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10/05/2002 18.08.08
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Ok, visto che ci metterei pi? tempo a spiegarti :)))
te la copio qui [non l'avevo fatto prima perch? ? un po' lunghetta]. saluti
VI (donne, donne) Certo: al tempo del regno di Saturno la Pudicizia visse sulla terra e a lungo vi fu vista. Una spelonca gelida, quella allora la casa, tutto qui: focolare Lari padroni e bestie stretti insieme sotto lo stesso tetto. E le spose, figlie dei monti, allora rabberciavano un rustico giaciglio con foglie, paglia e pelli di animali catturati sul luogo. Cinzia, Cinzia, quanto da te diverse quelle donne; quanto diverse anche da te, se la morte di un passero pot? annebbiare i tuoi begli occhi; donne che alla sete di figli ormai cresciuti ancora porgevano il seno, donne spesso pi? sgradevoli del marito stesso quando rutta le ghiande. Nella primavera del mondo, sotto un cielo appena dischiuso, come vivevano diversamente gli uomini, usciti da cretti di quercia, impastati di fango, senza che nessuno li generasse! Forse con Giove ancora qualche traccia dell'antico pudore resistette, molto o poco che fosse; ma certo solo finch? Giove non mise barba e non esistette greco pronto a giurare sulla testa degli altri, finch? nessuno pens? di cintare i campi nel timore che i ladri gli svuotassero vivai e frutteto. Ma poi insieme a Pudicizia quasi di soppiatto in cielo se ne torn? Astrea: cos? fianco a fianco sparirono le due sorelle. Ahim?, Postumo, vizio antico e inveterato violare il letto altrui, disonorando la santit? del talamo nuziale. Dall'et? del ferro ci vengono crimini e crimini, ma gi? in quella argentea si videro i primi adulteri. E tu in tempi come i nostri prepari contratto, rito e sponsali, ti fai acconciare da un maestro coiffeur e forse in pegno hai gi? dato l'anello. Io ti credevo saggio: eppure, Postumo mio, prendi moglie! Dimmi: ? Tis?fone con le sue serpi che ti rende insensato? Con tutte le corde a disposizione, con tante finestre spalancate lass? da dare le vertigini e col ponte Emilio a due passi, ti senti di sopportare una moglie? Ma se fra tanti modi non v'? il suicidio che cerchi, non ti sembra preferibile in ogni caso portarti a letto un ragazzino? Di notte non bisticcia, non vuole regalini per giacerti accanto, non si lamenta se risparmi i lombi, se non ansimi quanto lui vorrebbe. Ma Ursidio stravede per la lex Iulia: sogna di sollevare tra le braccia un figlioletto tutto zucchero, disposto persino a privarsi della polpa di tortora, delle creste di triglia e di tutte le tentazioni del mercato. Se v'? una donna che si sposa Ursidio, tutto, tutto ? possibile! tutto, se il pi? famoso degli ad?lteri, che tante volte trov? scampo in una cesta come Latino, porge rimbambito il collo al cappio coniugale. E per di pi? si cerca una moglie all'antica! O medici, un salasso, un salasso ci vuole! Benedetta ingenuit?! Pr?strati in Campidoglio davanti al tempio di Giove, sacrifica a Giunone una giovenca coperta d'oro, se trovi una moglie con labbra caste! Mosche bianche le donne degne di toccare le bende di Cerere, le donne i cui baci non atterriscano lo stesso padre! Intreccia ghirlande alle porte, avanti, stendi nell'atrio festoni d'edera! 'Basta a Iberina un uomo solo?' La convinceresti pi? facilmente ad accontentarsi d'un occhio solo! 'Ma si dice un gran bene di una giovane che vive in campagna col padre.' Dille che viva a Gabi come ha vissuto in campagna, oppure a Fidene, ed io rinuncio al campicello avito! E poi chi pu? giurare che nulla sia accaduto sui monti o in una grotta? Tanto sono invecchiati Giove e Marte? Fra le donne intraviste sotto i portici ti ? forse apparsa quella che sognavi? E fra tutte quelle che riempiono le logge dei teatri ve n'? forse una che tu possa scegliere ed amare senza timore? Quando languidamente Batillo danza la pantomima di Leda, Tuccia non sa frenare la libidine e ?pula con lunghi lamenti ansima concitata come al culmine di un amplesso; Timele ? tutt'occhi e ci? che ancora non sa l'impara. Ma quando a sipario calato tutti i teatri son chiusi e deserti, e solo le piazze risuonano di grida, tra i giochi Plebei e i lontani Megalesi, vi sono donne che immalinconite si trastullano con la maschera, il tirso e le mutande di Accio. E come ridono quando in una farsa atellana ?rbico impersona Autonoe: per lui spasima ?lia, ma non ha quattrini. E ce ne vogliono tanti per far slacciare la fibbia a un commediante! Altre han ridotto Cris?gono senza voce, mentre Ispulla si gode un attor tragico. Che t'aspettavi? che s'innamorassero di Quintiliano? La moglie che ti prendi far? padre il chitarrista Ech?one o i flautisti Gl?firo e Ambrogio. Innalziamo lunghi palchi nei vicoletti, orniamo porte e stipiti di grandi corone d'alloro, per che cosa mai, L?ntulo? per vedere dentro la sua culla di tartaruga il tuo nobile rampollo con in faccia stampati i tratti d'Eurialo o di qualche mirmillone. Eppia, moglie di un senatore, ha seguito una compagnia di atleti sino a Faro, sino al Nilo e alle mura malfamate dei L?gidi, facendo inorridire persino Canopo per l'incredibile immoralit? romana. Dimenticati casa, marito e sorella, senza un pensiero per la sua citt?, quell'infoiata ha abbandonato i figli in lacrime e, ci? che pi? stupisce, persino il suo Paride e il Circo. Pur allevata tra le piume di una culla intarsiata e nel lusso della casa paterna, non ebbe orrore d'affrontare il mare: aveva gi? affrontato il disonore, che per chi dispone di comode poltrone ? danno irrilevante. Navigando di mare in mare, ha attraversato i flutti del Tirreno e la distesa fragorosa dello Ionio con cuore intrepido: son donne, queste, che solo se devon correre un rischio per una causa onorevole e giusta cadono in preda alla paura, il cuore fattosi di ghiaccio, le gambe tremanti che non le reggono; ma se compiono malefatte ostentano un coraggio senza pari. Se lo vuole il marito, ? un dramma salire sulla tolda: il tanfo della stiva le sconvolge e svengono. Ma quella che segue l'amante ha stomaco di ferro. La prima vomita addosso al marito, questa mangia coi marinai, scorrazza per il ponte e gode a maneggiare le ruvide g?mene. Ma di quale bellezza, di qual fior di giovinezza s'? incapricciata Eppia? Cosa ha mai visto in lui per sopportare la nomea di 'gladiatrice'? In verit? il suo Sergino ormai aveva cominciato a radersi la barba e a sperare nel congedo per quel suo braccio rotto; senza contare gli sfregi del viso, il naso escoriato dall'elmo con una gran bozza nel mezzo, e uno sgradevole malanno che gli faceva lacrimare di continuo gli occhi. Ma un gladiatore era! Quanto basta per farne un Giacinto, per preferirlo a figli, patria, sorella e marito: ? il ferro che amano le donne. Se il suo Sergio avesse gi? ricevuto il bastone del congedo, all'istante non le sarebbe apparso diverso da un qualsiasi Veientone. Eppia, ceto medio: ti scandalizza? E le adultere dei principi allora? Senti le disavventure di Claudio. La moglie, non appena lo vedeva addormentato, spingendo la sua audacia di augusta meretrice sino a preferire una stuoia al talamo del Palatino, incappucciata di nero, l'abbandonava scortata da una sola ancella. Nascondendo la chioma scura sotto una parrucca bionda, varcava la soglia di un lupanare tenuto caldo da un tendone malandato, dove in una cella a lei riservata, col falso nome di Licisca, si prostituiva ignuda, i capezzoli dorati, offrendo il ventre che, generoso Britannico, un tempo t'aveva portato. Lasciva accoglieva i clienti, chiedeva il prezzo stabilito [e giacendo supina assaporava l'assalto d'ognuno]. Quando poi il ruffiano mandava via le sue ragazze, usciva a malincuore, con la sola concessione di poter chiudere per ultima la cella, il sesso ancora in fiamme e vibrante di voglie. Sfiancata dagli uomini, ma non sazia ancora, se ne tornava a casa: il viso ammaccato di lividi, impregnata del fumo di lucerna, portava il lezzo del bordello sin nel letto imperiale. E l'ipp?mane, gli incantesimi, dici, le pozioni letali servite ai figliastri: a che serve parlarne? In preda ai furori del sesso le donne commettono crimini ben pi? gravi: il peccato di lussuria ? uno scherzo al confronto. 'Ma, a sentire il marito, Cesennia non ? una perla?' Un milione in dote: questo il prezzo per dichiararla onesta. Non sono certo le frecce di Venere che lo rendono smunto o le fiamme d'amore che lo bruciano: dalla dote ? trafitto, al suo fuoco si ustiona. E Cesennia? la libert? se l'? comprata. Davanti a lui pu? civettare come crede, rispondere a chi vuole: una donna ricca che si sposa un avaro di fatto ? vedova. 'E perch? mai Sertorio brucia di passione per B?bula?' Stai accorto, non ? la moglie che ama, ma la bellezza sua. Fa' che compaiano tre rughe, che rinsecchita la pelle si afflosci, che i denti s'anneriscano e s'infossino gli occhi: 'Fai fagotto e vattene!', intimer? un liberto. 'Ci hai stancati; ti soffi il naso di continuo. Via, via, vattene e pi? in fretta che puoi. Sta per arrivarne un'altra col naso asciutto'. Intanto ? in auge, impera e dal marito pretende pastori, pecore di Canosa e vigne nel Falerno. Ti par poco? Tutti i servi possibili, intere carceri pretende, e che si compri tutto ci? che in casa manca, visto che il vicino l'ostenta. Anche in dicembre, quando Giasone, trasformato in bottegaio, ? nascosto alla vista e bancarelle dipinte di bianco si ergono davanti ai suoi marinai pronti a salpare, si fa venire enormi vasi di cristallo, grandi coppe murrine e il pi? famoso dei diamanti, reso ancor pi? prezioso dal dito di Berenice: alla sorella incestuosa l'aveva un tempo donato (in quel paese dove i re festeggiano il sabato a piedi scalzi e una clemenza antica permette ai porci d'invecchiare) Agrippa il barbaro. 'Ma in tutta questa folla non ne trovi nemmeno una che ti vada a genio?' Metti che sia bella elegante ricca e fertile, che nell'atrio ostenti antenati illustri e sia pi? casta di tutte quelle Sabine che seppero, le chiome al vento (uccello raro come un cigno nero), dirimere la guerra, chi mai potr? sopportare una moglie che ha tutte le virt?? Meglio, meglio una Venusina di te, Cornelia, che, madre dei Gracchi, con tutte le tue virt? mi propini un sussiego sdegnoso e annoveri fra la dote anche i trionfi degli avi. Riprenditi, di grazia, il tuo Annibale, il tuo Siface battuto sul campo e vattene, Cartagine compresa! 'Piet?, piet?, Apollo! Deponi l'arco, Diana! Innocenti sono i miei figli. Trafiggete la madre!', cos? gridava Anfione. Ma Apollo tese l'arco. E Niobe, per essersi professata pi? nobile del sangue di Latona e pi? feconda d'una bianca scrofa, tutti i suoi figli, il loro padre, tutti seppell?, tutti. Virt? e bellezza, che valgono mai, se di continuo te le senti rinfacciare? Anche il piacere di doti cos? rare ed eccelse svanisce se, guastato da superbia, contiene pi? fiele che miele. Chi ? a tal punto succube della moglie da non averla in uggia, da non odiare almeno sette ore al giorno colei che pure a viva voce esalta? Inezie sono certo altri difetti, ma non per questo meno sgraditi a un marito. Il vezzo pi? stomachevole ? che nessuna si sente abbastanza attraente se da toscana non si muta in grecula, da sulmonese in ateniese puro sangue: solo il greco hanno in bocca, [come se non fosse per loro maggior vergogna ignorare il latino]. Terrore, bile, gioia, affanni e gli impulsi pi? segreti del cuore, tutto in greco, solo in greco l'esprimono. E non basta: fanno l'amore in greco. Passi se sono ragazzine, ma che tu, con ottant'anni e passa alle porte, ancora grecheggi ? troppo, impudico in una vecchia. Quando in pubblico ti scappa quel lascivo zo? k?i psych?, usi parole abbandonate or ora fra le coltri. A chi non rizzerebbe il sesso una frase cos? blanda e lasciva? Pare una carezza. Ma puoi anche dirla pi? amabilmente di Emo o Carp?foro, non c'? penna che non s'afflosci: gli anni ti stanno scritti in faccia. Se non intendi amare colei che ti viene promessa e data secondo la legge, perch? sposarla? perch? rimetterci la cena e la focaccia di mosto, che ? d'uso offrire agli invitati ormai gonfi di cibo al termine della cerimonia? perch? rimetterci il dono della prima notte, lo splendido piatto su cui scintillano monete d'oro con l'effige di Traiano il Dacico o Germanico che dir si voglia? Ma se hai la sventatezza di sposarti, di votarti anima e corpo a una donna sola, allora gi? la testa e prepara il collo a portare il giogo. Non ne troverai una che rinunzi a tormentare chi l'ama. Anche se lei ne ? innamorata, godr? a torturarlo, a spogliarlo. E pi? il marito sar? amorevole e buono, meno, meno assai gli varr? la moglie. Senza il suo permesso non potrai far regali, vendere o comprare alcunch? se lei si oppone o non lo vuole. Sceglier? lei i tuoi affetti; e cos? sar? cacciato di casa persino un vecchio amico, quell'amico che la tua porta vide con la prima barba. Ruffiani e maestri d'arma son liberi di fare testamento e cos? pure i gladiatori; ma tu sarai costretto a nominare erede ben pi? d'uno dei tuoi rivali. 'Crocifiggi quel servo!' 'Ma per quale delitto merita il supplizio? Ci sono testimoni? una denuncia? Ascolta: non son mai troppi gli indugi, se in gioco ? la vita di un uomo.' 'Farnetichi: un servo ? forse un uomo per te? Non ha fatto nulla, e allora? Lo voglio io. Se ordino che sia messo a morte, la mia volont? dovrebbe bastarti!' ? lei che comanda. Ma lascia tempo al tempo: abbandona il suo regno, cambia casa, calpesta il velo nuziale; poi torna e rivola a quel letto che aveva spregiato. Un lampo, e lascia le porte ornate di fiori, i festoni e i virgulti ancora verdi appesi nell'atrio di casa. Cos? cresce il numero dei mariti, ben otto in soli cinque autunni: impresa degna d'epitaffio. Finch? poi vive la suocera, no, non avrai pace. ? lei che le insegna a rovinare il marito, a godere delle sue spoglie; ? lei che le insegna come rispondere con garbo e abilit? ai biglietti inviati dal suo spasimante; ? lei che inganna o corrompe i custodi. E cos?, pur in ottima salute, la figlia pu? chiamare Arch?gene, il medico, ostentando pesanti coperte, mentre l'amante, ben celato nel suo nascondiglio, impaziente per l'attesa, in silenzio si masturba. Che vuoi che le inculchi la madre? costumi onesti, diversi dai suoi? Illuso! A vecchie spudorate troppo utile torna educare una figlia spudorata! Non c'? dibattimento in tribunale che non abbia all'origine una donna. Se Manilia non ? imputata, ? lei che sostiene l'accusa. Sono loro, le donne, a stendere e a formalizzare gli atti, pronte a dettare a Celso esordio ed argomenti. E chi non conosce le tuniche di Tiro e gli unguenti per i loro esercizi ginnici? Chi non le ha viste vibrare fendenti al palo? Lo intaccano a furia di colpi, lo percuotono con lo scudo, eseguendo con precisione tutti i movimenti prescritti, ben degne di esibirsi tra le fanfare nei giochi di Flora, se pur nel loro petto non covino disegni pi? ambiziosi e non s'allenino davvero per l'arena. Che pudore pu? mostrare una donna con l'elmo in testa, che abdica al suo sesso? L'attira la forza, eppure diventar uomo non vorrebbe, sapendo quanto breve ? il piacere nel maschio. Bell'onore se mettessero all'asta gli arnesi di tua moglie: cinturone, bracciali, elmo e mezzo cosciale della gamba sinistra! E che gioia se la tua sposa, passata ad altro tipo di tenzone, vendesse gli schinieri! Donne! Sudano persino sotto la veste pi? leggera: che le loro grazie vadano in fiamme a contatto d'una stoffa di seta? Guarda con che fremiti vibra i colpi appresi dal maestro, schiacciata com'? sotto il peso dell'elmo, come sta salda sui garretti malgrado la corazza di dura corteccia; e ridi, s?, quando deposte le armi si accoscia sul pitale! Ditemi voi, nipoti del cieco Metello, di L?pido, di Fabio G?rgite, quale moglie di gladiatore si ? mai conciata in questo modo? quando mai la moglie di Asilo s'? vista ansimare davanti al palo? Gonfio di liti, di continui alterchi ? il letto coniugale: non vi si dorme quasi. Insopportabile, pi? perfida di una tigre privata dei suoi cuccioli, questo diventa una moglie, quando dissimula sotto falsi gemiti la coscienza d'una colpa segreta, quando se la prende coi figli o si lagna di una rivale immaginaria, con un fiume di lacrime negli occhi sempre pronto e in attesa di sgorgare a sua voglia e piacere. E tu, coglione, lo ritieni amore, ti lusinghi e con le labbra asciughi quel pianto: che lettere e biglietti leggeresti se frugassi dentro lo scrigno di quella puttanella che fa la gelosa! Ma eccola sorpresa in flagrante mentre si dona a un servo o a un cavaliere. O Quintiliano, suggerisci tu, di grazia, una parola adatta alla difesa. 'Son di sasso: la dica lei, tua moglie!' 'Si era d'accordo che tu facessi quel che volevi, ma che anch'io potessi darmi al bel tempo. Grida quanto ti pare, sconvolgi pure mare e cielo: sono un essere umano anch'io!' Non ha limiti l'impudenza di una donna: colte in fallo traggono dalla colpa furia e coraggio. Da dove vengano tali mostruosit?, che origine abbiano, questo vuoi sapere? Una condizione modesta garantiva un tempo la castit? delle donne latine; le distoglievano dal contagio dei vizi la casa minuscola, la fatica, il sonno limitato, le mani rovinate e irruvidite dalla lana etrusca, l'assillo di Annibale alle porte di Roma e i mariti in armi sulla torre Collina. La pace troppo lunga ci ha guastati: pi? funesta della guerra, su noi incombe la lussuria a vendicare il mondo che abbiamo sottomesso. Da quando la sobriet? romana ? scomparsa, nessun crimine ? assente qui fra noi, nessun misfatto di libidine. Sui nostri colli si sono installate Sibari, Rodi, Mileto e ubriaca fradicia Taranto, con le sue corone e le sue indecenze. L'oscenit? del denaro ha introdotto costumi esotici e le mollezze della ricchezza hanno corrotto il nostro tempo con gli eccessi pi? vergognosi. Venere ubriaca non ha ritegno. Una donna, che in piena notte affonda i denti in ostriche enormi, quando spumeggiano gli aromi infusi nel Falerno puro, quando si beve a canna e il soffitto sembra ondeggiare, la mensa animarsi di lucerne sdoppiate, una donna fra bocca e sesso non fa nessuna differenza. Dubbi? Quando Tullia divora l'aria il suo dileggio ? fin troppo evidente; cosa bisbigli quella malfamata Maura all'altra Maura, sorella di latte, quando passa accanto all'antico altare della Pudicizia, si vede subito: la notte fermano l? le loro lettighe e, prese dal bisogno di orinare, inondano la statua della dea di getti interminabili, poi si cavalcano a turno, agitandosi sotto lo sguardo della luna; tornano infine a casa, e tu, recandoti la mattina dopo a visitare i potenti tuoi amici, calpesti il piscio di tua moglie. Sulla bocca di tutti sono i misteri della dea Bona: il flauto eccita le reni e le m?nadi di Priapo, esaltate dal vino e dal suono del corno, scompigliano al vento i capelli e lanciano ululati. Brama d'accoppiarsi le ottenebra la mente; e che grida nei loro fremiti lascivi, che torrente di vino infradicia le loro gambe! Saufeia, posta in gara una corona, sfida le donne del bordello e vince il premio per come ondeggia le cosce; ma al voluttuoso ancheggiare di Medullina deve anche lei rendere omaggio. La palma ? tra due dame: abilit? e natali pari e patta. Non ? un gioco, l? si fa sul serio, tanto sul serio, da rinfocare persino Priamo, il figlio di Laomedonte, ormai intorpidito dall'et?, e l'ugello stesso di Nestore. L'eccitazione ? alle stelle e in quell'attimo la donna si mostra com'?; sotto le volte rimbomba all'unisono un grido: 'Aprite agli uomini, la Dea lo vuole!'. Se l'amante dorme, lo sveglia un ordine: prendere il mantello e precipitarsi. E se non viene, si ricorre ai servi. Mancano anche questi? si affitta un acquaiolo. Se non lo trovano e mancano gli uomini, nessun problema: si offrono le natiche a un asinello per farsi montare. E volesse il cielo che almeno i riti antichi e le funzioni pubbliche fossero immuni da tutte queste infamie! Ma anche i Mauri e gli Indi sanno chi era quella 'flautista' che introdusse un cazzo pi? grosso del rotolo dei due Anticatones di Cesare, in quel luogo che persino un topo come maschio detesta e che ? buon costume coprire con un velo in ogni dipinto che raffiguri l'altro sesso. Ma chi osava al tempo di Cesare offendere gli dei? chi osava irridere la coppa o il nero bacile di Numa, i fragili vassoi del monte Vaticano? Oggi invece non c'? altare che non abbia un Clodio. Miei vecchi amici, lo so, da sempre mi dite: 'Metti il catenaccio e chiudila in casa!'. Ma chi custodir? poi i custodi? Mia moglie ? scaltra e comincia proprio da quelli. Nobili o plebee sono tutte affamate di sesso: quella che batte a piedi il sudicio selciato non ? certo migliore dell'altra che si fa portare sulle spalle di atletici schiavi siriani. Per assistere ai giochi, Ogulnia prende ogni cosa a nolo: vestito lettiga cuscino scorta e amiche, la nutrice e una bionda schiavetta per le commissioni. Ma poi dona agli atleti pi? brillanti tutto ci? che le resta dei beni paterni, sino all'ultimo oggetto. Molte donne in casa fanno la fame, ma nessuna ha pudore della povert? e nessuna si misura col metro che questa impone. Gli uomini pensano, ? vero, anche all'utile e, ammoniti dalle formiche, paventano il freddo e la fame; la donna no, sperpera e non s'accorge che i suoi averi vanno in fumo. Come se il denaro, rinascendo d'incanto, tornasse a ripopolare la cassaforte vuota e si potesse sempre attingere da un cumulo perennemente intatto: non hanno idea di quanto costano i loro piaceri. [In ogni casa in cui vive ed esercita un maestro d'oscenit?, che con mano tremante promette ogni possibile licenza, non troverai che gente corrotta e simile agli effeminati. Gente a cui si permette di contaminare i cibi, di sedere a una mensa consacrata; e invece di farli a pezzi, si lavano i bicchieri in cui hanno bevuto un cicisbeo o una checca barbuta. Pi? pulita e onesta della tua casa ? la scuola dei gladiatori: fra una mammoletta e un atleta l? i contatti sono vietati. Ancora: una tunica svergognata non pu? essere appesa con le reti e chi combatte nudo non ripone nello stesso armadio i ripari delle spalle e un'arma d'offesa come il tridente. Agli invertiti, che persino in carcere hanno ceppi distinti, ? riservata la parte pi? interna della palestra. Ma tua moglie fa bere nello stesso bicchiere te e persone con cui nemmeno la bionda puttana di un sepolcro in rovina accetterebbe di sorseggiare il vino d'Alba o di Sorrento. ? su loro consiglio che le donne ti sposano e all'improvviso poi t'abbandonano; ? a loro che riservano i languori del cuore o i drammi della vita; alla loro scuola imparano a dimenare natiche e fianchi, e qualunque prodezza siano capaci d'insegnare. Ma non fidarti, non fidarti troppo: un amante pu? tingersi gli occhi di bistro, abbigliarsi di giallo zafferano e mettersi in testa una reticella! Diffida soprattutto quanto pi? effeminata ? la sua voce, quanto pi? e pi? si carezza languidamente l'anca: a letto mostrer? ben altro valore! Terminata la danza, Taide getta la maschera ed ecco pronto al suo posto un Trifallo. Ma di che ridi? Falla altrove la commedia! Scommetti? son certo che sai ben fare l'uomo. L'ammetti? o come testi si devon citare ancelle in sala di tortura? S?, conosco i vostri consigli, amici miei, i vostri ammonimenti: 'Serra il catenaccio, chiudila in casa!'. Ma poi chi mi guarder? i guardiani? Il silenzio sulle infedelt? di una puttanella ? solo questione di prezzo. E una donna furba lo sa: dai guardiani appunto comincia.] Vi sono poi donne che illanguidiscono ai baci lascivi di effeminati eunuchi: niente barba che punga, nessun pericolo di aborti. E il piacere ? sublime, perch? li affidano al chirurgo quando nel turgore di giovinezza gli organi son maturi e ormai scuri di peli; solo allora, fatti crescere sotto osservazione e giunti al peso di due libbre, Eliodoro strappa i testicoli: il danno non riguarda che il barbiere. [Vera e disumana impotenza affligge invece i ragazzi venduti schiavi dai mercanti, con la vergogna d'uno scroto vuoto e del pisellino rimasti.] Ma l'eunuco, reso tale dalla padrona, quando entra nelle terme si fa notare da lontano e attira lo sguardo di tutti: potrebbe sfidare Priapo, il custode di viti ed orti. Dorma pure con la padrona, ma tu, Postumo, attento a non affidargli il tuo Bromio, un ometto di primo pelo ormai. E se la donna ama il bel canto, non c'? fibbia di castit?, fra chi presta la voce ai pretori, che le resista. Stringendo senza tregua gli strumenti, la lira s'imperla tutta di fitte gemme; col plettro vibrante che usava il languido Ed?mele tocca ognuna delle sue corde: e impugna questa delizia, ne gode, gli elargisce i suoi baci. Una erede dei Lamia, stirpe d'Appio, arriv? con offerte di vino e farina a pregare Giano e Vesta nella speranza che Pollione vincesse nei ludi Capitolini la corona di quercia per farne dono alla sua cetra. Avrebbe potuto fare di pi? per un marito in coma o per un figlio dato spacciato dai medici? Ritta davanti all'ara, non si vergogn? di velarsi il capo, di ripetere per la cetra le parole suggerite dal rito; ma impallid? quando fu sgozzata l'agnella. Padre Giano, dimmi, ti prego, antichissimo dio, dimmi: dai tu retta a costoro? Ne avete, s?, di tempo in cielo: a quanto vedo, non ?, non ? proprio che lass? abbiate molto da fare. Questa ti consulta per un attore comico, quella te ne raccomanda uno tragico: all'aruspice verran le varici. E si dia pure al canto, purch? sfrontata non scorrazzi per tutta la citt?, infilandosi nelle riunioni degli uomini a sentenziare altera e olimpica, presente il marito, fra generali di carriera. Un esemplare, questo, che sa tutto quanto accade nel mondo, quel che tramano Traci e Seri, e in pi? le tresche tra matrigna e figlio, chi ha l'amante, chi sia l'amante fra tutte conteso; e ti dir? chi ha messo incinta la tal vedova e in che mese, come ciascuna si comporta a letto, parole e movenze comprese. ? lei, lei la prima a vedere la cometa che minaccia il re di Parti e di Armeni, lei che raccoglie porta a porta notizie e dicerie dell'ultim'ora, e altre ne inventa: 'straripato il Nifate, abitati e campi sommersi dal diluvio, citt? crollate, terre sprofondate': questo, questo racconta nei crocicchi al primo venuto. Ma pi? intollerabile ancora ? il vizio di quella che si fa trascinare davanti i vicini indigenti e li fa frustare malgrado le loro preghiere. Basta che il suo sonno venga interrotto da un latrato; un urlo: 'Portatemi la frusta! Muovetevi!', e ordina di battere per primo il padrone, poi il suo cane. Una vista terrificante: meglio non incontrarla, quando in piena notte si reca ai bagni mobilitando unguenti e attrezzi. E come gode a sudare in quel parapiglia, finch? le braccia le cadono spossate dai pesi e un massaggiatore volpone le preme le dita sul sesso costringendola a dimenare pube e cosce. Intanto gli ospiti si struggono infelici di sonno e fame. Lei finalmente arriva, rossa in viso e cos? assetata di vino da ingoiarsi l'intero contenuto, una diecina di litri, del barilotto posto ai suoi piedi. Ma prima di mangiare gliene portano un altro litro che, lavato lo stomaco e rimesso imbrattando il pavimento, render? pi? rabbiosa la sua fame. Rivoli di vino sui marmi, fetore di Falerno nei bacili d'oro: come una lunga biscia caduta in fondo a un tino, lei beve e vomita. E il marito? ha la nausea e stringe gli occhi per soffocar la bile. Pi? fastidiosa invece ? la donna che appena a tavola cita Virgilio, giustifica Didone decisa a morire, mette in lizza e confronta poeta a poeta, ponendo sui piatti della bilancia da un lato Virgilio, dall'altro Omero. Si ritirano in un canto i grammatici, per sconfitti si danno i retori, tutti i presenti ammutoliscono: nessuno oserebbe fiatare, avvocato o banditore, nemmeno un'altra donna. Tale ? il diluvio delle sue parole, che lo diresti un tafferuglio di casseruole e campanacci. Non serve scomodare trombe o bronzi: a salvare la luna in eclissi basta lei sola. Chi ? saggio anche in cose oneste s'impone un limite; la donna che vuol mostrarsi eloquente e dotta a tutti i costi, ahim?, deve rimboccar la tunica a mezza gamba, immolare un porco a Silvano e frequentare bagni popolari. T'auguro che la signora seduta accanto non si picchi d'avere un proprio stile e non ti scagli addosso con linguaggio involuto un tortuoso entim?ma, che ignori qualcosa di storia e non comprenda tutto quel che legge. Odio la donna che ha sempre in mano e consulta la Grammatica di Pal?mone, senza mai trasgredire le regole della lingua, e che, ostentando erudizione, cita versi a me sconosciuti, che rimprovera a un'amica incolta parole a cui nessun uomo farebbe caso: vivaddio, che almeno al marito sia permesso un errore di sintassi! Nulla esiste che non si permetta una donna, nulla che reputi scorretto, se pu? cingersi il collo di smeraldi o appendersi alle orecchie tutte tese pendagli smisurati: [no, non c'? nulla di pi? insopportabile di una femmina ricca]. Il viso, gonfio di pomate, tutto un effluvio di ceroni poppeani, in cui s'invischiano le labbra del povero marito, ? ripugnante, eppure muove al riso: ma dall'amante corrono a pelle pulita. Quando mai una donna si preoccupa d'esser bella in casa propria? Gli unguenti sono per l'amante, per lui s'acquistano i prodotti che voi, diafani Indiani, ci mandate. Finalmente svela il suo volto: tolto il primo strato d'intonaco, ecco, ora sappiamo chi ?; poi si massaggia con il latte: si sa, anche se fosse esiliata al polo artico, condurrebbe con s? una mandria d'asine. Io domando: ? una faccia questa, cos? mutata in maschera, sostenuta da tanti impiastri, tutta madida per gli impacchi di farina bollente, o non piuttosto un'ulcera? Ma mette conto di conoscere con esattezza cosa fanno e tramano lungo tutta la giornata. Se la notte il marito le ha volto le spalle, l'intendente ? spacciata, l'estetista deve denudarsi la schiena, lo schiavo liburno ? accusato d'aver fatto tardi ed ? costretto a pagare per il sonno di un altro: schiene rotte dalle nerbate, rosso fuoco per staffile o scudiscio; vi sono donne che assoldano l'aguzzino un tanto l'anno. Schiocca la frusta, e lei intanto s'imbelletta il viso, ascolta le amiche, esamina il bordo dorato d'una veste ricamata, e gi? botte; controlla il libro dei conti, e gi? botte; finch? agli aguzzini sfiniti con voce orrenda tuona 'Fuori!': giustizia ? fatta. Il regime che vige nella casa non ? meno rischioso di quello di una corte siciliana. Se ha un appuntamento e vuol farsi bella pi? del solito in fretta e furia, perch? gi? l'aspettano ai giardini o al tempio d'Iside (quella mezzana), ? alla povera Psecas, scarmigliata, spalle e petto nudo, che tocca pettinarla. 'Perch? quel ricciolo ? pi? alto?' Orrendo delitto, un ricciolo fuori posto: ne fa immediata giustizia la frusta. Ma che diavolo ha fatto Psecas? che colpa ne ha se il tuo naso non ti va a genio? Da manca un'altra ancella spiana, ravvia, inanella le chiome. Alla seduta assiste una vecchia schiava di casa che, ormai messa a riposo, dalle forcine ? passata alla lana: sar? lei la prima a dare un giudizio; poi l'esprimeranno le pi? giovani e meno esperte, quasi ci fosse in gioco l'onore o la vita: tanta ? la preoccupazione d'esser bella! Ordini e ordini di trecce, accumulandosi strato a strato sul capo, rendono imponente l'architettura: vista di fronte sembra Andromaca, di spalle uno scricciolo, tutta un'altra. Che vuoi farci? minuscola ? la taglia che ha avuto in sorte da natura, pi? bassa d'una fanciulla pigmea ? senza tacchi, e per farsi baciare deve sollevarsi in punta di piedi. Al marito non pensa proprio; alle spese, non se ne parli. Vive come se per lui fosse una vicina, ma un legame esiste e ben stretto: odia i suoi amici, i suoi schiavi, pesa sul suo bilancio. Ed ecco entrare il corteo di Bellona e della Madre degli dei: al centro un gigantesco eunuco (figura venerabile soltanto per i suoi seguaci osceni), che ormai da tempo s'? reciso con un coccio affilato i suoi coglioni imbelli; a lui, che su un viso brutale inalbera una tiara frigia, fan corona una turba urlante e i timpani. Un tuono ? la sua voce: intima che si tema l'arrivo di settembre ed Austro, a meno che per voto non gli vengano offerte cento uova e in dono abiti vecchi color foglia morta: cos? la minaccia di quel pericolo temibile e imprevisto si scaricher? sulle vesti e una volta per tutte si liberer? l'anno d'ogni male. E quella fanatica in pieno inverno scender? al fiume e, rotta la crosta di ghiaccio, tre volte al mattino si tuffer? nel Tevere, immergendo nella corrente, sia pur con timore, persino il capo. Poi, nuda, si trasciner? rabbrividendo sulle ginocchia insanguinate lungo tutto il campo di Tarquinio il Superbo. Se la candida Io lo ingiunger?, andr? sino ai confini dell'Egitto per attingere acqua nella calda M?roe e poi aspergerla nel tempio d'Iside che sorge accanto al vecchio ovile. Parola della dea, tali reputa gli ordini: che cuore, che mente! gli dei conversano con lei la notte! Cos? venerazione somma va proprio a costui che, mascherato da Anubi e attorniato dal suo gregge di accoliti in tunica di lino e capo calvo, va in giro tra la gente deridendone lagne e pianti. ? lui che se una moglie ha ceduto all'amplesso nei giorni consacrati all'astinenza, ne invoca il perdono, perch? non sconti la grave punizione che dovrebbe per aver profanato il talamo nuziale: il serpente d'argento ha mosso il capo, l'han visto tutti! Ma le lacrime e le sapienti litanie, che impetrano da Osiride il perdono, impongono per ottenerlo, si capisce, che sia corrotto da un'oca grassa e una focaccia magra. Partito lui, ecco un'ebrea tutta tremante che, deposto il cestello con il fieno, mendica sussurrandoti all'orecchio: l'interprete delle leggi di S?lima ? costei, gran sacerdotessa dell'albero, fedele messaggera delle potenze celesti. Anche a lei si riempie la mano, ma con parsimonia: i giudei per due soldi ti vendono tutti i sogni che vuoi. Un aruspice d'Armenia o di Siria, indagato un polmone di colomba ancora caldo, garantisce un tenero amante o il lascito smisurato di un ricco senza figli: scruta cuori di pollo, viscere di cagnolino e a volte di bambino; compie azioni che lui stesso denunzierebbe. Ma ? ai Caldei che si d? maggior fiducia: da quando tace l'oracolo a Delfi e l'umanit? ? condannata al buio del futuro, qualunque cosa dica un loro astrologo, le donne crederanno che risalga alla fonte di Ammone. E il principe di costoro ? colui che, pi? volte esiliato, con la sua compiacenza e la corrotta delazione fece mandare a morte quel grande cittadino che Otone temeva. Se poi le loro mani han fatto stridere catene e a lungo son stati rinchiusi in cella di rigore, la fiducia nelle loro arti sale alle stelle: nessun astrologo che non vanti condanne avr? fortuna, ma solo chi ha rischiato la forca, chi per un pelo non ? stato esiliato alle Cicladi o ? scampato alla piccola Serifo. Ed ? lui che la tua Tanaquilla consulta sulla morte in sospeso della madre itterica e prima ancora sulla tua, su quando potr? seppellire sorelle e zii, sulle probabilit? che l'amante le sopravviva: cosa mai di pi? potrebbero darle gli dei? Ma almeno ? donna che ignora i sinistri minacciati dall'astro di Saturno, che ignora in quale congiunzione Venere ? benigna, quali sono i mesi propizi e quali dannosi ai profitti. Bada invece di evitare incontri con una donna che tiene in mano un calendario consunto dall'uso come una palla d'ambra: costei non consulta nessuno, viene consultata; e stai tranquillo che non seguir? il marito quando parte per la guerra o rimpatria, se le cabale di Trasillo lo sconsigliano. Quando le vien voglia di scarrozzarsi sino al primo miglio, fissa l'ora col codice alla mano; e se le prude un occhio troppo stropicciato, prima consulta l'oroscopo, poi chiede il collirio; persino quando giace inferma, nessun'ora le pare adatta per mangiare se non ? quella indicata dal suo astrologo. L'indigente far? la spola da un capo all'altro del Circo, estrarr? le sorti e all'indovino, che l'esorta a schioccare ripetutamente le labbra, porger? fronte e mano. I responsi alle ricche li dar? invece un augure fatto venire apposta dalla Frigia, un esperto di costellazioni celesti o qualche vegliardo ingaggiato dallo Stato per consacrare i luoghi colpiti dal fulmine. Il destino dei poveri, quello, sta scritto nel Circo o lungo le mura: cos? la popolana, ostentando una collana d'oro sul collo nudo, davanti alle torri di legno e alle colonne dei delfini, chiede se deve abbandonare l'oste per sposare un venditore di stracci. Ma almeno queste affrontano il rischio del parto e pur assillate dalla miseria sopportano il disagio d'allevare i figli; nei letti d'oro invece puerpere niente, o quasi. Merito delle pratiche e dei farmachi di colei che sa rendere le donne sterili e che dietro compenso sa spegnere la vita sin nell'utero materno. Rall?grati, infelice, porgile tu stesso la pozione da bere: se mai dovesse sformare il suo ventre e subire il tormento di un figlio che scalcia, potresti ritrovarti padre di un etiope, e in poco tempo questo erede di colore, che non vorresti mai guardare in faccia, si approprierebbe di tutto il tuo testamento. Non parlo dei bastardi, raccolti in putridi acquitrini per ingannare voglie e gioie dei mariti: di l? vengono i pontefici e i Salii, che passare si faranno per Scauri. La Fortuna, quella ruffiana, se ne sta sorridendo fra quei bambini nudi, li scalda stringendoli al seno; poi li offre alle famiglie nobili inventandosi la beffa segreta: son loro che ama, per loro si prodiga, spingendoli avanti, avanti come pupilli. Non basta: uno spaccia formule magiche, un altro le vende filtri tessalici capaci di sconvolgere la mente del marito e poterlo cos? prendere a calci nel sedere: ecco la causa del tuo vaneggiare, della mente annebbiata, delle incredibili amnesie su ci? che hai fatto pochi istanti prima. Ma questo ? niente, se tu non cominciassi ad impazzire, come quello zio di Nerone, a cui Cesonia propin? l'intero ipp?mane di un puledrino malfermo sulle gambe: quale donna non imiterebbe l'esempio di una moglie imperiale? Tutto il mondo era in fiamme e a pezzi cadeva in rovina, come se Giunone avesse reso pazzo il marito. Agrippina col suo boleto provoc? meno danno: spense solo il cuore di un vecchio, seppellendo in cielo un capo tremante, una bocca eternamente imbrattata di saliva. Ma quella pozione scatena ferro e fuoco, torture e stragi sanguinose di senatori e cavalieri. Tanto per l'opera d'una avvelenatrice sola ci costa un puledrino! E odiano i figli della concubina: niente proteste, nessuno si opponga, ormai ? di norma assassinare i figliastri. Attenti, giovani rampolli destinati a una ricca eredit?, badate a voi, nessun cibo ? sicuro: astioso in ogni fetta di torta pu? scorrere il veleno della matrigna. Se poi ha figliato anche lei, quel che vi propina l'assaggi prima qualcun altro, e, anche se non vuole, le vostre bibite le gusti prima il precettore. Non crediate che inventi tutto, perch? la mia satira assuma la dignit? della tragedia o perch?, trascendendo norme e limiti della tradizione, io voglia a gran voce intonare un carme nello stile di Sofocle ancora ignoto ai monti r?tuli e al cielo latino. Magari tutto ci? fosse delirio! Ma Ponzia grida: 'Io sono stata, lo confesso: ai miei figli ho dato io il veleno. M'hanno colta sul fatto, ? ovvio: un delitto, s?, l'ho commesso io!'. Due in una sola cena, vipera maledetta, due... 'Anche sette, se sette fossero stati.' Non ho dubbi: dobbiamo credere a ci? che raccontano i tragici sulle atrocit? di Procne e Medea. Mostruosit? orrende perpetrarono ai loro tempi, ? vero, ma almeno non per denaro. Mi stupiscono meno questi orrori, quando ? l'ira che spinge le donne a commetterli, la rabbia arroventata della bile che le trascina a precipizio, come rocce divelte dalla cima, perch? del monte vien meno il sostegno e del pendio crolla a valle il terreno. Ma chi non posso sopportare ? la donna che a mente fredda per calcolo commette un crimine. Assistono alla tragedia di Alcesti che muore al posto del marito: se fosse proposto loro uno scambio simile, per salvare la vita alla cagnetta preferirebbero la morte del marito. Danaidi, Er?fili puoi incontrarle a frotte ogni mattino; non c'? vicolo che non abbia la sua Clitemnestra. La sola differenza ? che la famosa Tindaride impugnava a due mani una rozza e malridotta bipenne; oggi si risolve il problema con un impalpabile polmone di rospo: al ferro si ricorre solo nel caso che l'Atride si sia mitridatizzato sorbendo per prudenza il farmaco di quel re del Ponto che fu vinto tre volte.
Trad. database progettovidio
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