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Bukowski
Re: Traduzione Plinio il Giovane   stampa
Data:
27/05/2002 20.22.21




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Plinio il Giovane, Epistole, X, 96 [la traduzione ? sotto l'originale]

C. PLINIUS TRAIANO IMPERATORI
(1) Sollemne est mihi, domine, omnia de quibus dubito ad te referre. Quis enim potest melius vel cunctationem meam regere vel ignorantiam instruere? Cognitionibus de Christianis interfui numquam: ideo nescio quid et quatenus aut puniri soleat aut quaeri. (2) Nec mediocriter haesitavi, sitne aliquod discrimen aetatum, an quamlibet teneri nihil a robustioribus differant; detur paenitentiae venia, an ei, qui omnino Christianus fuit, desisse non prosit; nomen ipsum, si flagitiis careat, an flagitia cohaerentia nomini puniantur. Interim, <in> iis qui ad me tamquam Christiani deferebantur, hunc sum secutus modum. (3) Interrogavi ipsos an essent Christiani. Confitentes iterum ac tertio interrogavi supplicium minatus; perseverantes duci iussi. Neque enim dubitabam, qualecumque esset quod faterentur, pertinaciam certe et inflexibilem obstinationem debere puniri. (4) Fuerunt alii similis amentiae, quos, quia cives Romani erant, adnotavi in urbem remittendos.
Mox ipso tractatu, ut fieri solet, diffundente se crimine plures species inciderunt. (5) Propositus est libellus sine auctore multorum nomina continens. Qui negabant esse se Christianos aut fuisse, cum praeeunte me deos appellarent et imagini tuae, quam propter hoc iusseram cum simulacris numinum afferri, ture ac vino supplicarent, praeterea male dicerent Christo, quorum nihil cogi posse dicuntur qui sunt re vera Christiani, dimittendos putavi. (6) Alii ab indice nominati esse se Christianos dixerunt et mox negaverunt; fuisse quidem sed desisse, quidam ante triennium, quidam ante plures annos, non nemo etiam ante viginti. <Hi> quoque omnes et imaginem tuam deorumque simulacra venerati sunt et Christo male dixerunt. (7) Affirmabant autem hanc fuisse summam vel culpae suae vel erroris, quod essent soliti stato die ante lucem convenire, carmenque Christo quasi deo dicere secum invicem seque sacramento non in scelus aliquod obstringere, sed ne furta ne latrocinia ne adulteria committerent, ne fidem fallerent, ne depositum appellati abnegarent. Quibus peractis morem sibi discedendi fuisse rursusque coeundi ad capiendum cibum, promiscuum tamen et innoxium; quod ipsum facere desisse post edictum meum, quo secundum mandata tua hetaerias esse vetueram. (8) Quo magis necessarium credidi ex duabus ancillis, quae ministrae dicebantur, quid esset veri, et per tormenta quaerere. Nihil aliud inveni quam superstitionem pravam et immodicam.
(9) Ideo dilata cognitione ad consulendum te decucurri. Visa est enim mihi res digna consultatione, maxime propter periclitantium numerum. Multi enim omnis aetatis, omnis ordinis, utriusque sexus etiam vocantur in periculum et vocabuntur. Neque civitates tantum, sed vicos etiam atque agros superstitionis istius contagio pervagata est; quae videtur sisti et corrigi posse. (10) Certe satis constat prope iam desolata templa coepisse celebrari, et sacra sollemnia diu intermissa repeti passimque venire <carnem> victimarum, cuius adhuc rarissimus emptor inveniebatur. Ex quo facile est opinari, quae turba hominum emendari possit, si sit paenitentiae locus.

96 C. Plinio all'Imperatore Traiano.
Sire, ? per me una regola di sottoporti tutte le questioni sulle quali ho dei dubbi. Chi infatti potrebbe meglio dirigere la mia incertezza o istruire la mia ignoranza?
Non ho mai partecipato a inchieste sui Cristiani: non so pertanto quali fatti, e in quale misura, si debbano punire o perseguire. E con non piccola esitazione [mi sono chiesto] se non vi siano discriminazioni a cagione dell'et?, o se la tenera et? non debba essere trattata diversamente dall'adulta; se si deve perdonare a chi si pente, oppure se a colui che ? stato comunque Cristiano nulla giova abiurare; se viene punito il solo nome [di Cristiano], anche se mancano atti nefandi, o le nefandezze connesse a quel nome.
Frattanto, ecco come mi sono comportato con coloro che mi sono stati deferiti quali Cristiani. Domandai a loro stessi se fossero Cristiani. A quelli che rispondevano affermativamente ripetei due o tre volte la domanda, minacciando il supplizio: quelli che perseveravano li ho fatti uccidere. Non dubitavo, infatti, qualsiasi cosa fosse ci? che essi confessavano, che si dovesse punire almeno tale pertinacia e inflessibile ostinazione.
Altri, presi dalla stessa follia, poich? erano cittadini romani, li misi in nota per mandarli a Roma. Ben presto, come accade in simili casi, moltiplicandosi le denunce con il proseguire dell'inchiesta, si presentarono parecchi differenti casi. Fu presentata una denuncia anonima contenente i nomi di molte persone. Coloro che negavano di essere Cristiani o di esserlo stati, se invocavano gli d?i secondo la formula che io avevo imposta, e se facevano sacrifici con incenso e vino dinnanzi alla immagine tua, che avevo fatto recare per tale intento insieme alle statue degli d?i, e inoltre maledicevano Cristo, tutte cose che, mi dicono, ? impossibile ottenere da coloro che sono veramente Cristiani, io ho ritenuto dovessero essere rilasciati.
Altri, il cui nome era stato fatto da un denunciatore, dissero di essere Cristiani e poi lo negarono; lo erano stati, ma poi erano cessati di esserlo, alcuni da tre, altri da pi? anni, alcuni perfino da vent'anni. Anche tutti costoro hanno adorato la tua immagine e le statue degli d?i, e maledissero Cristo. D'altra parte, essi affermavano che tutta la loro colpa o il loro errore erano consistiti nell'abitudine di riunirsi in un determinato giorno, avanti l'alba, di cantare fra loro alternatamente un inno a Cristo, come a un dio, e di obbligarsi, con giuramento, non a perpetrare qualche delitto, ma a non commettere furti o brigantaggi o adulteri, a non mancare alla parola data, n? a negare, se invitati, di restituire un deposito. Compiuti i quali riti, avevano l'abitudine di separarsi e di riunirsi ancora per prendere il cibo, ordinario peraltro e innocente. Perfino da questa pratica avevano desistito, dopo il mio decreto, con il quale, secondo i tuoi ordini, avevo vietato le eter?e. Ho ritenuto tanto pi? necessario di strappare la verit?, anche mediante la tortura, a due schiave che venivano dette aiutanti. Ma non venni a scoprire altro che una superstizione irragionevole, smisurata. Perci?, sospendendo l'inchiesta, ricorro a te per consiglio. L'affare mi ? parso degno di tale consultazione, soprattutto per il gran numero dei denunciati: son molti, infatti, di ogni et?, di ogni ceto, di ambedue i sessi, coloro che sono o saranno posti in pericolo. Non ? soltanto nelle citt?, ma anche nelle borgate e nelle campagne, che si ? propagato il contagio di questa superstizione. Mi sembra per? che si possa contenerla e farla cessare.
Mi consta senza dubbio che i templi, ormai quasi disertati, cominciano a essere di nuovo frequentati, e le cerimonie rituali, da tempo interrotte, vengono riprese, e ovunque si vende la carne delle vittime, che fino a ora trovava scarsi acquirenti. Donde ? facile dedurre quale folla di uomini potrebbe essere guarita, se si d? loro la possibilit? di pentirsi.

Trad. BUR

Plinio il Giovane, Epistole, X, 97 [la traduzione ? sotto l'originale]
TRAIANUS PLINIO
(1) Actum quem debuisti, mi Secunde, in excutiendis causis eorum, qui Christiani ad te delati fuerant, secutus es. Neque enim in universum aliquid, quod quasi certam formam habeat, constitui potest. (2) Conquirendi non sunt; si deferantur et arguantur, puniendi sunt, ita tamen ut, qui negaverit se Christianum esse idque re ipsa manifestum fecerit, id est supplicando dis nostris, quamvis suspectus in praeteritum, veniam ex paenitentia impetret. Sine auctore vero propositi libelli <in> nullo crimine locum habere debent. Nam et pessimi exempli nec nostri saeculi est.

97 Traiano a Plinio.
Mio caro Secondo, tu hai seguito la condotta che dovevi nell'esame delle cause di coloro che a te furono denunciati come Cristiani. Perch? non si pu? istituire una regola generale, che abbia per cos? dire valore di norma fissa. Non devono essere perseguiti d'ufficio. Se sono stati denunciati e riconosciuti colpevoli, devono essere condannati, per? in questo modo: chi negher? di essere Cristiano, e ne avr? dato prova manifesta, cio? sacrificando ai nostri d?i, anche se sia sospetto circa il passato, sia perdonato per il suo pentimento.
Quanto alle denunce anonime, esse non devono aver valore in nessuna accusa; perch? detestabile esempio e non degno del nostro tempo.

Trad. BUR

  Traduzione Plinio il Giovane
      Re: Traduzione Plinio il Giovane
 

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