Data:
16/06/2002 20.46.02
rispondi
al msg
nuovo
msg
cerca nel forum
torna
all'indice |
Ovidio, Metamorfosi, VIII, 183-262 [la traduzione ? sotto il testo latino]
Daedalus interea Creten longumque perosus exilium tactusque loci natalis amore clausus erat pelago. 'terras licet' inquit 'et undas 185 obstruat: et caelum certe patet; ibimus illac: omnia possideat, non possidet aera Minos.' dixit et ignotas animum dimittit in artes naturamque novat. nam ponit in ordine pennas a minima coeptas, longam breviore sequenti, 190 ut clivo crevisse putes: sic rustica quondam fistula disparibus paulatim surgit avenis; tum lino medias et ceris alligat imas atque ita conpositas parvo curvamine flectit, ut veras imitetur aves. puer Icarus una 195 stabat et, ignarus sua se tractare pericla, ore renidenti modo, quas vaga moverat aura, captabat plumas, flavam modo pollice ceram mollibat lusuque suo mirabile patris impediebat opus. postquam manus ultima coepto 200 inposita est, geminas opifex libravit in alas ipse suum corpus motaque pependit in aura; instruit et natum 'medio' que 'ut limite curras, Icare,' ait 'moneo, ne, si demissior ibis, unda gravet pennas, si celsior, ignis adurat: 205 inter utrumque vola. nec te spectare Booten aut Helicen iubeo strictumque Orionis ensem: me duce carpe viam!' pariter praecepta volandi tradit et ignotas umeris accommodat alas. inter opus monitusque genae maduere seniles, 210 et patriae tremuere manus; dedit oscula nato non iterum repetenda suo pennisque levatus ante volat comitique timet, velut ales, ab alto quae teneram prolem produxit in aera nido, hortaturque sequi damnosasque erudit artes 215 et movet ipse suas et nati respicit alas. hos aliquis tremula dum captat harundine pisces, aut pastor baculo stivave innixus arator vidit et obstipuit, quique aethera carpere possent, credidit esse deos. et iam Iunonia laeva 220 parte Samos (fuerant Delosque Parosque relictae) dextra Lebinthos erat fecundaque melle Calymne, cum puer audaci coepit gaudere volatu deseruitque ducem caelique cupidine tractus altius egit iter. rapidi vicinia solis 225 mollit odoratas, pennarum vincula, ceras; tabuerant cerae: nudos quatit ille lacertos, remigioque carens non ullas percipit auras, oraque caerulea patrium clamantia nomen excipiuntur aqua, quae nomen traxit ab illo. 230 at pater infelix, nec iam pater, 'Icare,' dixit, 'Icare,' dixit 'ubi es? qua te regione requiram?' 'Icare' dicebat: pennas aspexit in undis devovitque suas artes corpusque sepulcro condidit, et tellus a nomine dicta sepulti. 235 Hunc miseri tumulo ponentem corpora nati garrula limoso prospexit ab elice perdix et plausit pennis testataque gaudia cantu est, unica tunc volucris nec visa prioribus annis, factaque nuper avis longum tibi, Daedale, crimen. 240 namque huic tradiderat, fatorum ignara, docendam progeniem germana suam, natalibus actis bis puerum senis, animi ad praecepta capacis; ille etiam medio spinas in pisce notatas traxit in exemplum ferroque incidit acuto 245 perpetuos dentes et serrae repperit usum; primus et ex uno duo ferrea bracchia nodo vinxit, ut aequali spatio distantibus illis altera pars staret, pars altera duceret orbem. Daedalus invidit sacraque ex arce Minervae 250 praecipitem misit, lapsum mentitus; at illum, quae favet ingeniis, excepit Pallas avemque reddidit et medio velavit in aere pennis, sed vigor ingenii quondam velocis in alas inque pedes abiit; nomen, quod et ante, remansit. 255 non tamen haec alte volucris sua corpora tollit, nec facit in ramis altoque cacumine nidos: propter humum volitat ponitque in saepibus ova antiquique memor metuit sublimia casus. Iamque fatigatum tellus Aetnaea tenebat 260 Daedalon, et sumptis pro supplice Cocalus armis mitis habebatur.
Ma intanto Dedalo, insofferente d'essere confinato a Creta da troppo tempo e punto dalla nostalgia della terra natale, era bloccato dal mare. ?Che Minosse mi sbarri terra ed acqua,? rimugin?, ?ma il cielo ? pur sempre aperto: passeremo di l?. Sar? padrone di tutto, ma non dell'aria!?. E subito dedica il suo ingegno a un campo ancora inesplorato, sovvertendo la natura. Dispone delle penne in fila, partendo dalle pi? piccole via via seguite dalle pi? grandi, in modo che sembrano sorte su un pendio: cos? per gradi si allarga una rustica zampogna fatta di canne diseguali. Poi al centro le fissa con fili di lino, alla base con cera, e dopo averle saldate insieme, le curva leggermente per imitare ali vere. Icaro, il suo figliolo, gli stava accanto e, non sapendo di scherzare col proprio destino, raggiante in volto, acchiappava le piume che un soffio di vento sollevava, o ammorbidiva col pollice la cera color dell'oro, e cos? trastullandosi disturbava il lavoro prodigioso del padre. Quando all'opera fu data l'ultima mano, l'artefice prov? lui stesso a librarsi con due di queste ali e battendole rimase sospeso in aria. Le diede allora anche al figlio, dicendogli: ?Vola a mezza altezza, mi raccomando, in modo che abbassandoti troppo l'umidit? non appesantisca le penne o troppo in alto non le bruci il sole. Vola tra l'una e l'altro e, ti avverto, non distrarti a guardare Bo?te o ?lice e neppure la spada sguainata di Or?one: vienimi dietro, ti far? da guida?. E mentre l'istruiva al volo, alle braccia gli applicava quelle ali mai viste. Ma tra lavoro e ammonimenti, al vecchio genitore si bagnarono le guance, tremarono le mani. Baci? il figlio (e furono gli ultimi baci), poi con un battito d'ali si lev? in volo e, tremando per chi lo seguiva, come un uccello che per la prima volta porta in alto fuori del nido i suoi piccoli, l'esorta a imitarlo, l'addestra a quell'arte rischiosa, spiegando le sue ali e volgendosi a guardare quelle del figlio. E chi li scorge, un pescatore che dondola la sua canna, un pastore o un contadino, appoggiato l'uno al suo bastone e l'altro all'aratro, resta sbalordito ritenendoli d?i in grado di solcare il cielo. E gi? s'erano lasciati a sinistra le isole di Samo, sacra a Giunone, Delo e Paro, e a destra avevano Lebinto e Calimne, ricca di miele, quando il ragazzo cominci? a gustare l'azzardo del volo, si stacc? dalla sua guida e, affascinato dal cielo, si diresse verso l'alto. La vicinanza cocente del sole ammorbid? la cera odorosa, che saldava le penne, e infine la sciolse: lui agit? le braccia spoglie, ma privo d'ali com'era, non fece pi? presa sull'aria e, mentre a gran voce invocava il padre, la sua bocca fu inghiottita dalle acque azzurre, che da lui presero il nome. Ormai non pi? tale, il padre sconvolto: ?Icaro!? gridava, ?Icaro, dove sei?? gridava, ?dove sei finito? Icaro, Icaro!? gridava, quando scorse le penne sui flutti, e allora maledisse l'arte sua; poi ricompose il corpo in un sepolcro e quella terra prese il nome dal sepolto. Mentre Dedalo tumulava il corpo di quel figlio sventurato, da un fosso fangoso lo scorse una pernice cinguettante, che sbattendo le ali manifest? la sua gioia con un trillo. Mai vista in passato, era ancora un esemplare unico, un uccello appena creato, ma per te, Dedalo, un'accusa senza fine. Tua sorella infatti, ignorandone il destino, t'aveva affidato il suo figliolo perch? l'istruissi, un ragazzo di dodici anni appena, ma d'ingegno aperto ai tuoi insegnamenti. Questi, tra l'altro, notate le lische nel corpo dei pesci, le prese a modello e intagli? in una lama affilata una serie di denti, inventando la sega. E fu lui il primo che avvinse due aste metalliche a un perno, in modo che rimanendo fissa tra loro la distanza, l'una stesse ferma in un punto e l'altra descrivesse un cerchio. Preso dall'invidia, Dedalo lo gett? gi? dalla sacra rocca di Pallade, inventandosi che era caduto; ma la dea, che protegge gli uomini d'ingegno, sostenne il giovinetto e lo mut? in uccello, vestendolo di penne ancora a mezz'aria. Cos? l'agilit? che possedeva il suo straordinario ingegno pass? in ali e zampe, mentre il nome rimase qual era. Tuttavia questo uccello non si leva molto in alto e non fa il nido sui rami o in cima alle alture; svolazza raso terra, depone le uova nelle siepi e, memore dell'antica caduta, evita le altezze. Dedalo intanto, affaticato, aveva raggiunto le terre dell'Etna, dove C?calo, che avrebbe preso le armi in suo favore, gli era benigno.
Trad. database progettovidio
|