Data:
25/05/2002 3.21.46
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Cicerone, Lettere a Quinto, I, 3 (corpo del testo)
1.mi frater, mi frater, mi frater, tune id veritus es, ne ego iracundia aliqua adductus pueros ad te sine litteris miserim? aut etiam ne te videre noluerim? Ego tibi irascerer? tibi ego possem irasci? Scilicet, tu enim me afflixisti; tui me inimici, tua me invidia, ac non ego te misere perdidi. Meus ille laudatus consulatus mihi te, liberos, patriam, fortunas, tibi velim ne quid eripuerit praeter unum me. Sed certe a te mihi omnia semper honesta et iucunda ceciderunt, a me tibi luctus meae calamitatis, metus tuae, desiderium, maeror, solitudo. "Ego te videre noluerim?" Immo vero me a te videri nolui; non enim vidisses fratrem tuum, non eum, quem reliqueras, non eum, quem noras, non eum, quem flens flentem, prosequentem proficiscens dimiseras, ne vestigium quidem eius nec simulacrum, sed quandam effigiem spirantis mortui. Atque utinam me mortuum prius vidisses aut audisses! utinam te non solum vitae, sed etiam dignitatis meae superstitem reliquissem! 2. Sed testor omnes deos me hac una voce a morte esse revocatum, quod omnes in mea vita partem aliquam tuae vitae repositam esse dicebant: qua in re peccavi scelerateque feci; nam, si occidissem, mors ipsa meam pietatem amoremque in te facile defenderet: nunc commisi, ut me vivo careres, vivo me aliis indigeres, mea vox in domesticis periculis potissimum occideret, quae saepe alienissimis praesidio fuisset.
Fratello mio, fratello mio, fratello mio, tu hai temuto che io, spinto da qualche (motivo di) ira, abbia mandato da te dei servi senza una lettera? O perfino che io non abbia voluto vederti? Io avrei dovuto essere in collera con te? Io potrei arrabbiarmi con te? Come no: infatti sei stato tu ad affliggere me [tu affliggesti me: ovviamente ? ironico]; i tuoi nemici, il tuo odio (hanno rovinato) miseramente me, e non io te! Quel mio consolato (tanto) lodato (vorrei avesse tolto) a me te, i figli, la patria, i beni, a te vorrei non avesse tolto nulla tranne me solo. Ma davvero da te a me sono sempre venute cose tutte quante decorose e piacevoli, da me a te (invece) il lutto per la mia disgrazia, la paura della tua, rimpianto, tristezza, solitudine. Io non avrei voluto vederti? Anzi, al contrario, non ho voluto essere visto da te; infatti non avresti visto tuo fratello, non colui che avevi lasciato, non colui che conoscevi, non colui che in lacrime avevi congedato piangendo [avevi congedato piangendo piangente], che ti accompagnava mentre partivi, neppure una traccia di lui n? un fantasma, ma una specie di immagine di un morto vivente. E volesse il cielo che tu mi avessi visto o saputo morto prima! Volesse il cielo che io ti avessi lasciato superstite non solo della (mia) vita, ma anche della mia dignit?! Ma chiamo a testimoni tutti gli d?i che io sono stato trattenuto dal morire [dalla morte] da quest'unica voce, (cio?) che tutti dicevano che nella mia vita era riposta una parte della tua vita: ma in questa cosa ho sbagliato e mi sono comportato in maniera sciagurata: infatti, se fossi morto, (adesso) la morte stessa testimonierebbe facilmente la mia devozione e il (mio) amore verso di te: ora (invece) ho ottenuto che essendo io (ancor) vivo tu mancassi (di aiuto), che essendo io (ancora) vivo tu avessi bisogno di altri, che la mia voce tacesse proprio quando sono in pericolo i miei cari [nei pericoli domestici], (essa) che spesso era stata baluardo di [era stata di difesa a] persone assolutamente estranee.
Trad. gentilmente offerta da latinovivo.com
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