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Bukowski
Re: urgente   stampa
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25/08/2002 20.45.38




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Lattanzio, Divinae Institutiones, III, 19, 2

Ora, coloro che discettano sui vantaggi della morte, dato che non conoscono la Verit?, cos? filosofeggiano [la polemica di Lattanzio, apologeta cristiano, ? rivolta contro i filosofi pagani, i quali son privi del Ver(b)o, ovvero del messaggio cristiano, e dunque in perenne errore; per tal motivo, ho tradotto "nihil veri" con Verit? in lettera maiuscola, intendendo verit? cristiana, e "argumentantur" con "filosofeggiano", per restituire la sfumatura ironica]: "Se dopo la morte ci attende il nulla, allora la morte non ? un male, dato che vien meno [aufert] la consapevolezza (stessa) [sensum] del male. Al contrario, se le anime sopravvivono (alla morte), allora essa ? un bene, dato che ci dona l'immortalit?".
Cicerone, (nel suo trattato) Sulle leggi, ha cos? raffinato questa elucubrazione: "Saremo felici, dato che la morte (ci) apporter? [allatura est; da affero] una condizione [statum] migliore, e comunque non peggiore, di questa nostra esistenza terrena [quam qui est in vita]. Infatti, una condizione [lett. vita] in cui lo spirito - libero (finalmente) dal corpo - pu? esprimersi in tutta la sua essenza e bellezza [ho tradotto liberamente "animo vigente sine corpore"], ? (una condizione certamente) divina. Di contro, la mancanza di sensibilit? corporea [sensu carente] ci preclude la possibilit? di provar male o dolore".
Non fa una piega, a quanto sembra [trad. lib.: argute, ut sibi videbatur, quasi nihil esse aliud possit]. Eppure, in entrambe queste affermazioni c'? del falso. Le Sacre Scritture [divinae litterae], infatti, insegnano che le anime [ho tradotto appositamente l' "animus" precedente con "spirito" e qui "anima" con "anima" nel senso cristiano] non s' "estinguono" [per quanto semplice, il termine - nella modalit? che qui Lattanzio mi pare lo utilizzi - mi risulta altrimenti intraducibile: l'apologeta non vuol soltanto dire che le anime non "periscono", ma anche che non perdono facolt? di godere/soffrire i/le premi/vendette eterni/e, con buona pace di Cicerone e dei pagani, i quali affermavano che la "facolt? di sentire" (sensus) veniva meno], ma al contrario godono del premio eterno per la buona condotta di vita (terrena) [pro iustitia; abl. scambio/sostituzione], e dell'eterno castigo per i peccati [pro sceleribus] (commessi).
(La Giustizia divina), infatti, non permette che il peccatore [sceleratus] - che ha vissuto (sulla Terra) una vita felice - scampi (anche qui la pena) che merita, e che il sant'uomo - che (sulla Terra) ha molto sofferto pur essendo nel giusto [ob iustitiam; a causa della giustizia; da intendere: perch? professava la vera giustizia, quella di Dio] - non sia ricompensato con la giusta mercede.

Trad. Bukowski
  urgente
      Re: urgente
 

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