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Bukowski
Re: 2 versioni   stampa
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28/08/2002 8.16.35




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Sallustio, lettera di Mitridate [dalle Historiae], passim

Re Mitridate saluta re ?rsace.
Tutti quelli che, in piena prosperit?, vengono sollecitati ad un'alleanza di guerra, devono considerare se in quel momento sia possibile conservare la pace, poi, se ci? che ad essi si richiede sia moralmente ineccepibile, sicuro e glorioso, oppure disonorevole. Se a te ? possibile godere di perpetua pace, se non hai scellerati nemici alle porte, se non ti dovesse venire straordinaria fama quando tu avessi schiacciato i Romani, io non oserei chiedere la tua alleanza, e invano spererei di confondere i miei mali con i tuoi beni. Ebbene, quegli elementi che sembra possano frenarti - il risentimento contro Tigrane per la recente guerra, e la mia situazione poco felice -, se vorrai valutarli realisticamente, pi? di ogni altro ti incoraggeranno. Quello, infatti, debole e malsicuro, accetter? qualunque alleanza tu possa volere; e a me la sorte, che pure mi ha strappato parecchie cose, ha dato l'esperienza a consigliare bene; per di pi? - ed ? un elemento che dovrebbero augurarsi quelli che godono di prosperit? - io, non pi? fortissimo, offro un esempio perch? tu possa regolare meglio le tue cose.
Per i Romani l'unico e inveterato motivo per combattere contro tutti i popoli e le nazioni e i re, ? la smisurata brama di dominio e di ricchezza. Spinti da essa, dapprima intrapresero una guerra contro Filippo re di Macedonia - ma fingevano per lui amicizia finch? erano premuti dai Cartaginesi -; poi fraudolentemente staccarono da lui Antioco che gli veniva in aiuto, con concessioni in Asia; subito dopo, piegato Filippo, Antioco fu spogliato di tutto il territorio al di qua del Tauro e di diecimila talenti. P?rseo, poi, il figlio di Filippo, dopo molte e alterne lotte lo accolsero sotto la loro protezione dinanzi agli d?i di Samotracia; ma, astuti escogitatori di perfidie, dato che, in base ai patti, gli avevano concesso la vita, lo fecero morire d'insonnia. Quell'Eumene, la cui amicizia orgogliosamente ostentano, anzitutto lo consegnarono ad Ant?oco, come prezzo della pace; e poi, tenendolo a custode del territorio conquistato, con le spese che gli imposero, e con gli oltraggi di cui lo coprirono, da re che era, lo resero il pi? miserabile degli schiavi; e, inventando un empio testamento, trascinarono in un corteo trionfale suo figli? Ariston?co, perch? reclamava il regno di suo padre. E occuparono l'Asia. Infine, morto Nicom?de, misero a sacco la Bitinia, sebbene ci fosse incontestabilmente un figlio natogli da Nisa, che egli aveva proclamato regina.

Trad. Newton [a cura di F. Casorati]



Cicerone, De Optimo Genere Oratorum, II passim

Visto che, allora, l'arte del dire s'articola in (due fondamenti essenziali:) - ci? che si vuol dire [lett. ex sententiis, di concetti/contenuti] e le parole (che s'usano per dirlo) - dobbiamo innanzitutto - a volerci esprimere in modo corretto ed efficace, ovvero "latine" [lascio intradotto il termine, qui pregnante; da intendersi comunque: in buon latino] - raggiungere una perfetta propriet? [elegantiam] (nell'uso) dei vocaboli, siano essi propri (della nostra lingua), siano essi desunti/traslitterati (da una lingua straniera): nel primo caso [lett. in propriis, cio? con riferimento ai termini?], trascegliendo i pi? opportuni ed eleganti; nel secondo [vd. supra] ricorrendo (appunto) a termini stranieri, ma cercando di riprodurli (nella nostra lingua) [ut secuti (-sequor-) similitudinem; l' "ut" ? consecutivo] in modo quantomeno oculato e discreto.
Passando, invece, ai concetti, se ne annoverano tanti generi quanti ne dissi a riguardo delle lodi: ce ne sono, infatti, di sottili, (e questi van bene per il momento) del "docere"; altri, come dire [quasi], "frizzanti", (e questi van bene per il momento) del "delectare"; e infine di "seriosi", (che s'adattano alla funzione) del "movere". E inoltre, da una parte, una corretta collocazione delle parole risponde a due parametri: di armonia [numerum] e di comprensibilit? [levitatem]; mentre, dall'altra, i concetti seguono [lett. habent] una propria peculiare concatenazione, vale a dire un ordine logico atto a [commodatum] corroborare la (nostra) argomentazione [rem]. E infine, di tutto ci? la memoria rappresenter? [lett. est] - come dire - l'impalcatura, come per un edificio; la capacit? di porgere il discorso [parafrasi per "actio"] ne ?, invece, la scintilla che lo illumina.
Ora, l'oratore provetto sar? colui nel quale tutte le suddette qualit? si evidenzieranno in modo impeccabile; qualora in modo poco pi? che sufficiente [media], (l'oratore) non (risulter?) un gran che; qualora in modo meno che sufficiente, (allora l'oratore riuscir?) un vero disastro!
In realt?, tutt'e tre si diranno oratori, come del resto anche i cattivi pittori vengon detti (comunque) "pittori", dato che ci? che li differenzia non ? nel genere (che trattano) [quello oratorio o pittorico, appunto], quanto (piuttosto) nelle (diverse) capacit? (che posseggono). E cos?, nessun oratore disdegna d'esser assimilato a Demostene; mentre un Menandro non volle (certo somigliare) ad omero; si trattava, infatti, di tutt'altro genere (di produzione letteraria). La qual cosa, invece, non si verifica tra gli oratori: da una parte, c'? chi, mirando al sodo [rendo cos?: sequens gravitatem] non bada [fugiat] alle sfaccettature [subtilitatem] (del discorso); dall'altra, chi preferisce l'argomentazione sottile a quella elaborata [lett. preferisce essere?]: ebbene, se costoro risultano pur passabili [tolerabilis; ovv. sto traducendo con una certa flessibilit?, trascurando concordanze e rispondenze puntuali] nel loro genere, tuttavia non sono perfetti, dal momento che [siquidam] "esser perfetto" vuol dire possedere tutte le qualit? al sommo grado [parafraso cos? "laudes"].

Trad. Bukowski
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