Data:
05/07/2002 13.14.32
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Ecco qui. Ti ricordo altres? che per le traduzioni di Cicerone, Nepote, Sallustio ed altri puoi usare il cerca-versioni in basso a destra [il tuo brano era gi? l? a portata di mano ;))]. In bocca al lupo ad entrambi!
Cicerone, Divinazione, II, 1-2 [la traduzione ? sotto l'originale, per ogni singolo capitolo]
I 1 Quaerenti mihi multumque et diu cogitanti quanam re possem prodesse quam plurimis, ne quando intermitterem consulere rei publicae, nulla maior occurrebat, quam si optimarum artium vias traderem meis civibus; quod compluribus iam libris me arbitror consecutum. Nam et cohortati sumus ut maxime potuimus ad philosophiae studium eo libro qui est inscriptus Hortensius, et, quod genus philosophandi minime adrogans maximeque et constans et elegans arbitraremur, quattuor Academicis libris ostendimus. 2 Cumque fundamentum esset philosophiae positum in finibus bonorum et malorum, perpurgatus est is locus a nobis quinque libris, ut quid a quoque et quid contra quemque philosophum diceretur intellegi posset. Totidem, subsecuti libri Tusculanarum disputationum res ad beate vivendum maxime necessarias aperuerunt. Primus enim est de contemnenda morte, secundus de tolerando dolore, de aegritudine lenienda tertius, quartus de reliquis animi perturbationibus, quintus eum locum complexus est, qui totam philosophiam maxime inlustrat: docet enim ad beate vivendum virtutem se ipsa esse contentam. 3 Quibus rebus editis tres libri perfecti sunt de natura deorum, in quibus omnis eius loci quaestio continetur. Quae ut plane esset cumulateque perfecta, de divinatione ingressi sumus his libris scribere; quibus, ut est in animo, de fato si adiunxerimus, erit abunde satisfactum toti huic quaestioni. Atque his libris adnumerandi sunt sex de re publica, quos tum scripsimus, cum gubernacula rei publicae tenebamus: magnus locus philosophiaeque proprius a Platone, Aristotele, Theophrasto totaque Peripateticorum familia tractatus uberrime. Nam quid ego de Consolatione dicam? quae mihi idem ipsi sane aliquantum medetur, ceteris item multum illam profuturam Puto. Interiectus est etiam nuper liber is, quem ad nostrum Atticum de senectute misimus; in primisque quoniam philosophia vir bonus efficitur et fortis, Cato noster in horum librorum numero ponendus est. 4 Cumque Aristoteles itemque Theophrastus, excellentes viri cum subtilitate tum copia, cum philosophia dicendi etiam praecepta coniunxerint, nostri quoque oratorii libri in eundem librorum numerum reverendi videntur: ita tres erunt de oratore, quartus Brutus, quintus Orator.
I 1 Mi sono chiesto e ho molto e lungamente riflettuto come avrei potuto giovare alla maggior parte dei miei concittadini, per non essere costretto in nessun caso a smettere di agire a vantaggio dello Stato. La soluzione migliore che mi venne in mente fu di render note ad essi le vie per raggiungere le pi? elevate attivit? dello spirito. Credo di aver gi? ottenuto questo scopo con molti miei libri. Nell'opera intitolata Ortensio ho esortato i lettori, quanto pi? ho potuto, allo studio della filosofia; nei quattro Libri Accademici ho mostrato quale sia, a mio parere, l'indirizzo filosofico meno arrogante e pi? coerente ed elegante. 2 E poich? la base della filosofia consiste nello stabilire qual ? il sommo bene e il sommo male, ho chiarito a fondo questo argomento in un'opera composta di cinque libri, in modo da far comprendere che cosa ciascun filosofo sostenesse e che cosa gli obiettassero i suoi avversari. Nei libri delle Discussioni Tusculane, venuti s?bito dopo, altrettanti di numero, ho esposto ci? che soprattutto ? necessario a raggiungere la felicit?. Il primo di essi tratta del disprezzo della morte; il secondo del modo di sopportare il dolore fisico; il terzo del mitigare le afflizioni dello spirito; il quarto di tutte le altre perturbazioni dell'anima; il quinto affronta quell'argomento che pi? di tutti d? splendore alla filosofia, giacch? dimostra che la virt? basta a se stessa per ottenere la felicit?. 3 Esposti quegli argomenti, ho portato a termine i tre libri Sulla natura degli d?i, nei quali questo problema ? discusso da ogni punto di vista. E perch? l'esposizione fosse completa e del tutto esauriente, ho intrapreso a scrivere questi due libri Sulla divinazione. Se ad essi aggiunger?, come mi riprometto, un'opera Sul fato, tutto questo problema sar? stato trattato in modo da soddisfare anche i pi? esigenti. A questi libri, inoltre, vanno aggiunti i sei Sulla Repubblica, che scrissi quando reggevo il timone dello Stato: argomento fondamentale e appartenente anch'esso alla filosofia, gi? trattato amplissimamente da Platone, Aristotele, Teofrasto e da tutta la schiera dei Peripatetici. E che dire della Consolazione? Anche a me essa arreca qualche conforto; agli altri, del pari, credo che giover? molto. Poco fa ho inserito il, libro Sulla vecchiezza, che ho dedicato al mio Attico; e siccome pi? che mai la filosofia rende l'uomo buono e forte, il mio Catone ? da annoverare fra i libri filosofici. 4 E se Aristotele e con lui Teofrasto, eccellenti sia per acume d'ingegno sia per facondia, aggregarono alla filosofia anche i precetti dell'arte del dire, ne risulta che le mie opere retoriche devono appartenere anch'esse alla schiera dei miei libri filosofici: vi apparterranno, dunque, i tre libri Dell'oratore, per quarto il Bruto, per quinto l'Oratore.
II Adhuc haec erant; ad reliqua alacri tendebamus animo sic parati, ut, nisi quae causa gravior obstitisset, nullum philosophiae locum esse pateremur, qui non Latinis litteris inlustratus pateret. Quod enim munus rei publicae adferre maius meliusve possumus, quam si docemus atque erudimus iuventutem, his praesertim moribus atque temporibus, quibus ita prolapsa est, ut omnium opibus refrenanda ac co?rcenda sit? 5 Nec vero id effici posse confido, quod ne postulandum quidem est, ut omnes adulescentes se ad haec studia convertant. Pauci utinam! quorum tamen in re publica late patere poterit industria. Equidem ex iis etiam fructum capio laboris mei, qui iam aetate provecti in nostris libris adquiescunt; quorum studio legendi meum scribendi studium vehementius in dies incitatur; quos quidem plures quam rebar esse cognovi. Magnificum illud etiam Romanisque hominibus gloriosum, ut Graecis de philosophia litteris non egeant; 6 quod adsequar profecto, si instituta perfecero. Ac mihi quidem explicandae philosophiae causam attulit casus gravis civitatis, cum in armis civilibus nec tueri meo more rem publicam nec nihil agere poteram, nec quid potius, quod quidem me dignum esset, agerem reperiebam. Dabunt igitur mihi veniam mei cives, vel gratiam potius habebunt, quod, cum esset in unius potestate res publica, neque ego me abdidi neque deserui neque adflixi neque ita gessi quasi homini aut temporibus iratus, neque porro ita aut adulatus aut admiratus fortunam sum alterius, ut me meae paeniteret. Id enim ipsum a Platone philosophiaque didiceram, naturales esse quasdam conversiones rerum publicarum, ut eae tum a principibus tenerentur, tum a populis, aliquando a singulis. 7 Quod cum accidisset nostrae rei publicae, tum pristinis orbati muneribus haec studia renovare coepimus, ut et animus molestiis hac potissimum re levaretur et prodessemus civibus nostris qua re cumque possemus. In libris enim sententiam dicebamus, contionabamur, philosophiam nobis pro rei publicae procuratione substitutam putabamus. Nunc quoniam de re publica consuli coepti sumus, tribuenda est opera rei publicae, vel omnis potius in ea cogitatio et cura ponenda; tantum huic studio relinquendum, quantum vacabit a publico officio et munere. Sed haec alias pluribus; nunc ad institutam disputationem revertamur.
II A questo punto ero arrivato; al resto del lavoro mi accingevo, con animo alacre, col fermo proposito di non tralasciate alcun argomento filosofico la cui esposizione io non rendessi accessibile in lingua latina, a meno che qualche motivo pi? importante non si fosse frapposto. Quale servizio maggiore o migliore, in effetti, io potrei rendere alla mia patria, che istruire e formare la giovent?, specialmente in questi tempi di corruzione morale in cui ? talmente sprofondata da rendere necessario lo sforzo di tutti per frenarla e ridarle il senso dei dovere? 5 Non m'illudo, beninteso, di poter raggiungere lo scopo, che non si pu? nemmeno pretendere, di indurre tutti i giovani a questi studi. Potessi indurvene anche pochi! La loro attivit? potr? pur sempre espandersi largamente entro lo Stato. Del resto, io mi considero remunerato della mia fatica anche da quelli che, gi? avanti negli anni, trovano conforto nei miei libri. Dal loro desiderio di leggere trae sempre maggior ardore, di giorno in giorno, il mio desiderio di scrivere; e ho saputo che essi sono pi? numerosi di quanto io pensassi. ? anche una cosa magnifica, e un motivo di orgoglio per i romani, il non aver bisogno, per la filosofia, di opere scritte in greco; 6 e questo risultato lo raggiunger? certamente, se riuscir? a portare a termine il mio progetto. A dire il vero, l'impulso a dedicarmi alla divulgazione della filosofia mi venne da un doloroso evento della patria: nella guerra civile non potevo n? difendere lo Stato secondo il mio solito, n? stare senza far nulla; e nemmeno trovavo qualcosa di meglio da fare, che fosse degno di me. Mi perdoneranno, dunque, i miei concittadini, o meglio mi saranno grati, se io, nel tempo in cui lo Stato era in potere di uno solo, non mi sono tenuto nascosto n? mi sono perduto d'animo n? mi son lasciato abbattere, n? mi sono comportato come se fossi preso da ira verso l'uomo o verso i tempi, n?, d'altra parte, ho adulato o ammirato la sorte altrui, in modo da sembrare pentito della sfortuna che mi ero procurato. Proprio questo, infatti, avevo imparato da Platone e dalla filosofia: che vi sono dei mutamenti naturali delle istituzioni politiche, per cui esse sono dominate talvolta da un gruppo di oligarchi, talaltra dalla parte popolare, in certe circostanze da un solo uomo. 7 E poich? quest'ultimo caso era accaduto al nostro Stato, io, reso privo delle mansioni politiche di un tempo, ritornai a questi studi, sia per sollevare il pi? possibile l'animo dall'angoscia in cui mi trovavo, sia per rendermi utile ai miei concittadini in tutto ci? che potevo. Nei miei libri facevo le mie dichiarazioni di voto, pronunciavo i miei pubblici discorsi, consideravo la filosofia come un sostituto di quella che per me era stata l'amministrazione dello Stato. Ora, poich? si ricomincia a chiedere il mio parere su questioni politiche, ? doveroso occuparsi di politica, anzi, ad essa bisogna rivolgere ogni pensiero ed ogni attivit?, riservando allo studio della filosofia solo il tempo che rimarr? libero dai compiti e dai doveri pubblici. Ma di questo parleremo pi? a lungo un'altra volta; ora ritorniamo alla discussione che avevamo intrapreso.
Trad. database progettovidio
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