Data:
17/06/2002 23.30.17
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Costruzione, costrutti notevoli, traduzione.
[4] Ceterum peractis imitamentis [abl. ass.] tristitiae - ingressus [in + gradior; ricordati che questo verbo, nella sua forma composta, diviene transitivo, avendo, come dire, "incorporato" l' "in"] curiam et praefatus [da praefor: ricordati che i participi perfetti/passati dei deponenti hanno valore attivo] de auctoritate [argomento] patrum et consensu militum, memoravit - sibi - consilia et exempla capessendi imperii [gerundivo] egregie, neque iuventam imbutam [accusativo di relazione o "alla greca"] armis civilibus aut discordiis domesticis; adferre [infinito storico; ha valore di imperfetto indicativo] nulla odia, nullas iniurias nec cupidinem ultionis. tum praescripsit formam futuri principis, declinans ea maxime, quorum invidia recens flagrabat. non enim se fore ["perifrastico"] iudicem negotiorum omnium, ut potentia paucorum grassaretur clausis accusatoribus et reis intra unam domum; nihil venale aut pervium [sost.] ambitioni (fore) in penatibus suis [idiomatica: a casa sua]; domum et rem publicam discretam. senatus teneret [congiuntivo concessivo] munia antiqua, Italia et provinciae publicae adsisterent [congiuntivo concessivo] consultum tribunalibus: illi praeberent aditum patrum, se consulturum mandatis exercitibus. [5] Nec defuit fides [idiomatica], multaque constituta sunt arbitrio senatus [genitivo]: ne quis emeretur mercede aut donis ad orandam causam [costrutto gerundivo finale], ne necessitas[quidem] esset quaestoribus designatis edendi [gerundio] gladiatores. quod quidem adversante Agrippina [abl. assoluto con valore concessivo], tamquam acta Claudii subverterentur, patres obtinuere [= obtinuerunt], qui vocabantur in Palatium ob id, ut adstaret discreta [riferito ad Agrippina] a tergo velo additis foribus, quod arceret visum, non adimeret auditus. quin et legatis orantibus [abl. assoluto, con valore temporale] causam gentis Armeniorum apud Neronem, parabat [il sogg. ? Agrippina] escendere suggestum imperatoris et praesidere simul, nisi Seneca admonuisset occurrere venienti matri, ceteris defixis [abl. assoluto] pavore [causa]. ita specie pietatis itum obviam dedecori. [14] Nec qui in deterius referrent defuere [= defuerunt]. et Nero - infensus iis, quibus superbia muliebris innitebatur, - demovet [regge abl. semplice - cura - dato che ha "incorporato" il "de"] Pallantem cura rerum, quis impositus a Claudio agebat velut arbitrium regni; atque - degrediente eo [abl. assoluto, temporale] magna multitudine prosequentium - , ferebatur [il sogg. ? Nerone] dixisse non absurde Pallantem ire, ut eiuraret. sane Pallas pepigerat, ne interrogaretur cuius facti in praeteritum atque haberet rationes pares cum [quest'ultima ? un'espressione idiomatica] re publica. Praeceps posthac Agrippina ruere [= ruit] ad terrorem et minas, neque abstinere auribus principis, quo minus testaretur Britannicum esse adultum iam, veram dignamque stirpem suscipiendo imperio patris, quod insitus et adoptivus exerceret per iniurias [espressione di modo/maniera] matris. se non abnuere, quin [non abnuere quin, idiomatica] mala cuncta - in primis nuptiae suae, veneficium suum - infelicis domus patefierent: id provisum diis et sibi solum, quod privignus viveret. Ituram [perifrastico] in castra cum illo; hinc filia Germanici, in[de] debilis Burrus et exul Seneca audiretur, scilicet trunca manu et professoria lingua expostulantes regimen generis humani. simul intendere [infiniti storici; hanno valore di imperfetti indicativi] manus, adgerere probra, invocare Claudium consecratum, manes inferno[s] Silanorum et tot facinora inrita.
4. Comunque, conclusa la sua recita del dolore, entr? in curia e, dopo un preambolo sull'autorevole posizione espressa dal senato e sul consenso dei soldati alla sua nomina, ricord? i consigli e gli esempi cui conformarsi per esercitare bene il potere: la sua giovinezza si era formata lontano da guerre civili e discordie familiari; quanto a s?, non provava rancori, offese, desiderio di vendetta. Deline? i principi del futuro principato, in cui voleva particolarmente evitare quei comportamenti, verso i quali l'ostilit? era ancor viva e bruciante. Dichiar? infatti la sua intenzione di non essere giudice di tutte le cause, col risultato di lasciar imperversare la prepotenza di pochi, come quando, entro un'unica casa, stanno accusatori e accusati; nessuna tolleranza ci sarebbe stata sotto il suo tetto alla venalit? e all'intrigo; il palazzo e lo stato erano due cose diverse. Il senato poteva conservare le sue competenze, mentre l'Italia e le province dello stato dovevano ricorrere ai tribunali dei consoli, ai quali toccava dare accesso al senato; sua invece la responsabilit? degli eserciti, a lui affidati. 5. Mantenne la parola, e molte furono le deliberazioni prese per volont? del senato, come il divieto di ricevere compensi o doni per difendere una causa e come la cancellazione dell'obbligo, per i questori designati, di organizzare spettacoli di gladiatori a proprie spese. Su questo punto, nonostante l'opposizione di Agrippina, quasi che fossero sovvertite le disposizioni di Claudio, riuscirono a prevalere i senatori, i quali venivano riuniti a palazzo, proprio perch? lei potesse presenziare, per mezzo di un vano praticato sul fondo della sala e chiuso da una tenda, che impedisse agli altri di vederla, ma le permettesse di sentire. Anzi, una volta che una delegazione armena perorava, davanti a Nerone, a favore del proprio popolo, Agrippina stava per salire sul palco imperiale e presiedere all'udienza insieme al figlio, ma per fortuna Seneca, mentre gli altri se ne stavano inchiodati dalla paura, sugger? a Nerone di muovere incontro alla madre. Cos?, con la finta di un omaggio filiale, si evit? uno scandalo. 14. Non manc? chi riferisse tali parole, stravolgendole in peggio. E Nerone, ostile a quanti fornivano un appoggio ai modi dispotici della madre, rimuove Pallante dall'amministrazione dei beni dell'imperatore, carica avuta da Claudio e che lo rendeva quasi arbitro del regno. Si racconta che, mentre Pallante se ne andava, con tutto un seguito di persone a lui legate, Nerone abbia detto, con azzeccata battuta, che Pallante andava a pronunciare il giuramento di onest?. In realt? costui aveva pattuito di non essere chiamato a rispondere della gestione passata e che la sua partita con lo stato si considerasse chiusa. Dopo di che Agrippina, irrefrenabile, pass? a intimidazioni e minacce, e volle farsi sentire dal principe affermare che ormai Britannico era adulto, vero e degno successore del padre a quel potere che Nerone, intruso e adottato, esercitava grazie agli intrighi della madre; che era disposta a lasciar venire alla luce tutti i misfatti di quell'infelice famiglia, a cominciare dal suo matrimonio e dall'avvelenamento; che per merito degli d?i e suo si era provveduto ad un'unica cosa: che il figliastro vivesse; che voleva andare con lui alla caserma dei pretoriani, dove si sarebbero ascoltati da un lato la figlia di Germanico e dall'altro l'invalido Burro e l'esule Seneca, col suo moncherino il primo e con la lingua da professore il secondo, nell'atto di chiedere il governo del genere umano. E intanto agitava le braccia, scagliava un mare di insulti e invocava il divinizzato Claudio, i Mani dall'oltretomba dei Silani e i tanti delitti che a nulla erano serviti.
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