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Mittente:
Bukowski
Re: traduzione opere integrali   stampa
Data:
01/07/2002 15.47.10




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http://www.progettovidio.it/traduzion...

Forse non meglio di questi versi come luogo in cui si accentua la forte, e folle, personalit? dell' "eroina", se proprio vogliamo chiamarla cos?. Siamo, praticamente, all'epilogo della tragedia. Medea uccide i propri figli sotto gli occhi del marito Giasone. Un qualcosa di davvero allucinante ;)).

Seneca, Medea, vv. 893-975 [la traduzione ? sotto l'originale latino]

Medea:
egone ut recedam? si profugissem prius,
ad hoc redirem. nuptias specto novas.
895
quid, anime, cessas? sequere felicem impetum.
pars ultionis ista, qua gaudes, quota est?
amas adhuc, furiose, si satis est tibi
caelebs Iason. quaere poenarum genus
haut usitatum iamque sic temet para:
900
fas omne cedat, abeat expulsus pudor;
vindicta levis est quam ferunt purae manus.
incumbe in iras teque languentem excita
penitusque veteres pectore ex imo impetus
violentus hauri. quidquid admissum est adhuc,
905
pietas vocetur. hoc age et faxis sciant
quam levia fuerint quamque vulgaris notae
quae commodavi scelera. prolusit dolor
per ista noster: quid manus poterant rudes
audere magnum? quid puellaris furor?
910
Medea nunc sum; crevit ingenium malis.
iuvat, iuvat rapuisse fraternum caput,
artus iuvat secuisse et arcano patrem
spoliasse sacro, iuvat in exitium senis
armasse natas. quaere materiam, dolor:
915
ad omne facinus non rudem dextram afferes.
quo te igitur, ira, mittis, aut quae perfido
intendis hosti tela? nescio quid ferox
decrevit animus intus et nondum sibi
audet fateri. stulta properavi nimis:
920
ex paelice utinam liberos hostis meus
aliquos haberet - quidquid ex illo tuum est,
Creusa peperit. placuit hoc poenae genus,
meritoque placuit: ultimum, agnosco, scelus
animo parandum est - liberi quondam mei,
925
vos pro paternis sceleribus poenas date.
cor pepulit horror, membra torpescunt gelu
pectusque tremuit. ira discessit loco
materque tota coniuge expulsa redit.
egone ut meorum liberum ac prolis meae
930
fundam cruorem? melius, a, demens furor!
incognitum istud facinus ac dirum nefas
a me quoque absit; quod scelus miseri luent?
scelus est Iason genitor et maius scelus
Medea mater - occidant, non sunt mei;
935
pereant, mei sunt. crimine et culpa carent,
sunt innocentes: fateor, et frater fuit.
quid, anime, titubas? ora quid lacrimae rigant
variamque nunc huc ira, nunc illuc amor
diducit? anceps aestus incertam rapit;
940
ut saeva rapidi bella cum venti gerunt,
utrimque fluctus maria discordes agunt
dubiumque fervet pelagus, haut aliter meum
cor fluctuatur: ira pietatem fugat
iramque pietas - cede pietati, dolor.
945
huc, cara proles, unicum afflictae domus
solamen, huc vos ferte et infusos mihi
coniungite artus. habeat incolumes pater,
dum et mater habeat - urguet exilium ac fuga:
iam iam meo rapientur avulsi e sinu,
950
flentes, gementes osculis - pereant patri,
periere matri. rursus increscit dolor
et fervet odium, repetit invitam manum
antiqua Erinys - ira, qua ducis, sequor.
utinam superbae turba Tantalidos meo
955
exisset utero bisque septenos parens
natos tulissem! sterilis in poenas fui -
fratri patrique quod sat est, peperi duos.
[Furiae et umbra Absyrti Medeae fratris cum fascibus.]
quonam ista tendit turba Furiarum impotens?
quem quaerit aut quo flammeos ictus parat,
960
aut cui cruentas agmen infernum faces
intentat? ingens anguis excusso sonat
tortus flagello. quem trabe infesta petit
Megaera? - cuius umbra dispersis venit
incerta membris? frater est, poenas petit -
965
dabimus, sed omnes. fige luminibus faces,
lania, perure, pectus en Furiis patet.
discedere a me, frater, ultrices deas
manesque ad imos ire securas iube:
mihi me relinque et utere hac, frater, manu
970
quae strinxit ensem - victima manes tuos
placamus ista. quid repens affert sonus?
parantur arma meque in exitium petunt.
excelsa nostrae tecta conscendam domus
caede incohata. perge tu mecum comes.
975
tuum quoque ipsa corpus hinc mecum aveham.
nunc hoc age, anime: non in occulto tibi est
perdenda virtus; approba populo manum.

MEDEA
Andarmene, io? Se prima fossi fuggita, ora farei ritorno. Sto guardandomi queste nuove nozze. Perch? esiti, Medea? Il tuo impulso ? bello, vagli dietro. Questo brandello della tua vendetta, di cui tanto godi, che cosa vale? Giasone, tu l'ami ancora, pazza, se ti basta che sia rimasto vedovo. Trovalo, per lui, un castigo che mai nessuno abbia sentito. E cos? prepara te stessa. Non ci sia nulla di sacro, per te, non pi? ombra di ritegno. ? una vendetta da nulla se lascia pure le mani. Discendi nel cuore dell'ira, svegliati dal torpore, Medea, fa che sgorghino dal fondo del tuo petto i tuoi impulsi di un tempo. Tutto ci? che hai compiuto sinora, sia chiamato piet?. All'opera, dunque! Fa che lo sappiano quant'erano piccoli e volgari i delitti che ho commesso. Il mio furore, con loro, ha fatto i primi passi. Potevano mani inesperte osare qualcosa di grande? Che poteva l'ira di una fanciulla? Ora io sono Medea. Il mio ingegno ? cresciuto col male. ? stato splendido, s?, recidere la testa a mio fratello, e squartarne le membra, splendido strapparti, padre mio, l'arcano vello d'oro, splendido armare voi, figlie di Pelia, perch? uccideste quel vecchio. Furore, cercati del cibo. Quale che sia il delitto, non ? inesperta la mano che guidi. Collera, mia collera, dove ti scagli, ora? Che dardi stai lanciando contro quel perfido nemico? Il mio cuore selvaggio ha deciso non so che, nel suo abisso, e ancora non osa confessarselo. Pazza, hai avuto troppa fretta! Avesse avuto dei figli, il mio nemico, dalla sua ganza! No, l'ha partorito Creusa ogni figlio che tu hai avuto da lui. Ecco la vendetta che mi piace, quella giusta. Il delitto supremo: a questo, ora lo so, il mio animo deve prepararsi. Figli che foste miei, pagherete voi per la colpa di vostro padre. L'orrore si insinua nel mio petto, un gelido torpore mi paralizza le membra, ed il mio cuore trema. L'ira mi ha abbandonato. La madre, scacciata la sposa, non ? pi? che madre. Versare io il sangue dei miei figli? Il sangue del mio sangue? O pazzo furore! Via da me questo delitto, via quest'infamia, anche il pensiero, via! Per quale delitto pagheranno, loro? Il delitto ? Giasone, il padre, e delitto peggiore ? Medea, la madre. Muoiano, non sono miei. Muoiano, sono miei. Non hanno colpa, loro, lo confesso. Sono innocenti. Anche mio fratello era innocente. Perch? esiti, anima mia? Queste lacrime, perch? mi bagnano il volto? Di qua l'odio, di l? l'amore, mi strappano, mi dividono, perch?? Opposte correnti mi rapiscono, nella mia incertezza. Rabbiosi venti si fanno guerra spietata, flutto contro flutto si scatena, il mare ribolle e non ha sbocco: ? cos?, proprio cos?, che il mio cuore ? sconvolto. L'ira d? il bando alla piet?, la piet? all'ira. Rancore, cedi alla piet?. Venite qui, cari bambini miei, sola dolcezza della mia famiglia distrutta, venite qui e stringetevi a me, forte forte. Siate di vostro padre, sani e salvi, purch? siate anche della madre. M'incalza l'esilio, la fuga. In un attimo, tra lacrime e grida, li strapperanno dal mio seno di proscritta... Muoiano dunque per il padre, poich? per la madre sono morti. Ecco, il rancore si fa grande, l'odio si accende. Tu la rivuoi, questa mia mano che si ribella, antica Erinni. Ti seguo, ira, dove mi conduci. La tua prole, superba Niobe, ah perch? non ? uscita dal mio grembo? Perch? non li ho generati io due volte sette figli? Fui sterile, io, per la mia vendetta. Due soltanto ne ho partorito. Bastano per mio padre e mio fratello. Dove corre questa turba spaventosa di Furie? Chi sta cercando? Queste frecce di fuoco, per chi le appresta? Queste fiaccole di sangue, contro chi le protende, la schiera infernale? Un grande serpente che s'attorce sibila percosso dalla sferza. Chi insegui, Megera, con quell'orribile torcia? Un'ombra, le membra a brandelli, si fa avanti chi ?? Mio fratello ?, chiede vendetta. Pagher? sino in fondo. Piantami negli occhi le tue torce, dilaniami, bruciami. Il mio petto, vedi, si offre nudo alle Furie. Digli che mi lascino, fratello, le dee della vendetta, digli che ritornino in pace tra le ombre Medea abbandonala a Medea, fratello, e serviti di questa sua mano che ha brandito la spada. Con questa vittima placo la tua ombra. Un rumore improvviso, che significa? Preparano le armi, certo per uccidermi. La strage non ? finita, salir? sul tetto pi? alto della mia casa. Presto, tu, vieni via con me. Il tuo corpo, anche, me lo porto via. E ora, coraggio, Medea: il tuo potere non sprecarlo nell'ombra, faglielo vedere, al popolo, che cosa pu? la tua mano.
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