduzione   stampa
Data:
22/04/2002 22.59.00




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Quod [si] iam rerum ignorem primordia quae sint,
hoc tamen ex ipsis caeli rationibus ausim
confirmare aliisque ex rebus reddere multis,
nequaquam nobis divinitus esse paratam
naturam rerum: tanta stat praedita culpa.
principio quantum caeli tegit impetus ingens,
inde avidam partem montes silvaeque ferarum
possedere, tenent rupes vastaeque paludes
et mare, quod late terrarum distinet oras.
inde duas porro prope partis fervidus ardor
adsiduusque geli casus mortalibus aufert.
quod super est arvi, tamen id natura sua vi
sentibus obducat, ni vis humana resistat
vitai causa valido consueta bidenti
ingemere et terram pressis proscindere aratris.
si non fecundas vertentes vomere glebas
terraique solum subigentes cimus ad ortus.
sponte sua nequeant liquidas existere in auras.
et tamen inter dum magno quaesita labore
cum iam per terras frondent atque omnia florent,
aut nimiis torret fervoribus aetherius sol
aut subiti peremunt imbris gelidaeque pruinae
flabraque ventorum violento turbine vexant.
praeterea genus horriferum natura ferarum
humanae genti infestum terraque marique
cur alit atque auget? cur anni tempora morbos
adportant? quare mors inmatura vagatur?
tum porro puer, ut saevis proiectus ab undis
navita, nudus humi iacet infans indigus omni
vitali auxilio, cum primum in luminis oras
nixibus ex alvo matris natura profudit,
vagituque locum lugubri complet, ut aequumst
cui tantum in vita restet transire malorum.
at variae crescunt pecudes armenta feraeque
nec crepitacillis opus est nec cuiquam adhibendast
almae nutricis blanda atque infracta loquella
nec varias quaerunt vestes pro tempore caeli,
denique non armis opus est, non moenibus altis,
qui sua tutentur, quando omnibus omnia large
tellus ipsa parit naturaque daedala rerum.

E quand'anche ignorassi quali siano i primi elementi delle cose,
questo tuttavia oserei affermare in base agli stessi fenomeni
del cielo e comprovare in forza di molte altre cose:
che la natura del mondo non ? stata per nulla disposta
dal volere divino per noi: di cos? grande difetto essa ? dotata.
In primo luogo, di quanto copre l'ampia distesa del cielo,
una grande parte ? occupata da monti e selve
dominio di belve, la posseggono rupi e deserte paludi
e il mare che vastamente disgiunge le rive delle terre.
Inoltre, quasi due terzi il bruciante calore
e l'assiduo cadere del gelo li tolgono ai mortali.
Ci? che resta di terra coltivabile, la natura con la propria forza
lo coprirebbe tuttavia di rovi, se non le resistesse la forza dell'uomo,
per i bisogni della vita avvezzo a gemere sul robusto
bidente e a solcare la terra cacciandovi a fondo l'aratro.
Se, rivoltando col vomere le glebe feconde e domando
il suolo della terra, non le stimolassimo al nascere,
spontaneamente le piante non potrebbero sorgere nell'aria pura;
e nondimeno, talora, procurate con grande fatica,
quando gi? per i campi frondeggiano e tutte fioriscono,
o le brucia con eccessivi calori l'etereo sole
o le distruggono improvvise piogge e gelide brine,
e le devasta con violento turbine il soffiare dei venti.
E poi, la razza orrenda delle fiere, nemica
del genere umano, perch? la natura in terra e in mare
la alimenta e la accresce? Perch? le stagioni apportano
malattie? Perch? la morte prematura s'aggira qua e l??
E inoltre, il bimbo, come un navigante gettato sulla riva
da onde furiose, giace a terra nudo, incapace di parlare,
bisognoso d'ogni aiuto per vivere, appena la natura lo fa uscire
con sforzi fuori dal ventre della madre alle rive della luce,
e riempie il luogo di un lugubre vagito, come ? giusto
per uno che nella vita dovr? passare per tanti mali.
Ma crescono i vari animali domestici, gli armenti e le fiere,
n? c'? bisogno di sonaglini, per nessuno occorre
la carezzevole e balbettante voce dell'amorevole nutrice,
n? essi richiedono vesti diverse secondo le stagioni;
infine, non hanno bisogno di armi, n? di alte mura,
per proteggere i propri averi, giacch? per tutti tutto
largamente producono la terra stessa e la natura artefice.

Iam validis saepti degebant turribus aevom,
et divisa colebatur discretaque tellus,
tum mare velivolis florebat navibus ponti,
auxilia ac socios iam pacto foedere habebant,
carminibus cum res gestas coepere po?tae
tradere; nec multo prius sunt elementa reperta.
propterea quid sit prius actum respicere aetas
nostra nequit, nisi qua ratio vestigia monstrat.
Navigia atque agri culturas moenia leges
arma vias vestes [et] cetera de genere horum,
praemia, delicias quoque vitae funditus omnis,
carmina, picturas et daedala signa polita
usus et impigrae simul experientia mentis
paulatim docuit pedetemptim progredientis.
sic unum quicquid paulatim protrahit aetas
in medium ratioque in luminis erigit oras;
namque alid ex alio clarescere corde videbant,
artibus ad summum donec venere cacumen.


Gi? protetti da torri possenti passavano la vita
e divisa e distinta da confini era coltivata la terra,
e inoltre il mare fioriva di navi volanti con le vele,
gi? per patti fissati avevano ausiliari e alleati, quando i poeti
cominciarono a tramandare coi canti le gesta compiute;
n? molto prima furono scoperte le lettere dell'alfabeto.
Perci? la nostra et? non pu? discernere quel che ? avvenuto prima,
tranne che il ragionamento in qualche modo non le mostri le tracce.
Navi e colture dei campi, mura, leggi,
armi, vie, vesti ?e? le altre cose siffatte,
i doni e anche le delizie della vita, tutte quante,
canti, pitture e statue lavorate con arte, levigate, gradatamente
li insegnarono la pratica e, insieme, lo sperimentare
della mente alacre agli uomini avanzanti passo passo.
Cos? gradatamente il tempo rivela ogni cosa
e la ragione la innalza alle plaghe della luce.
Difatti con la mente vedevano chiarirsi una cosa dall'altra,
finch? con le arti giunsero al culmine pi? alto.

Trad. database progettovidio
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