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Mittente:
Bukowski
Re: SENECA   stampa
Data:
02/10/2002 17.32.57




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Seneca, De otio, II

Ora, ti dimostrer? che (nei miei comportamenti) non mi discosto dai precetti degli Stoici e del resto, neanche [ne? quidem] essi si sono discostati dai propri [= hanno vissuto in coerenza con le dottrine che professavano]: ciononostante sarei pi? che scusato ancorch? mi limitassi a seguire [etiam si? sequerer; "etiamsi" ? concessiva] non i loro ammaestramenti, quanto (piuttosto) i loro esempi (di vita). Divider? la mia argomentazione [lett. ci? che dico] in due parti:
1 - chiunque sia in diritto [possit] di dedicarsi interamente, fin dalla fanciullezza, alla contemplazione del Vero, di ricercare una norma (rationem) esistenziale e di esercitar(la) con intima e solitaria consapevolezza [perifrasi per "secreto"];
2 - chiunque sia parimenti in diritto di fare ci? - una volta che abbia assolto ai suoi obblighi militari e si trovi in et? avanzata [profligatae aetatis] - nonch? di delegare [referre] ad altri le (proprie) responsabilit? [actus], come avviene [more] per le Vergini Vestali, le quali - scandendo i propri compiti a seconda degli anni [rendo cos?: "annis diuisis inter officia"] - (prima) imparano a celebrare le sacre liturgie, e (poi), una volta acquisitane dimestichezza [cum didicerunt], (a loro volta lo) insegnano.



Seneca, Consolatio Ad Polibium, XI passim

"Ma (mio fratello) mi ? stato strappato via [= ? morto], quando meno me l'aspettavo [inopinanti; a (me) che non?]". Ogni uomo [lett. la costruzione ? all'attivo, "quemque" ? in accusativo e "credulitas" e "oblivio" sono soggetti; ciononostante, per scorrevolezza, conviene ribaltare il tutto al passivo] ? tratto in inganno dalla propria illusione [credulitas] e, a riguardo delle persone [lett. di ci?] che ama, dalla testarda [voluntaria] "rimozione" [oblivio; intendi in senso simil-freudiano ;)] della (loro) natura mortale. Ma la natura ha dato dimostrazione che non avrebbe "abbonato" [esse facturam gratiam] ad alcuno la propria (ineluttabile) necessit?.
Ogni giorno, passano davanti ai nostri occhi funerali di persone note e di emeriti sconosciuti; e purtuttavia noi storniamo il pensiero [agimus aliud] e crediamo che si verifichi improvviso [s'intende, quando l'evento ferale colpisce i nostri cari] ci? che, nel corso della vita, ci si annuncia nella sua imminenza [futurum; ovvero, che accadr?: il sottinteso ?, ovviamente, la morte].
Non si tratta allora di un'ingiustizia del destino [lett. non ? codesta?], quanto piuttosto di un'aberrazione [pravitas] della mente umana, incontentabile di alcunch?, che sdegnosamente non accetta [lett. indignatur] di dover abbandonare una condizione, nella quale [inde, quo; lett. (allontanarsi) da dove?] ? stata ammessa solo per breve tempo ["precario"; la vita, appunto].
Quanto pi? saggio [iustior] colui che - alla (triste) notizia della morte del (proprio) figlio - parl? con parole che si addicono [vocem? dignam] ad un vero [lett. magno] uomo: "Nel momento in cui lo diedi alla luce, gi? sapevo che sarebbe morto" [ovvero, dal momento della nascita, si intraprende un cammino continuo verso la morte (vd. appena in seguito): pessimismo, o piuttosto realismo, tipicamente stoico].
(E allora) non ti meraviglierai affatto che da costui sia nato un uomo in grado di [qui possit] morire con coraggio. Egli non accolse la notizia della morte del figlio alla stregua [tamquam] di un fatto straordinario [novum; la morte, appunto, rientra nell' "ordinariet?" della vita]: infatti, cosa ha in s? di stra-ordinario la morte di un uomo, la cui intera esistenza altro non ? che un (lungo) viaggio verso la morte? "Nel momento in cui lo diedi alla luce, gi? sapevo che sarebbe morto" (disse); e poi soggiunse un'affermazione di maggiore fermezza e coraggio: "E per questo (fine) l'ho allevato".
Tutti (noi) siamo allevati per questo (fine); chiunque nasce alla vita ? destinato alla morte. E allora, traiamo frutto e gioia da ci? che ci ? dato, e restituiamolo, quando ci verr? richiesto [riferito alla vita]. Il destino (mortale) afferrer? gli uomini in momenti, s?, diversi, ma non risparmier? alcuno. L'animo sia sempre pronto [stet in procinctu] 8ad aspettarsi la morte) non tema mai l'ineluttabile [id quod necesse est], e attenda sempre l'imprevisto [quod incertum est] [insomma: non si faccia mai cogliere impreparata, al momento della morte].

Tradd. Bukowski
  SENECA
      Re: SENECA
 

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