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Mittente:
Bukowski
Re: tacito annales 13   stampa
Data:
15/06/2002 15.31.46




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Costruzione, costrutti notevoli, traduzione.

[1] Prima mors Iunii Silani proconsulis Asiae paratur per dolum [espressione particolare del complemento di modo-maniera, alla stregua di per vim (con la forza), per insidias (con insidia) etc; ripeto, ? compl. di modo/maniera, e non di mezzo] Agrippinae ignaro Nerone [ablativo assoluto] novo principatu [temporale], non quia violentia ingenii inritaverat exitium, fastiditus segnis et dominationibus aliis, adeo ut C. Caesar sit solitus appellare eum pecudem auream: verum Agrippina - molita [da "molior"] necem L. Silano fratri eius - metuebat ultorem, crebra fama [abl. ass.] vulgi virum insontem - aetate composita, nobilem et e posteris Caesarum, quod spectaretur tunc - anteponendum esse Neroni egresso pueritiam vixdum et adepto per scelus dolum [espressione particolare del complemento di modo-maniera, come sopra]: quippe et Silanus erat abnepos divi Augusti. haec causa necis. P. Celer eques Romanus et Helius libertus fuere [= fuerunt] ministri, impositi [qui regge dat.] rei familiari principis in Asia. venenum datum est ab his proconsuli inter epulas [temporale], apertius quam ut fallerent. nec minus properato Narcissus libertus Claudii - rettuli de iurgiis [argomento] cuius adversus Agrippinam -, agitur ad mortem custodia aspera et necessitate extrema [abl. di causa], invito principe [abl. assoluto], congruebat mire vitiis abditis cuius [riferito a principe] per avaritiam ac prodigentiam.
[2] Ibaturque in caedes, nisi Afranius Burrus et Annaeus Seneca issent obviam. hi - rectores imperatoriae iuventae et concordes, rarum in societate potentiae - pollebant ex aequo diversa arte: [t'ho messo i due punti per scorrevolezza] Burrus militaribus curis et severitate morum, Seneca praeceptis eloquentiae et comitate honesta, iuvantes in vicem, quo facilius retinerent lubricam aetatem principis voluptatibus concessis, si aspernaretur virtutem. certamen utrique erat unum contra ferociam Agrippinae, quae - flagrans cupidinibus cunctis dominationis malae - habebat Pallantem in partibus [habere in partibus, espressione idiomatica], quo auctore [abl. ass. riferito a Pallante] Claudius perverterat semet [rafforzativo di "se"] nuptiis incestis et adoptione exitiosa. sed neque ingenium Neroni infra servos, et Pallas - egressus modum liberti adrogantia tristi - moverat taedium sui. tamen omnes honores cumulabantur in eam [Agrippina] propalam [avv], atque dedit signum matris optimae tribuno petenti more militiae. Et duo lictores (ac) flamonium Claudiale decreti a senatu, , simul funus censorium et consecratio (decreti) Claudio mox.
[3] Die funeris princeps exorsus est laudationem eius, dum enumerabat antiquitatem generis, consulatus ac triumphos maiorem ipse intentus et ceteri; quoque commemoratio artium liberalium et nihil triste accidisse rei publicae ab externis eo regente [abl. ass.] audita pronis animis: postquam flexit ad providentiam sapientiamque, nemo temperare risui, quamquam oratio - composita a Seneca - praeferret cultus multum, ut ingenium amoenum et accommodatum auribus temporis eius fuit illi viro [dativo di possesso]. Seniores - quibus contendere vetera et praesentia est otiosum -, adnotabant Neronem eguisse [qui regge gen.] facundiae alienae, primum ex iis, qui potiti essent rerum. nam dictator Caesar aemulus oratoribus summis; et eloquentia fuit prompta ac profluens Augusto quaeque deceret principem. Tiberius callebat artem quoque, qua expenderet verba, tum validus sensibus aut ambiguus consulto. etiam mens turbata C. Caesaris non corrupit vim dicendi; nec requireres [2a pers. di un "tu" generico] elegantiam in Claudio, quotiens dissereret meditata. Nero detorsit vividum animum in alia annis puerilibus statim: caelare pingere, exercere cantus aut regimen equorum; et aliquando ostendebat elementa doctrinae inesse sibi pangendis carminibus.

1. La prima morte del nuovo principato, preparata dagli intrighi di Agrippina e all'insaputa di Nerone, ? quella di Giunio Silano, proconsole d'Asia. Non gli aveva certo provocato la rovina il suo carattere ribelle, ch? anzi Gaio Cesare era solito chiamarlo ?pecora d'oro?: ma Agrippina, che aveva tramato per la morte di suo fratello, Lucio Silano, temeva di trovare in lui un vendicatore; c'era poi la convinzione, diffusa tra la gente, che a Nerone, appena uscito dalla fanciullezza e giunto al potere attraverso il delitto, era preferibile un uomo maturo, con le mani pulite, nobile e, cosa che allora contava, discendente dai Cesari: anche Silano infatti era pronipote d'Augusto. Questo il motivo dell'assassinio. Esecutori furono il cavaliere romano Publio Celere e il liberto Elio, amministratori dei beni del principe in Asia. Furono costoro a dare al proconsole, durante un banchetto, il veleno, troppo scopertamente per passare inosservati. In modo altrettanto rapido, Narcisso, liberto di Claudio, dei cui scontri con Agrippina ho gi? detto, venne spinto al suicidio dalla dura prigionia e dalla disperazione, ma contro la volont? del principe, ai cui vizi, ancora latenti, perfettamente si accordavano l'avidit? e la prodigalit? di Narcisso.
2. Si profilavano assassini in serie, se non si fossero opposti Afranio Burro e Anneo Seneca. Essi, posti a guida dell'imperatore nella sua giovinezza e, cosa rara nella condivisione di un simile potere, concordi, godevano, con competenze diverse, di pari autorit?: a Burro l'addestramento militare e la lezione di rigore morale, a Seneca il tirocinio nell'eloquenza e un comportamento affabile ma dignitoso. Collaboravano per poter pi? facilmente tenere sotto controllo, con piaceri leciti, l'et? del principe, piena di pericoli, se avesse disprezzato la virt?. La lotta comune era contro la prepotenza di Agrippina che, infiammata da tutte le voglie di una pessima tiranna, aveva dalla sua Pallante, per opera del quale Claudio si era rovinato con nozze incestuose e con una adozione esiziale. Ma Nerone, col suo carattere, non poteva sottostare a degli schiavi, e Pallante, avendo travalicato con meschina arroganza i limiti della sua condizione di liberto, lo aveva colmato di fastidio. Tuttavia, sul piano formale, tutti gli onori erano diretti alla persona di Agrippina; e Nerone, a un tribuno che gli chiedeva, secondo il regolamento, la parola d'ordine, disse: ?Ottima madre?. Il senato le assegn? due littori e la carica di sacerdotessa del divo Claudio, e a questi pubbliche onoranze funebri e, pi? tardi, l'apoteosi.
3. Il giorno del funerale, Nerone pronunci? l'elogio del principe. Finch? parl? dell'antica nobilt? della stirpe, enumerando consolati e trionfi degli antenati, la seria tensione dell'oratore si trasmetteva a chi lo ascoltava; anche il ricordo dei suoi studi letterari e l'asserzione che, sotto la sua guida, nessun triste evento aveva patito lo stato da forze straniere, furono ascoltati con rispetto; ma quando pass? alla preveggenza e saggezza di Claudio, nessuno pot? evitare di sorridere, bench? il discorso, scritto da Seneca, fosse di fattura pregevole, col sigillo del suo ingegno suggestivo e sensibile al gusto contemporaneo. I pi? anziani, cui piace confrontare il passato col presente, osservavano che Nerone, primo fra quanti erano saliti al potere, aveva avuto bisogno dell'eloquenza altrui. Il dittatore Cesare infatti aveva gareggiato coi massimi oratori; la parola di Augusto era pronta e fluida, come s'addiceva a un principe. Tiberio conosceva anche le tecniche per misurare l'espressione, densa di contenuto a volte e deliberatamente ambigua in altre. Anche la mente malata di Gaio Cesare non aveva compromesso la forza delle sue parole; e Claudio non mancava di eleganza, se parlava su argomenti meditati. Nerone, fin da fanciullo, dirott? il suo vivido ingegno ad altre attivit?, a scolpire, a dipingere, all'esercizio del canto o dell'equitazione; talvolta, nel comporre versi, mostrava di non essere sprovvisto di cultura.
  tacito annales 13
      Re: tacito annales 13
 

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