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Mittente:
Bukowski
Re: Seneca   stampa
Data:
23/06/2002 22.01.03




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III.
1. Ostendam hoc placere Stoicis quoque, non quia dixerim legem mihi committere nihil contra dictum Zenonis Chrysippiue, sed quia res ipsa patitur me ire in sententiam illorum, quoniam si quis sequitur unius semper, non est in curia sed in factione. Vtinam quidem omnia tenerentur iam et ueritas esset in aperto et confesso (at)que mutaremus nihil ex decretis! nunc quaerimus ueritatem cum eis ipsis qui docent.

3,1. Io (ti) mostrer? che ci? lo vogliono anche gli Stoici, non perch? io mi sia stabilito la legge di nulla commettere contro le affermazioni [dictum] fatte da Zenone o da Crisippo, ma perch? l'argomento in s? [res ipsa; lett. la cosa stessa] permette che io mi schieri dalla parte [ire in + acc.; espressione idiomatica] del parere di costoro: poich? se qualcuno segue sempre il parere ["sententiam" qui ? sottinteso] di uno solo, sta non dentro il senato [curia], ma dentro un partito [factione]. Volesse il cielo [utinam] che ogni problema [omnia; che tutte le cose] fosse gi? ben conosciuto, che la verit? fosse palese e aperta [in aperto et confesso], e nulla mutassimo di quanto ? stato deciso [ex decretis; partitivo]; ora (invece) noi cerchiamo la verit? insieme a coloro che la insegnano.

2. Sectae duae - Epicureorum et Stoicorum - dissident in hac re et maxime, sed utraque mittit ad otium uia diuersa. Epicurus ait: 'sapiens non accedet ad rem publicam, nisi si quid interuenerit'; Zenon ait: 'accedet ad rem publicam, nisi si quid inpedierit.'

2. Le due Scuole [sectae] - degli Epicurei e degli Stoici - sono in contrasto [dissident] massimamente anche [et = etiam] su questo fatto, ma entrambe [utraque; il soggetto ? logicamente plurale, ma grammaticalmente, per cos? dire, singolare] mandano alla vita ritirata, (pur) attraverso vie opposte [uia diuersa; oscilla tra abl. mezzo e modo]. Epicuro afferma: ?Il saggio non si avviciner? alla politica [ad rem publicam], a meno che [nisi] qualche cosa non lo avr? intralciato in questa sua decisione?; Zenone afferma: ?Si avviciner? alla politica, a meno che qualche cosa non glielo avr? impedito [consecutio, come sopra - futuro semplice e fut. ant.]?.

3. Alter petit otium ex proposito, alter ex causa; autem causa illa patet late. Si res publica est corruptior <ut> possit quam adiuuari, si est occupata malis, sapiens non nitetur in superuacuum nec se inpendet nihil profuturus [da "prosum", essere utile, giovare; participio futuro; si habebit parum auctoritatis aut uirium[epesegetici] nec res publica admissura erit [perifrastica attiva] illum, si ualetudo inpediet illum, quomodo [come il successivo, in correlazione col seguente "sic"] non deduceret nauem quassam in mare, quomodo debilis non daret nomen in militiam, sic non accedet ad iter quod sciet inhabile.

3. L'uno cerca la vita ritirata come di proposito, l'altro in base ad un motivo (occasionale); ma quel motivo occasionale si manifesta per largo spazio [late; avv.]. Se lo Stato ? troppo corrotto perch? sia possibile gli si rechi aiuto, se ? gi? in balia dei mali, il saggio non vi dedicher? un inutile sforzo [non nitetur in superuacuum; idiomatico] n? spender? s? stesso, perch? sa che non potr? essere di alcun aiuto; se avr? troppo poca autorevolezza e troppo poche forze e la vita politica non sar? pronta ad accoglierlo, se le condizioni di salute [valetudo] glielo impediranno, come non farebbe scendere in mare una nave sconquassata, come non si arruolerebbe [dare nomen in militiam, espressione idiomatica = arruolarsi] se fosse invalido negli arti [debilis], cosi non si metter? per una strada che sapr? impraticabile.

4. Ergo et ille - cui omnia sunt in integro adhuc - potest subsistere in tuto et commendare se bonis artibus protinus et exigere otium inlibatum, cultor uirtutium, quae possunt exerceri quietissimis etiam - antequam experiatur tempestates ullas.

4. Pertanto, anche [et = etiam] a colui che ha ancora tutti gli attrezzi intatti, prima di sperimentare la violenza di qualche tempesta, ? possibile fermarsi al sicuro [in tuto] e subito affidarsi agli studi liberali e vivere una vita ritirata non sfiorata da alcuna esperienza [parafrasi per "inlibatum", lett. illibata], cultore delle virt?, che possono essere esercitate anche da persone (che vivono vite) tranquillissime.

5. Hoc exigitur ab homine nempe, ut prosit hominibus, si potest fieri, multis, si minus, paucis, si minus, proximis, si minus, sibi. Nam cum efficit se utilem ceteris, agit negotium commune. Quomodo qui facit se deteriorem tantummodo non nocet sibi sed etiam omnibus eis quibus - factus melior - potuisset prodesse, sic quisquis meretur bene de se, prodest aliis hoc ipso quod parat illis profuturum.

5. Questo certamente si richiede ad un uomo, che sia utile [prosit; regge dativo di vantaggio; tutti i seguenti sono tali] agli uomini, se ? possibile, a molti, se no [si minus; tutti in correlazione], a pochi, se no, ai pi? vicini, se no, a s? stesso. Infatti, quando si rende utile agli altri [ceteris, altro dativo di vant.], svolge un compito che riguarda tutti [commune]. Come chi si rende peggiore, non solo nuoce a s? stesso [sibi, dativo di svantaggio, come il seguente], ma anche [in correlazione con tantummodo] a tutti quelli cui, resosi migliore, avrebbe potuto essere utile, cos?, chiunque bene merita di s? stesso [bene merere de aliquo ? costruzione idiomatica; il de + abl. ? la persona verso la quale ci si rende benemeriti], proprio per questo giova agli altri, perch? [quos] prepara una persona che ha intenzione di essere loro utile [come sopra, perifrastico di prosum; la perifrastica indica l'incipienza o l'intenzionalit? dell'azione].

IV.
1. Complectamur res publicas duas animo, alteram magnam et publicam uere qua di atque homines continentur, in qua non respicimus ad angulum hunc aut ad illum sed metimur terminos ciuitatis nostrae cum sole, alteram cui condicio nascendi adscripsit nos; haec aut erit Atheniensium aut Carthaginiensium aut urbis alterius alicuius quae non pertineat ad homines omnis sed ad certos. Quidam dant operam rei publicae utrique tempore eodem, maiori minorique, quidam minori tantum, quidam maiori tantum.

4,1. Dobbiamo abbracciare [complectamur; congiuntivo esortativo con valore fortemente "imperativo"; ecco perch? si traduce con "dobbiamo?"] due Stati con l'animo: l'uno [alteram] grande e veramente di tutti, dal quale [qua] dei ed uomini sono contenuti, in cui non ci volgiamo a guardare [respicimur] questo o quell'altro cantuccio, ma i limiti della nostra citt? li misuriamo [da metior] con il sole; l'altro [in correlazione col primo alteram], di cui ci ha fatto diventare cittadini la condizione della nascita: questo apparterr? agli Ateniesi o ai Cartaginesi o a qualche altra citt?, tale che non riguarda tutti [omnis = omnes] gli uomini, ma determinati. Certuni [quidem] contemporaneamente [eodem tempore] danno la loro opera ad entrambi [utrique] gli Stati, a quello pi? grande e a quello pi? piccolo, certuni [quidam; in correlazione col precedente] solo al pi? piccolo, certuni solo al pi? grande [questo e i precedenti sono dativi di vantaggio].

2. Possumus deseruire rei publicae huic maiori et in otio, nescio an melius in otio immo uero, ut quaeramus quid sit uirtus, sint una pluresne, natura an ars faciat uiros bonos; unum sit hoc quod complectitur maria terrasque et inserta mari ac terris , an deus sparserit multa corpora eiusmodi; materia sit continua omnis et plena ex qua cuncta gignuntur, an diducta et inane permixtum solidis; quae sit sedes dei, spectet an tractet opus suum, utrumne circumfusus sit illi extrinsecus an inditus toti; mundus sit inmortalis an numerandus inter caduca et nata ad tempus. Qui contemplatur Haec, quid praestat deo? opera tanta eius ne sint [esortativo negativo] sine teste.

2. Possiamo metterci a completo servizio [deseruire; regge il dativo di vantaggio] di questo Stato pi? grande anche nel ritiro [in otio], anzi, forse [nescio an, locuzione speciale = forse] meglio [melius, qui con valore avverbiale] nel ritiro, per cercare che cosa sia la virt?, se sia una sola o parecchie [? un'interrogativa indiretta; ce lo fa capire il verbo "chiedere" e l'utilizzo della particella -ne]; se la natura o l'esercitazione filosofica renda gli uomini dabbene [ancora interrogative indirette, rette sempre dal "quaeramus" iniziale]; se sia un'entit? sola questa che abbraccia mari e terre e ci? che ? inserito nel mare e nelle terre, oppure se la divinit? abbia sparso molte entit? di questo genere [eiusmodi, avverbiale]; se sia tutta continua e piena la materia da cui tutte le cose vengono generate, oppure se sia separata e alle parti solide sia frammisto il vuoto; chi sia la divinit?, se indifferente guardi l'opera sua o la maneggi; se [utrumne; foma rafforzata di utrum, avverbio interrogativo; ricordati che siamo sempre di fronte ad interrogative indirette, la cui reggente ? all'inizio del paragrafo] dall'esterno [extrinsecus, avverbio] sia ad essa circonfusa, oppure immessa nel tutto; se il mondo sia immortale o se lo si debba [numerandus, perifrastico] contare fra le cose caduche e nate per un tempo determinato. Chi contempla questi problemi, che cosa offre alla divinit?? che le opere sue tanto grandi non siano senza un testimone.

Trad. e adattamento Bukowski; testo di riferimento Mondadori.
  Seneca
      Re: Seneca
 

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