Data:
22/06/2002 17.52.35
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Ti invio degli estratti tratti da due ottime letterature, che credono possano interessarti, quindi un estratto da un sito web.
Bukowski
Gli estratti dalle letterature. I tentativi di Augusto per riportare in onore il teatro tragico - si ricordi l'epistola II2, oltre all'Ars poetica, di Orazio [111 IV 6] - erano falliti [?]; Seneca riprende quel progetto per farsi banditore del pensiero stoico, sottolineando la forza terribile dei sentimenti istintivi - odio, amore, gelosia, ambizione - ed esaltando la virtus del saggio. L'azione si svolge secondo i canoni classici: dialoghi e monologhi quasi sempre in trimetri giambici, parti corali - staccate dall'azione - in versi lirici, che sono qui anapesti e metri oraziani. La razionalit? della virtus ? celebrata contro la pazzia delle passioni, in un tono che ? per lo pi? violento ed enfatico, sentenzioso e rivolto a scuotere il pubblico. I personaggi ricordano i tipi fissi delle esercitazioni retoriche, pi? simboli che individualit? complesse e reali. Concepite - non pare dubbio - per essere rappresentate, le tragedie erano affidate pi? alla recitazione pubblica di singoli brani, come avveniva per l'oratoria, e alla privata lettura. Il poeta insiste sugli aspetti pi? truci e macabri, sulle scene ad effetto. Cos? nel Tieste, dove Atreo imbandisce all'odiato fratello le carni dei figli. Come nell'episodio dell'uccisione dei figli da parte di Ercole, nell'Hercules furens, o in quello del protagonista che s'acceca, nell'Edipo, l'esasperata insistenza sui particolari orripilanti caratterizza il dramma senecano - frutto di una nuova sensibilit?, estremamente tesa e angosciata - rispetto ai modelli greci. L'uomo ? solo sulla terra, e in questa sua solitudine le passioni s'ingigantiscono e scoppiano con violenza inaudita. Questa violenza e l'intensit? del color tragicus si richiamano al 'barocco' dell'arte d'et? neroniana. Pi? riposati, anche se meno originali, sono di solito i canti del coro.
[Mariotti - La letteratura latina, Zanichelli - pagg. 479-480]
La rappresentazione dell'orrido e le allusioni politiche. - Cos? il teatro di Seneca si alimenta dell'ideologia stoica del tempo, ma rappresenta anche il trionfo del pessimismo nei riguardi del valore della vita umana. Un tema di fondo ? costituito dalla viva rilevanza che nel gioco delle parti occupa l'abiezione morale della tirannide. Nel mondo di questi personaggi, dominati da funeste e atroci passioni, l' ?umano? sembra scomparire del tutto, sommerso dall' ?animalit?? che spegne nel tiranno la luce dell'intelligenza. Il poeta a tinte fosche, con una insistenza ossessiva, presenta in un quadro che fa rabbrividire la terribile condizione dei regnanti, il cui potere si fonda sulla paura, sul terrore, sull'odio, sul sangue. Dietro i personaggi di queste tragedie si camuffano alcuni aspetti delle bieche personalit? di Tiberio, di Caligola, di Claudio, di Nerone: di questi regnanti i personaggi di Seneca ripetono parole, azioni, comportamenti. Non si pu? essere certi del carattere politico di questa o quella allusione, ma l'impressione che la lettura di una tragedia di Seneca d? ? profondamente allusiva all'aspetto politico di alcuni avvenimenti del tempo. La rappresentazione dell'orrido e del truce, cos? tipica della tragedia di Seneca, ? dal poeta messa in evidenza con gli accorgimenti della retorica, asianeggiante , del 'nuovo stile' tendente al barocco; ? senz'altro l'aspetto frequente che il teatro italiano del '500 e dell'et? barocca prediliger? imitare (cos? anche il teatro elisabettiano e Shakespeare).
[Cupaiuolo, Letteratura latina, Loffredo, 299-300]
Estratto internet:
3.1 la medea "NERA" di seneca Il teatro latino si era gi? occupato, con Ennio e Accio, di Medea, ma pochi frammenti rimangono delle due tragedie che avevano come protagonista la donna di Colchide. Si deve comunque pensare, a giudicare dai frammenti, che rispettassero fedelmente la struttura del dramma di Euripide. Seneca, invece, pur rispettando, in generale, la trama euripidea, traspone Medea su un piano infernale, legato all'occultismo e alle pratiche di magia nera, in cui il suo agire ? ispirato da fredda e premeditata crudelt?. La tragedia di Seneca si apre proprio con una preghiera della protagonista alle divinit? infere, che proietta sulla scena una luce sinistra e demoniaca fin dalle prime battute del dramma. Poi si dipana la vicenda: una vicenda in cui la ragione viene sconfitta, in cui il logos ? annullato dall'ira: il Male, quel Male che Medea incarna, trionfa, con il suo corollario di terrore e di morte. Centro della tragedia non ? pi?, come in Euripide, la realt? psicologica dell'eroina, con i suoi dissidi interiori, con il contrasto tra la ragione e la follia della passione, ma sta proprio in questa macabra, perfida, inumana violenza di cui Medea ? protagonista. Al verso 910 si legge: "Medea nunc sum; crevit ingenium malis", " Ora sono Medea, il mio io ? maturato nel male"2 ,ed ? addirittura ebbrezza quella che prende Medea al ricordo di tutti i crimini commessi: ella ?, nella sua terribile crudelt?, strumento della giustizia divina, che punisce cos? l'empiet? dell'impresa degli Argonauti. Giasone paga la violazione dei limiti consentiti all'uomo, non con la vita, come molti dei suoi compagni, ma con la morte dei figli, che Medea scaglia, ormai cadaveri, ai piedi del padre; un padre, un eroe, buono e giusto, colpevole, per?, dell'originario peccato di  " E quindi, se la sventura di Giasone ha una giusta causa, a Medea non resta nulla da rivendicare per un ipotetico riscatto. Tutto quello che ha fatto, per amore o per rancore, si configura come opera di un demone del male" .
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