Data:
26/07/2002 18.58.21
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Cicerone, De Optimo Genere Oratorum, I, 1
E' opinione diffusa che i (diversi) generi di oratori [lett. i generi? sono detti?] siano in certo modo simili [esse tamquam] (ai diversi generi) di poeti; la questione non sta propriamente cos? [id secus est], dato che [nam, infatti] il secondo (genere) risulta molto pi? variegato e complesso. Infatti, ogni tipo di composizione - sia essa tragica, comica, epica, lirica nonch? ditirambica: (genere, quest'ultimo) pi? appannaggio dei Greci che dei Latini - ha una sua peculiarit? che lo discrimina rispetto agli altri. Ad esempio: da una parte, un elemento comico, (interpolato) in una tragedia, riesce disdicevole; dall'altra, un elemento tragico, (interpolato) in una commedia, (riesce) decisamente brutto (e fuori luogo). A riguardo degli altri (generi di componimento, la questione non cambia): ognuno possiede un suo peculiare tono stilistico [sonus] e, come dire, un "accento" [vox] ben riconoscibile [nota] agl'intenditori. Ora, se si procede ad una classificazione [lett. se qualcuno enumera?] di pi? generi di oratori, ritenendo(ne) [ita? ut? putet] alcuni dotati di uno stile magniloquente, o solenne, o elaborato, altri (dotati invece) di uno stile semplice, o sobrio o che bada al sodo [brevis, conciso], altri (infine) frapposti a questi e dotati di uno stile, per cos? dire, "ibrido" - (ebbene) si esprime un giudizio [dicit aliquid] a riguardo (degli oratori intesi quali) esseri umani, ma si sfiora soltanto il cuore della questione [parum de re]. Nella sostanza (dell'oratoria), infatti, si cerca di guadagnare la perfezione, (mentre) un uomo si dice per quel che ?. Si pu? ben dire, ad esempio, che Ennio ? il pi? grande poeta epico, se a qualcuno cos? pare, e che Pacuvio (? il pi? grande autore) tragico, e che Cecilio, con buona probabilit? [fortasse], (? il pi? grande autore) comico. (Tuttavia) io non distinguo un oratore in base al genere: (sempre e comunque) lo esigo, infatti, perfetto! Ed unico e solo ? il genere della perfezione, dal quale se taluni si discostano (ci? vuol dire che essi) non ? che differiscano per il genere (trattato) - come (ad esempio) un Terenzio (differisce) da un Accio - bens? che nel medesimo ambito non sono alla pari. Un oratore completo e impeccabile [optimus] ? infatti colui che, nel parlare, riesce a condurre l'animo [ovv. pl.] di chi ascolta sulle linee del proprio ragionamento [rendo con questa circonlocuzione "docere", altrimenti francamente intraducibile, in questo contesto], a dilettarlo e (infine) a persuaderlo [? il momento in cui nell'argomentazione oratoria s'insinua, in modo pi? scoperto, la componente emozionale, imprescindibile e risolutiva]. (Ora,) il "docere" ? il minimo dovuto, il dilettare ? a titolo d'onore, (ma) ? il persuadere ci? che veramente conta. Che uno riesca in ci? meglio di un altro, ? da mettere in conto; ma ci? avviene (come detto) non in relazione al (diverso) ambito (di competenza), bens? in relazione al grado (della stessa competenza). (Infatti,) una ed una sola ?, per cos? dire, la perfezione, e ci? che molto le somiglia, molto le si avvicina. Da tale assunto, si evince chiaramente che (invece) ci? che molto si discosta dalla perfezione (stessa), ne rappresenta l'esatto antonimo [parafrasi per "deterrimum"].
Trad. Bukowski
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