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Mittente:
Bukowski
Re: Versione Seneca   stampa
Data:
18/09/2002 0.10.22




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Eh s?, ? proprio il "Dell'Ira". Nella mia traduzione "giornaliera" (che in realt? procede molto a rilento) non ci sono ancora arrivato :>.

Seneca, Dell'ira, III, 8 passim

Facciamo in modo di [demus operam ne?; cong. esortativo] scansare [ne? accipiamus] l'ingiuria, visto che non riusciamo a [lett. non sappiamo] sopportar(la). E' opportuno (allora) vivere accanto a persone [lett. insieme con uno?] abbastanza tranquille, "alla mano" [facillimo] e per nulla "snervanti" [anxio] e petulanti. Si acquisiscono i comportamenti [mores] di [lett. da] chi ci ? accanto, e come certe infezioni [vitia] si contagiano per contatto corporeo, cos? l'animo contagia le sue perversioni [mala] a(gli animi) che gli sono vicini: l'ubriaco spinge chi lo frequenta [convictores] all'amore del vino, una compagnia di rammolliti [coetus impudicorum] riesce a corrompere [emollit] anche un uomo forte e - se ? lecito dir cos? - "con tutti gli attributi" [silice natum]; l'avarizia propina il proprio veleno a chi la circonda.
Identico e contrario ? il "metodo" [ratio] della virt? [lett. pl.]: essa addolcisce tutto ci? che la circonda [omne quod secum habent]: ed alla salute non sono utili una localit? ed un clima salubri, tanto quanto la frequentazione tra gente per bene [versari in turba meliore] ad un animo poco saldo.
Quanto sia vero ci?, puoi intuirlo vedendo addirittura le fiere, addomesticate [convictu nostro], diventar mansuete, e (vedendo) che in nessuna bestia - per quanto gigantesca [etiam immani] - sopravviva la sua tipica ferocia [vim], una volta, appunto, addomesticata dall'uomo [si hominis contubernium diu passa est; espressione che ribadisce la precedente]. Ogni irritabilit? [asperitas] viene stemperata, e a poco a poco - in mezzo a tanta dolcezza - dimenticata [dediscitur, propr. disimparata]. A ci? si aggiunga il fatto che colui che frequenta persone pacate non solo diventa migliore in virt? dell'esempio (che riceve), ma anche perch? non trova pretesti [causas] d'adirarsi, e quindi non esercita questa sua nefasta propensione [vitium]. Dovr? quindi evitare tutti [omnis = omnes] coloro che sa istigatori [inritaturos iracundiam].
"Ma chi sono, costoro?" (mi) chiederai [lett. chiedi]. Molti, per diversi motivi, vengono spinti ad istigare [lett. faranno lo stesso; il "facturi" ? perifrastico; ? come se Seneca dicesse: hanno "in potenza" la loro istigazione]: il superbo ti offender? mostrando disprezzo (nei tuoi confronti), il sarcastico mostrando(ti) amara ironia, l'insolente con l'insulto, l'invidioso [lividus] con la sua iella [malignitate], l'attaccabrighe [pugnax] facendo lo spaccone [parafraso cos?: "contentione"], quello "tutto chiacchiere e distintivo" [ricordi De Niro, negl'Intoccabili ;)?; lett. pieno di vento e menzognero] col suo vano "tirarsela" [vanitate].

Trad. Bukowski
  Versione Seneca
      Re: Versione Seneca
 

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