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Bukowski
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Data:
30/04/2002 0.26.37
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Orazio, Odi, I, 1 Maecenas atauis edite regibus, o et praesidium et dulce decus meum, sunt quos curriculo puluerem Olympicum collegisse iuuat metaque feruidis 5 euitata rotis palmaque nobilis terrarum dominos euehit ad deos; hunc, si mobilium turba Quiritium certat tergeminis tollere honoribus; illum, si proprio condidit horreo 10 quicquid de Libycis uerritur areis. Gaudentem patrios findere sarculo agros Attalicis condicionibus numquam demoueas, ut trabe Cypria Myrtoum pauidus nauta secet mare. 15 Luctantem Icariis fluctibus Africum mercator metuens otium et oppidi laudat rura sui; mox reficit rates quassas, indocilis pauperiem pati. Est qui nec ueteris pocula Massici 20 nec partem solido demere de die spernit, nunc uiridi membra sub arbuto stratus, nunc ad aquae lene caput sacrae. Multos castra iuuant et lituo tubae permixtus sonitus bellaque matribus 25 detestata. Manet sub Ioue frigido uenator tenerae coniugis inmemor, seu uisa est catulis cerua fidelibus, seu rupit teretis Marsus aper plagas. Me doctarum hederae praemia frontium 30 dis miscent superis, me gelidum nemus Nympharumque leues cum Satyris chori secernunt populo, si neque tibias Euterpe cohibet nec Polyhymnia Lesboum refugit tendere barbiton. 35 Quod si me lyricis uatibus inseres, sublimi feriam sidera uertice.
1, a Mecenate Mecenate, nipote di nobili etruschi, che mi sostieni e m'intenerisci d'orgoglio, v'? chi gode a sollevare col carro la polvere d'Olimpia e, sfiorata la meta con le ruote in fiamme, per la palma d'onore si crede, come gli dei, signore del mondo; chi si esalta se il capriccio popolare si batte per eleggerlo alle supreme cariche di stato, e chi se nel proprio granaio pu? nascondere tutto il raccolto che si miete in Libia. Anche con la promessa d'incredibili ricchezze per paura del mare non sapresti indurre a solcare su un legno di Cipro l'Egeo chi ? felice di lavorare i propri campi. Cos? il mercante, impaurito dal mare in burrasca per il vento, loda, ? vero, la pace agreste del suo paese, ma poi, incapace a sopportare la mediocrit?, riarma la nave in avaria. Trovi chi non si nega un bicchiere di vecchio massico e perde parte del giorno sdraiato all'ombra fresca di un corbezzolo o alla sorgente dove l'acqua d'una ninfa mormora dolcemente. A molti piace la vita militare, lo strepito lacerante delle trombe, e la guerra, che ogni madre maledice. Immobile sotto un cielo livido il cacciatore dimentica la dolce compagna, se i cani al suo fianco hanno stanato una cerva o se un cinghiale ha spezzato l'intrico delle reti. Io no: l'edera che premia la fronte dei sapienti mi associa agli dei e il fresco dei boschi, dove coi satiri danzano agili le ninfe, mi distingue dalla folla, se non ammutolisce il flauto di Euterpe e non si rifiuta Polinnia di accordare la lira di Lesbo. Ponimi dunque fra i poeti lirici: col capo in cielo toccher? le stelle.
Orazio, Odi, I, 9 Vides ut alta stet niue candidum Soracte nec iam sustineant onus siluae laborantes geluque flumina constiterint acuto? 5 Dissolue frigus ligna super foco large reponens atque benignius deprome quadrimum Sabina, o Thaliarche, merum diota. Permitte diuis cetera, qui simul 10 strauere uentos aequore feruido deproeliantis, nec cupressi nec ueteres agitantur orni. Quid si futurum cras, fuge quaerere, et quem fors dierum cumque dabit, lucro 15 adpone nec dulcis amores sperne, puer, neque tu choreas, donec uirenti canities abest morosa. Nunc et Campus et areae lenesque sub noctem susurri 20 composita repetantur hora, nunc et latentis proditor intumo gratus puellae risus ab angulo pignusque dereptum lacertis aut digito male pertinaci.
9, a Taliarco Guarda la neve che imbianca tutto il Soratte e gli alberi che gemono al suo peso, i fiumi rappresi nella morsa del gelo. Sciogli questo freddo, Taliarco, e legna, legna aggiungi al focolare; poi senza calcolo versa vino vecchio da un'anfora sabina. Lascia il resto agli dei: quando placano sul mare in burrasca la furia dei venti, non trema pi? nemmeno un cipresso, un frassino cadente. Smettila di chiederti cosa sar? domani, e qualunque giorno la fortuna ti conceda segnalo tra gli utili. Se ancora lontana ? la vecchiaia fastidiosa dalla tua verde et?, non disprezzare, ragazzo, gli amori teneri e le danze. Ora ti chiamano l'arena, le piazze e i sussurri lievi di un convegno alla sera, il riso soffocato che ti rivela l'angolo segreto dove si nasconde il tuo amore, il pegno strappato da un braccio o da un dito che resiste appena.
Orazio, Odi, I, 11 Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Vt melius quicquid erit pati! Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam, 5 quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum, sapias, uina liques et spatio breui spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
11, a Leuc?noe Non chiedere anche tu agli dei il mio e il tuo destino, Leuc?noe: non ? lecito saperlo, come indagare un senso fra gli astri di Caldea. Credimi, ? meglio rassegnarsi, se Giove ci concede molti inverni o l'ultimo sia questo che ora infrange le onde del Tirreno contro l'argine delle scogliere. Pensaci: bevi un po' di vino e per il breve arco della vita tronca ogni lunga speranza. Mentre parliamo, con astio il tempo se n'? gi? fuggito. Goditi il presente e non credere al futuro.
Trad. database progettovidio
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• traduzione Re: traduzione
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