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Mittente:
Bukowski
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Re: traduzione valerio massimo
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Data:
12/06/2002 15.36.11
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Scusa ritardo, ma in questi giorni ? un casino!
Valerio Massimo, Fatti e detti memorabili, 5.3.2 passim
Priore adhuc querella uibrante alia deinceps exurgit. Africanus superior non solum contusam et confractam belli Punici armis rem publicam, sed paene iam exsanguem atque morientem Karthaginis dominam reddidit. cuius clarissima opera iniuriis pensando ciues <uici> ignobilis eum ac desertae paludis accolam fecerunt. eiusque uoluntarii exilii acerbitatem non tacitus ad inferos tulit, sepulcro suo inscribi iubendo 'ingrata patria, ne ossa quidem mea habes'. quid ista aut necessitate indignius aut querella iustius aut ultione moderatius? cineres ei suos negauit, quam in cinerem conlabi passus non fuerat. igitur hanc unam Scipionis uindictam ingrati animi urbs Romana sensit, maiorem me hercule Coriolani uiolentia: ille enim patriam metu pulsauit, hic uerecundia. de qua [re] ne queri quidem++tanta uerae pietatis constantia++nisi post fata sustinuit.
Mentre la precedente [priore] deplorazione [qui, suppongo da quanto segue, Valerio Massimo sta deplorando esempi di ingratitudine] ? ancora vibrante, (ecco che), a sua volta, ne spunta un'altra. (Scipione) l'Africano Maggiore [superior] rese Roma [rem publicam, lo Stato] signora di Cartagine, quando (la stessa Roma era uscita) non solo malconcia e "distrutta", per via degli scontri [lett. delle armi] della guerra punica, ma praticamente [sed paene iam] sfinita e sull'orlo del baratro [parafrasi per "morientem"]. (Eppure,) i Romani [lett. i (suoi) concittadini] - ricompensando con oltraggio [lett. pl.] le sue straordinarie imprese - lo esiliarono in un oscuro villaggio e in una deserta palude [lett. lo resero abitatore di?]. (Scipione, da parte sua) - non tacendo [lett. non (avendo) taciuto] l'amarezza di tal esilio volontario - (la) [l'acerbit? ? il compl. ogg. sott.] port? (con s?) fin nell'oltretomba, disponendo [iubendo] che fosse scolpita sulla sua tomba (questa frase): "Patria ingrata, non hai neanche le mie ossa". (Ora,) che cosa (c'?) di pi? indegno di una simile imposizione [cio? di esser costretto a non ricevere la sepoltura in patria], o pi? legittimo di questa accusa [che Scipione rivolgeva alla patria], o (infine) di pi? moderato della vendetta di costui [Scipione]? (Egli) neg? le proprie ceneri a Roma [lett. ei, a quella], che (egli stesso) non aveva permesso fosse ridotta in cenere [durante le guerre puniche]. E dunque, Roma prov? quest'unica vendetta di Scipione, (vendetta) dell'ingratitudine (subita). (La quale vendetta fu), per Ercole, (tuttavia) maggiore che la (stessa) violenza di Coriolano [Coriolano aveva ricevuto, anch'egli, accuse immeritate, e nonostante i propri successi, era stato esiliato: si alle? con i Volsci, proprio i nemici di Roma, e diede filo da torcere alla propria patria]: quello [Coriolano], infatti, colp? la patria col terrore, (mentre) questo [Scipione] (la colp?) con la vergogna [cio?, facendola vergognare di se stessa]. Della qual cosa [ovvero, della vendetta ricevuta] (Scipione) si trattenne anche dal lamentarsi, se non dopo la propria morte [cio? con l'incisione di cui sopra, che riportava una denuncia che Scipione, da vivo, non aveva mai voluto esprimere]: cos? grande ? la costanza del vero amore (nei confronti della propria patria)!
Trad. Bukowski
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• traduzione valerio massimo Re: traduzione valerio massimo
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