Data:
22/06/2002 17.10.08
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Lucrezio, La natura, III, 1053-1085: La noia. [la traduzione ? sotto il testo latino]
Si possent homines, proinde ac sentire videntur pondus inesse animo, quod se gravitate fatiget, 1055 e quibus id fiat causis quoque noscere et unde tanta mali tam quam moles in pectore constet, haut ita vitam agerent, ut nunc plerumque videmus quid sibi quisque velit nescire et quaerere semper, commutare locum, quasi onus deponere possit. 1060 exit saepe foras magnis ex aedibus ille, esse domi quem pertaesumst, subitoque <revertit>, quippe foris nihilo melius qui sentiat esse. currit agens mannos ad villam praecipitanter auxilium tectis quasi ferre ardentibus instans; 1065 oscitat extemplo, tetigit cum limina villae, aut abit in somnum gravis atque oblivia quaerit, aut etiam properans urbem petit atque revisit. hoc se quisque modo fugit, at quem scilicet, ut fit, effugere haut potis est: ingratius haeret et odit 1070 propterea, morbi quia causam non tenet aeger; quam bene si videat, iam rebus quisque relictis naturam primum studeat cognoscere rerum, temporis aeterni quoniam, non unius horae, ambigitur status, in quo sit mortalibus omnis 1075 aetas, post mortem quae restat cumque manendo.
Denique tanto opere in dubiis trepidare periclis quae mala nos subigit vitai tanta cupido? certe equidem finis vitae mortalibus adstat nec devitari letum pote, quin obeamus. 1080 praeterea versamur ibidem atque insumus usque nec nova vivendo procuditur ulla voluptas; sed dum abest quod avemus, id exsuperare videtur cetera; post aliud, cum contigit illud, avemus et sitis aequa tenet vitai semper hiantis.
Se gli uomini, come si vede che sentono di avere in fondo all'animo un peso che con la sua gravezza li affatica, potessero anche conoscere da che cause ci? provenga e perch? una s? grande mole, per cos? dire, di male nel petto persista, non cos? passerebbero la vita, come ora per lo pi? li vediamo: ognuno non sa quel che si voglia e cerca sempre di mutar luogo, quasi potesse deporre il suo peso. Esce spesso fuori del grande palazzo colui che lo stare in casa ha tediato, e s?bito ?ritorna?, giacch? sente che fuori non si sta per niente meglio. Corre alla villa, sferzando i puledri, precipitosamente, come se si affrettasse a recar soccorso alla casa in fiamme; sbadiglia immediatamente, appena ha toccato la soglia della villa, o greve si sprofonda nel sonno e cerca l'oblio, o anche parte in fretta e furia per la citt? e torna a vederla. Cos? ciascuno fugge s? stesso, ma, a quel suo 'io', naturalmente, come accade, non potendo sfuggire, malvolentieri gli resta attaccato, e lo odia, perch? ? malato e non comprende la causa del male; se la scorgesse bene, ciascuno, lasciata ormai ogni altra cosa, mirerebbe prima di tutto a conoscere la natura delle cose, giacch? ? in questione non la condizione di un'ora sola, ma quella del tempo senza fine, in cui i mortali devono aspettarsi che si trovi tutta l'et?, qualunque essa sia, che resta dopo la morte. Infine, a trepidare tanto nei dubbiosi cimenti quale trista brama di vita con tanta forza ci costringe? Senza dubbio un termine certo della vita incombe ai mortali, n? la morte si pu? evitare, dobbiamo incontrarla. Inoltre, ci moviamo nello stesso giro e vi rimaniamo sempre, n? col continuare a vivere si produce alcun nuovo piacere; ma, finch? ci? che bramiamo ? lontano, sembra che esso superi ogni altra cosa; poi, quando abbiamo ottenuto quello, altro bramiamo e un'uguale sete di vita sempre in noi avidi riarde.
Trad. database progettovidio
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