Data:
11/06/2002 16.39.53
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Seneca, Consolazione a Marcia, X, 1-2
10,1. Tutto ci?, o Marcia, che brilla intorno a noi dall'esterno, figli, cariche, ricchezza, vasti atri e vestiboli pieni di una turba di clienti non ammessi, un (nome) famoso, una nobile o bella moglie e le altre cose che restano sospese ad una sorte incerta e mobile, fanno parte di una pompa estranea e a noi affidata: niente di ci? ci ? dato in dono. Con suppellettili raccogliticce, e per di pi? destinate a tornare ai loro padroni, ? adornata la scena: alcune saranno restituite il primo giorno, altre il secondo, poche rimarranno fino alla fine. 2. Non c'? quindi motivo di insuperbirci, come se noi fossimo posti fra cose nostre: abbiamo ricevuto roba in prestito. L'usufrutto ? nostro, il cui tempo lo regola quell'arbitro del suo dono; noi dobbiamo tenere a disposizione ci? che ci ? stato dato fino ad un giorno incerto e, se richiesti, senza lamenti dobbiamo restituirlo: ? proprio di un pessimo debitore muovere rimprovero al creditore.
Trad. Mondadori
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