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Bukowski
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Data:
03/09/2002 15.40.24




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Seneca, Epistulae ad Lucilium, 9,8-10
[8] Nunc ad propositum revertamur. Sapiens etiam si contentus est se, tamen habere amicum vult, si nihil aliud, ut exerceat amicitiam, ne tam magna virtus iaceat, non ad hoc quod dicebat Epicurus in hac ipsa epistula, 'ut habeat qui sibi aegro assideat, succurrat in vincula coniecto vel inopi', sed ut habeat aliquem cui ipse aegro assideat, quem ipse circumventum hostili custodia liberet. Qui se spectat et propter hoc ad amicitiam venit male cogitat. Quemadmodum coepit, sic desinet: paravit amicum adversum vincla laturum opem; cum primum crepuerit catena, discedet. [9] Hae sunt amicitiae quas temporarias populus appellat; qui utilitatis causa assumptus est tamdiu placebit quamdiu utilis fuerit. Hac re florentes amicorum turba circumsedet, circa eversos solitudo est, et inde amici fugiunt ubi probantur; hac re ista tot nefaria exempla sunt aliorum metu relinquentium, aliorum metu prodentium. Necesse est initia inter se et exitus congruant: qui amicus esse coepit quia expedit <et desinet quia expedit>; placebit aliquod pretium contra amicitiam, si ullum in illa placet praeter ipsam. [10] 'In quid amicum paras?' Ut habeam pro quo mori possim, ut habeam quem in exsilium sequar, cuius me morti et opponam et impendam: ista quam tu describis negotiatio est, non amicitia, quae ad commodum accedit, quae quid consecutura sit spectat.

8 Ritorniamo ora al nostro tema. Il saggio, anche se ? autosufficiente, vuole, per? avere un amico, se non altro per esercitare l'amicizia, e perch? una virt? cos? nobile non languisca; non lo fa per il motivo dichiarato da Epicuro nella medesima lettera, e cio? "per avere chi lo assista se ammalato, chi lo soccorra in carcere o in miseria", ma per avere qualcuno da assistere lui stesso, nelle malattie, o da liberare se prigioniero dei nemici. Se uno si preoccupa solo di s? e perci? fa amicizia, sbaglia. L'amicizia finir?, come ? cominciata: si ? procurato un amico perch? lo aiutasse nella prigionia: non appena ci sar? rumore di catene, costui sparir?. 9 Sono le amicizie cosiddette opportunistiche: un'amicizia fatta per interesse sar? gradita finch? sar? utile. Cos? se uno ha successo, lo circonda una folla di amici, mentre rimane solo se cade in disgrazia: gli amici fuggono al momento della prova; per questo ci sono tanti esempi infami di persone che abbandonano l'amico per paura, e di altre che per paura lo tradiscono. L'inizio e la fine fatalmente concordano. Chi ? diventato amico per convenienza, per convenienza finir? di esserlo. Se nell'amicizia si ricerca un utile, per ottenerlo si andr? contro l'amicizia stessa. 10 "Perch?, dunque, ti fai un amico?" Per avere qualcuno per cui morire, qualcuno da seguire in esilio, da strappare alla morte anche a prezzo della mia vita: quella che tu descrivi non ? amicizia, ma traffico, che mira a un profitto e guarda ai possibili vantaggi.


Tacito, Annales, 15,62-64
Per questi brani, usa l'accesso rapido in alto a destra.

Seneca, Epistulae ad Lucilium, 37,1-5
[1] Quod maximum vinculum est ad bonam mentem, promisisti virum bonum, sacramento rogatus es. Deridebit te, si quis tibi dixerit mollem esse militiam et facilem. Nolo te decipi. Eadem honestissimi huius et illius turpissimi auctoramenti verba sunt: 'uri, vinciri ferroque necari'. [2] Ab illis qui manus harenae locant et edunt ac bibunt quae per sanguinem reddant cavetur ut ista vel inviti patiantur: a te ut volens libensque patiaris. Illis licet arma summittere, misericordiam populi temptare: tu neque summittes nec vitam rogabis; recta tibi invictoque moriendum est. Quid porro prodest paucos dies aut annos lucrificare? sine missione nascimur. [3] 'Quomodo ergo' inquis 'me expediam?' Effugere non potes necessitates, potes vincere.
Fit via <vi>;
et hanc tibi viam dabit philosophia. Ad hanc te confer si vis salvus esse, si securus, si beatus, denique si vis esse, quod est maximum, liber; hoc contingere aliter non potest. [4] Humilis res est stultitia, abiecta, sordida, servilis, multis affectibus et sacrissimis subiecta. Hos tam graves dominos, interdum alternis imperantes, interdum pariter, dimittit a te sapientia, quae sola libertas est. Una ad hanc fert via, et quidem recta; non aberrabis; vade certo gradu. Si vis omnia tibi subicere, te subice rationi; multos reges, si ratio te rexerit. Ab illa disces quid et quemadmodum aggredi debeas; non incides rebus. [5] Neminem mihi dabis qui sciat quomodo quod vult coeperit velle: non consilio adductus illo sed impetu impactus est. Non minus saepe fortuna in nos incurrit quam nos in illam. Turpe est non ire sed ferri, et subito in medio turbine rerum stupentem quaerere, 'huc ego quemadmodum veni?' Vale.

1 Hai promesso di essere un uomo virtuoso, ti sei impegnato con un giuramento: e questo ? il vincolo pi? grande per arrivare alla saggezza. Se uno ti dicesse che ? un'impresa facile e agevole, ti schernirebbe. Non voglio che tu sia ingannato. Le parole di questo giuramento, che ? il pi? onorevole, e di quello dei gladiatori, che ? il pi? disonorevole, sono identiche: "Sopportare il fuoco, le catene e la morte di spada." 2 Dai gladiatori che prestano le loro mani all'arena e mangiano e bevono quanto dovranno restituire col sangue, si esige che sopportino questi tormenti anche controvoglia: da te, che tu lo faccia volontariamente e di buon grado. A loro ? concesso abbassare le armi e invocare la piet? del popolo: tu non potrai arrenderti, e neppure chiedere grazia della vita; devi morire in piedi e invitto. A che serve, poi, guadagnare pochi giorni o pochi anni? Siamo nati per combattere a oltranza. 3 "E come me la caver??" chiedi. Non puoi sfuggire al destino, puoi solo vincerlo.
Ci si apre la strada con la forza,
e questa strada te la indicher? la filosofia. Volgiti a essa, se vuoi essere salvo, sereno, felice, e infine, se vuoi essere, e questo ? il massimo, libero; non si pu? diventarlo in altro modo. 4 La stoltezza ? cosa meschina, ignobile, sordida, da schiavi, soggetta a molte, violentissime passioni. La saggezza, l'unica vera libert?, allontana da te dei padroni tanto gravosi, che comandano un po' alternativamente, un po' tutti insieme. E alla saggezza porta un'unica via e diritta; non puoi sbagliare; avanza con passo sicuro. Se vuoi sottomettere a te ogni cosa, sottomettiti alla ragione; farai da guida a molti se la ragione far? da guida a te. Da essa imparerai che cosa devi intraprendere e in che modo; non ti imbatterai inaspettatamente negli eventi. 5 Tu non puoi citarmi nessuno che sappia come ha cominciato a volere le cose che vuole: non vi ? giunto di proposito, vi ? capitato seguendo un impulso. La fortuna ci viene incontro tanto spesso quanto noi andiamo incontro a lei. ? vergognoso non avanzare, ma essere trascinati e, trovandosi improvvisamente in mezzo alla tempesta degli eventi, chiedersi stupiti: "Come sono arrivato a questo punto?" Stammi bene.


Seneca, Ad Helviam, 8,1-4
1. Aduersus ipsam commutationem locorum, detractis ceteris incommodis quae exilio adhaerent, satis hoc remedii putat Varro, doctissimus Romanorum, quod quocumque uenimus eadem rerum natura utendum est; M. Brutus satis hoc putat, quod licet in exilium euntibus uirtutes suas secum ferre. 2. Haec etiam si quis singula parum iudicat efficacia ad consolandum exulem, utraque in unum conlata fatebitur plurimum posse. Quantulum enim est quod perdimus! duo quae pulcherrima sunt quocumque nos mouerimus sequentur, natura communis et propria uirtus. 3. Id actum est, mihi crede, ab illo, quisquis formator uniuersi fuit, siue ille deus est potens omnium, siue incorporalis ratio ingentium operum artifex, siue diuinus spiritus per omnia maxima ac minima aequali intentione diffusus, siue fatum et inmutabilis causarum inter se cohaerentium series -- id, inquam, actum est ut in alienum arbitrium nisi uilissima quaeque non caderent. 4. Quidquid optimum homini est, id extra humanam potentiam iacet, nec dari nec eripi potest. Mundus hic, quo nihil neque maius neque ornatius rerum natura genuit, <et> animus contemplator admiratorque mundi, pars eius magnificentissima, propria nobis et perpetua et tam diu nobiscum mansura sunt quam diu ipsi manebimus.

VIII
(1) Contro il cambiamento di luogo, a prescindere dagli altri svantaggi che vi sono connessi, Varrone, il pi? dotto dei Romani, ritiene che rimedio sufficiente sia il fatto che dovunque noi andiamo abbiamo a che fare con la medesima natura; M. Bruto, invece, pensa che basti, per chi va in esilio, portare con s? le proprie virt?. (2) Anche se qualcuno giudica di scarsa efficacia per un esule questi rimedi se presi singolarmente, bisogna dire che, messi insieme, essi sono efficacissimi. Quanto poco ?, infatti, quello che perdiamo! Due cose ci seguono dovunque noi andiamo e sono le pi? belle che esistono: la natura, che ? comune a tutti, e la nostra virt? personale. (3) Questo ? voluto, credimi, dal creatore dell'universo, chiunque egli sia, un Dio signore di tutte le cose o una mente incorporea artefice di opere meravigliose, o uno spirito divino uniformemente diffuso in tutte le cose, le pi? grandi come le pi? piccole, o il destino e la successione immutabile di cause connesse fra loro; questo, ripeto, ? voluto perch? soltanto le cose infime fossero soggette all'arbitrio altrui. (4) Ci? che vi ? di meglio nell'uomo ? sottratto al potere umano e non pu? essere n? dato n? tolto. Questo universo che di tutte le creazioni della natura ? la pi? grande e la pi? bella, il nostro animo che questo universo contempla e ammira e del quale ? parte splendidissima, appartengono a noi per sempre e resteranno con noi tanto pi? a lungo quanto noi stessi pi? a lungo esisteremo.

[tratta da www.latinivivo.com ]


Seneca, De tranquillitate animi, 4,1-6
IV. 1 Mihi, carissime Serene, nimis uidetur summisisse temporibus se Athenodorus, nimis cito refugisse. Nec ego negauerim aliquando cedendum, sed sensim relato gradu et saluis signis, salua militari dignitate: sanctiores tutioresque sunt hostibus suis qui in fidem cum armis ueniunt. 2 Hoc puto uirtuti faciendum studiosoque uirtutis: si praeualebit fortuna et praecidet agendi facultatem, non statim auersus inermisque fugiat, latebras quaerens, quasi ullus locus sit quo non possit fortuna persequi, sed parcius se inferat officiis et cum dilectu inueniat aliquid in quo utilis ciuitati sit. 3 Militare non licet: honores petat. Priuato uiuendum est: sit orator. Silentium indictum est: tacita aduocatione ciues iuuet. Periculosum etiam ingressu forum est: in domibus, in spectaculis, in conuiuiis bonum contubernalem, fidelem amicum, temperantem conuiuam agat. Officia ciuis amisit: hominis exerceat. 4 Ideo magno animo nos non unius urbis moenibus clusimus, sed in totius orbis commercium emisimus patriamque nobis mundum professi sumus, ut liceret latiorem uirtuti campum dare. Praeclusum tibi tribunal est et rostris prohiberis aut comitiis: respice post te quantum latissimarum regionum pateat, quantum populorum. Numquam ita tibi magna pars obstruetur, ut non maior relinquatur. 5 Sed uide ne totum istud tuum uitium sit. Non uis enim nisi consul aut prytanis aut ceryx aut sufes administrare rem publicam. Quid si militare nolis nisi imperator aut tribunus? Etiam si alii primam frontem tenebunt, te sors inter triarios posuerit, inde uoce, adhortatione, exemplo, animo milita: praecisis quoque manibus, ille in proelio inuenit quod partibus conferat, qui stat tamen et clamore iuuat. 6 Tale quiddam facias: si a prima te rei publicae parte fortuna summouerit, stes tamen et clamore iuues, et, si quis fauces oppresserit, stes tamen et silentio iuues. Numquam inutilis est opera ciuis boni: auditus est uisusque. Vultu, nutu, obstinatione tacita incessuque ipso prodest.
IV 1. A me sembra, carissimo Sereno, che Atenodoro si sia piegato troppo ai tempi, si sia ritirato troppo presto. E io non sono qui a escludere che a un certo punto ci si debba ritirare, ma arretrando a poco a poco e con le insegne intatte, salvaguardando l'onore delle armi: risultano pi? rispettati e pi? sicun quanti si consegnano ai nemici con le armi in pugno. 2. Questo ? ci? che penso sia il compito della virt? e di uno che ama la virt?: se la sorte avr? il sopravvento e recider? la possibilit? di agire, non si dia subito alla fuga volgendo le spalle e gettando le anni, cercando rifugio, quasi che esista davvero un luogo nel quale la sorte non possa raggiungerlo, ma si dedichi agli impegni pubblici con maggiore misura e scelga qualche occupazione in cui possa rendersi utile alla cittadinanza. 3. Non gli ? permesso prestare servizio militare: si candidi a cariche pubbliche. Deve vivere da privato cittadino: faccia l'oratore. t costretto al silenzio: aiuti i cittadini con una assistenza legale tacita. Gli ? pericoloso anche l'ingresso nel foro: nelle case, agli spettacoli, durante i banchetti faccia il buon compagno, l'amico fidato, il convitato sobrio. Ha perduto gli incarichi del cittadino: svolga quelli dell'uomo. 4. Per questo noi con animo grande non ci siamo voluti chiudere nelle mura di una sola citt?, ma ci siamo aperti alla relazione con tutto il mondo e abbiamo affermato di avere il mondo come patria, perch? fosse possibile offrire alla virt? un campo pi? vasto. Ti ? precluso il tribunale e ti ? vietata la frequentazione dei rostri o dei comizi;' I guarda dietro di te che ampia estensione di vastissime terre e di popoli si apra; non ti sar? mai preclusa una parte cos? grande che una pi? grande non ti sia lasciata. 5. Ma fa' attenzione che tutto questo non sia un tuo difetto; infatti non vuoi amministrare lo stato se non da console o da pritano o da araldo o da suffete. Che dire se tu rifiutassi di combattere se non da generale o da tribuno? Anche se altri occuperanno la prima fila, e la sorte ti avr? posto fra i triarii combatti dunque con la voce, con l'esortazione, con l'esempio, con il coraggio: anche con le mani tagliate colui che tuttavia resiste e fa opera di sostegno con le grida trova nella battaglia modo di aiutare il suo partito. 6. Fa' qualcosa di simile: se la sorte ti allontaner? dalla posizione di primo piano nello stato, resisti tuttavia e fa' opera di sostegno con le grida e, se qualcuno ti chiuder? la bocca, resisti tuttavia e fa' opera di sostegno col silenzio. Non ? mai inutile l'opera di un buon cittadino: ascoltato e visto, col volto col cenno con la tacita determinazione e con la stessa andatura aiuta.

[tratta da http://www.filosofia.3000.it/ ]



Quintiliano, Institutio Oratoria, 10.1.125-131

Brano da me tradotto e gi? presente nel forum:
http://www.progettovidio.it/forum2/re...


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