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Mittente:
Bukowski
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Re: Traduzioni urgenti!!!
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Data:
30/05/2002 17.56.03
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Livio, Storia di Roma, V, 37-38 [traduzioni sotto gli originali]
[37] Cum tanta moles mali instaret?adeo occaecat animos fortuna, ubi uim suam ingruentem refringi non uolt?ciuitas quae aduersus Fidenatem ac Veientem hostem aliosque finitimos populos ultima experiens auxilia dictatorem multis tempestatibus dixisset, ea tunc inuisitato atque inaudito hoste ab Oceano terrarumque ultimis oris bellum ciente, nihil extraordinarii imperii aut auxilii quaesiuit. Tribuni quorum temeritate bellum contractum erat summae rerum praeerant, dilectumque nihilo accuratiorem quam ad media bella haberi solitus erat, extenuantes etiam famam belli, habebant. Interim Galli postquam accepere ultro honorem habitum uiolatoribus iuris humani elusamque legationem suam esse, flagrantes ira cuius impotens est gens, confestim signis conuolsis citato agmine iter ingrediuntur. Ad quorum praetereuntium raptim tumultum cum exterritae urbes ad arma concurrerent fugaque agrestium fieret, Romam se ire magno clamore significabant quacumque ibant, equis uirisque longe ac late fuso agmine immensum obtinentes loci. Sed antecedente fama nuntiisque Clusinorum, deinceps inde aliorum populorum, plurimum terroris Romam celeritas hostium tulit, quippe quibus uelut tumultuario exercitu raptim ducto aegre ad undecimum lapidem occursum est, qua flumen Allia, Crustuminis montibus praealto defluens alueo, haud multum infra uiam Tiberino amni miscetur. Iam omnia contra circaque hostium plena erant et nata in uanos tumultus gens truci cantu clamoribusque uariis horrendo cuncta compleuerant sono. [38] Ibi tribuni militum non loco castris ante capto, non praemunito uallo quo receptus esset, non deorum saltem si non hominum memores, nec auspicato nec litato, instruunt aciem, diductam in cornua ne circumueniri multitudine hostium possent; nec tamen aequari frontes poterant cum extenuando infirmam et uix cohaerentem mediam aciem haberent. Paulum erat ab dextera editi loci quem subsidiariis repleri placuit, eaque res ut initium pauoris ac fugae, sic una salus fugientibus fuit. Nam Brennus regulus Gallorum in paucitate hostium artem maxime timens, ratus ad id captum superiorem locum ut ubi Galli cum acie legionum recta fronte concucurrissent subsidia in auersos transuersosque impetum darent, ad subsidiarios signa conuertit, si eos loco depulissit haud dubius facilem in aequo campi tantum superanti multitudine uictoriam fore. Adeo non fortuna modo sed ratio etiam cum barbaris stabat. In altera acie nihil simile Romanis, non apud duces, non apud milites erat. Pauor fugaque occupauerat animos et tanta omnium obliuio, ut multo maior pars Veios in hostium urbem, cum Tiberis arceret, quam recto itinere Romam ad coniuges ac liberos fugerent. Parumper subsidiarios tutatus est locus; in reliqua acie simul est clamor proximis ab latere, ultimis ab tergo auditus, ignotum hostem prius paene quam uiderent, non modo non temptato certamine sed ne clamore quidem reddito integri intactique fugerunt; nec ulla caedes pugnantium fuit; terga caesa suomet ipsorum certamine in turba impedientium fugam. Circa ripam Tiberis quo armis abiectis totum sinistrum cornu defugit, magna strages facta est, multosque imperitos nandi aut inualidos, graues loricis aliisque tegminibus, hausere gurgites; maxima tamen pars incolumis Veios perfugit, unde non modo praesidii quicquam sed ne nuntius quidem cladis Romam est missus. Ab dextro cornu quod procul a flumine et magis sub monte steterat, Romam omnes petiere et ne clausis quidem portis urbis in arcem confugerunt.
37 Incombeva un disastro di enormi proporzioni. Eppure (a tal punto la Fortuna arriva ad accecare le menti dei mortali quando non vuole resistenze ai suoi violenti colpi), la citt? che contro Fidenati e Veienti e altri popoli dei dintorni in molte occasioni era ricorsa alla nomina di un dittatore, ora, contro un nemico mai visto e sentito nominare prima, che le muoveva guerra dagli angoli pi? remoti della terra e dall'Oceano, quella stessa citt? non si cerc? un comandante, un aiuto eccezionale. Chi dirigeva le operazioni erano quei tribuni per la cui temerariet? si era arrivati allo scontro armato: alla leva militare essi dedicarono l'attenzione che di solito era tipica delle campagne di ordinaria amministrazione, arrivando addirittura a ridimensionare la gravit? del conflitto. Nel frattempo i Galli, non appena saputo che agli uomini responsabili di aver violato il diritto delle genti erano toccate cariche pubbliche e che l'ambasceria inviata era stata presa in giro, infiammati dall'ira (sentimento che quel popolo non riesce assolutamente a dominare), tolsero immediatamente il campo e si misero in marcia a tappe forzate. Siccome la loro avanzata velocissima e tumultuante faceva correre alle armi le citt? atterrite e costringeva alla fuga gli abitanti delle campagne, dovunque passavano i Galli gridavano a gran voce che loro marciavano contro Roma: con i cavalli e con le schiere di fanti spiegate sul terreno arrivavano a coprire immensi spazi in lungo e in largo. Il celere sopraggiungere dei nemici, pur essendo stata preceduta da voci e dai messaggeri prima da Chiusi e poi dalle altre citt?, gett? Roma in un terrore cos? forte che ad affrontare i Galli venne inviato ad appena undici miglia dalla citt? - l? dove il fiume Allia, scendendo dai monti Crustumini in una gola profonda, si getta nel Tevere poco sotto la strada - un esercito pi? o meno improvvisato e raccolto in fretta e furia. Ogni punto di quella zona straripava ormai di nemici che, essendo inclini per natura a schiamazzi inutili, con urla spaventose e versi di vario genere riempivano l'atmosfera di un orrendo frastuono. 38 L? i tribuni militari, senza aver scelto in anticipo uno spazio per il campo e senza aver allestito una trincea che potesse fungere da riparo in caso di ritirata, dimentichi, per non dire degli uomini, anche degli d?i, non essendosi minimamente preoccupati di trarre i dovuti auspici e di offrire sacrifici augurali, schierarono l'esercito scegliendo una disposizione ad ali molto allargate per evitare di essere circondati dalla massa dei nemici. Ci? non ostante il fronte non raggiunse l'estensione di quello avversario, mentre l'assottigliarsi dei ranghi nella parte centrale dell'esercito rese debole e poco compatto quel settore. Sulla destra c'era un piccolo rilievo del terreno: i Romani decisero di occuparlo con truppe di riserva, manovra questa che segn? l'inizio del panico e della fuga e insieme costitu? l'unica salvezza per i fuggitivi. Infatti Brenno, il capo dei Galli, temendo che l'esiguo manipolo di nemici mascherasse uno stratagemma, e pensando che i Romani avessero occupato quell'altura per permettere ai contingenti di riservisti di assalire il nemico al fianco e alle spalle non appena i Galli avessero attaccato frontalmente lo schieramento romano, oper? una conversione e si diresse contro i riservisti. Era sicuro che, se fosse riuscito a sloggiarli dalla posizione occupata, lo strapotere numerico dei suoi effettivi non avrebbe avuto difficolt? a ottenere la vittoria nello scontro in pianura. A tal punto dalla parte dei barbari c'era non solo la buona sorte ma anche la tattica militare. Dall'altra parte dello schieramento non c'era nulla che assomigliasse a un esercito romano, n? a livello di comandanti n? a livello di soldati. Il terrore e il pensiero della fuga uniti alla totale dimenticanza di ogni cosa ne avevano ormai pervaso gli animi a tal punto che la maggior parte delle truppe, non ostante l'ostacolo costituito dal Tevere, si precipit? a Veio (una citt? nemica) anzich? fuggire direttamente a Roma tra le braccia di mogli e figli. L'altura protesse per un po' di tempo i riservisti. Ma nel resto dello schieramento, non appena l'urlo dei Galli arriv? dal fianco alle orecchie dei pi? vicini e da dietro ai pi? lontani, i Romani, quasi ancor prima di vedere quel nemico mai incontrato in precedenza e senza non dico tentare la lotta, ma addirittura senza far eco al grido di battaglia, si diedero alla fuga integri di forze e illesi. In battaglia non ci furono vittime. Gli uomini delle retrovie furono gli unici ad avere la peggio perch?, nel disordine della fuga, si intralciarono reciprocamente combattendo gli uni contro gli altri. Sulla riva del Tevere, dove erano fuggiti quelli dell'ala sinistra dopo essersi liberati delle armi, ci fu un immenso massacro: moltissimi, non sapendo nuotare o stremati, gravati dal peso delle corazze e dal resto dell'armamento, annegarono nella corrente. Il grosso dell'esercito riusc? invece a riparare sano e salvo a Veio. E di l? non solo non furono inviati rinforzi a Roma, ma nemmeno la notizia della disfatta. Gli uomini schierati all'ala destra, che si era mantenuta lontana dal fiume in un punto pi? vicino alle pendici del monte, si diressero in massa a Roma e l?, senza nemmeno preoccuparsi di richiudere le porte, ripararono nella cittadella.
Trad. database progettovidio
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