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Mittente:
Bukowski
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Data:
13/09/2002 17.10.42
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Cicerone, Le leggi, I, 60-61
E dunque: quando [quom = cum] l'animo - una volta conosciute a fondo [cognitis perceptisque; l'endiadi ? rafforzativa] le virt? - si affrancher? dal corpo, e rinuncer? ad assecondarne le inclinazioni [discesserit a obsequio indulgentiaque corporis; lett. fut. anteriore; si rende, tuttavia, in fut. semplice, per via della "legge dell'anteriorit?", cos? come tutte le espressioni che qui seguono]; (quando) rinuncer? al piacere, alla stregua [sicut] di una macchia vergognosa di disonore; (quando) fugher? ogni timore della morte e del dolore e si legher? ai suoi (simili) in un vincolo [societate] d'amore [caritatis]; quando diventer? consapevole [duxerit] che tutti (gli uomini sono) suoi simili [coniunctos] per natura; quando si decider? ad accogliere [rendo cos? "susceperit"] il culto degli d?i e (si aprir?) al genuino senso del sacro [religionem puram]; (quando infine) affiner? l'acume [aciem] - della vista sensibile quanto di quella interiore [lett. degli occhi quanto dello spirito] - per scegliere il bene e respingere il male [lett. le cose contrarie (al bene)] - virt? che prende il nome di "prudentia" dalla facolt?/capacit? di "prevedere" [ex prouidendo]; (ebbene allora) che cosa potr? dirsi o pensarsi pi? felice di lui? Allo stesso modo, quando (l'animo) contempler? il cielo [anche qui ? in atto la "legge dell'anteriorit?"], le terre, i mari e la natura di tutte le cose; (quando) diverr? consapevole [viderit] di quale sia la loro origine [unde generata], di dove esse ritorneranno, dei tempi e delle modalit? della loro fine [quando, quo modo obitura], della loro essenza mortale e caduca, e insieme divina ed eterna; (quando), per cos? dire [paene] sfiorer? la divinit? stessa che regge e governa (l'universo) e capir? d'essere esso stesso [l'animo] non circondato da una cinta muraria [ovvero, di non essere un'entit? "atomica", chiusa in solitudine], non abitante di un (sol) luogo definito, bens? cittadino del mondo, ovvero "cosmopolita" [sed ciuem totius mundi quasi unius urbis]; (ebbene allora,) in tale splendida consapevolezza della propria condizione [in hac magnificentia rerum], in tale consapevolezza e conoscenza dell'essenza (del mondo), esso [ille, l'animo] finalmente conoscer? se stesso, o d?i immortali!, secondo il monito di Apollo Delfico [ricorda l'episodio socratico]. (E allora) tutto ci? che, solitamente [volgo = vulgo, avv.], viene inteso di grande importanza, (esso) [l'animo] lo condanner?, lo disprezzer?, lo riterr? un'inezia [pro nihilo].
Trad. Bukowski
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