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bukowski
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09/01/2003 22.16.32




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>>> Il governatore Verre spoglia un tempio
Syracusis aedes Minervae ita spoliata ac direpta est, ut non ab aliquo hoste, sed a barbaris praedonibus vexata esse videatur. In ea servaba~ tur, in tabulis picta, Agathoclis regis pugna equestris: iis autem tabulis interiores templi parietes vestiebantur. Nihil erat ea pictura nobilius, nihil in urbe mirabilius. Verres omnes eas tabulas abstulit; pafletes, quorum ornatus tot saecula integri manserant, nudos ac deformatos reliquit. Praeterea viginti et septem tabulas, pulcherrime pictas, ex eadem aede sustulit: in iis imagines regum ac tyrannonim Siciliae erant, omnes magni pretii et pictorum artificio, et formarum exiinia venustate, et clarorum virorum commemorazione. Omnes videre possunt quanto taetrior hic tyrannus Syracusanis fuerit quam quisquam unquam ex superioribus tyrannis. Illi tamen ornaverunt deorum immortalium templa, hic etiam illorum monumenta atque omamenta sustulit.

In Siracusa, il tempio di Minerva venne spogliato e saccheggiato a tal punto che sembrava essere stato razziato non gi? da un nemico, quanto da barbari corsari. In esso era custodita, rappresentata su dipinti, una battaglia equestre del re Agatocle; con questi quadri, inoltre, erano rivestite le pareti interne del tempio. Nulla vi era di pi? nobile e famoso di quella rappresentazione, nulla di pi? bello da vedere in (quella) citt?. Verre trafug? tutti quei dipinti; lasci? (quelle) pareti, i cui ornamenti erano rimasti intatti per tanti secoli, nude e deturpate. Inoltre, trafug? da quel medesimo tempio 27 quadri stupendamente dipinti, sui quali erano ritratti i re ed i tiranni della Sicilia, tutti di grande valore e di ottima fattura, sia per l'estrema bellezza delle immagini sia per il ricordo di uomini famosi. Tutti possono constatare quanto questo tiranno sia stato per i Siracusani pi? obbrobrioso di qualunque altro dei precedenti tiranni: mentre quelli ornarono i templi degli d?i immortali, costui invece ha trafugato quelle loro testimonianze e quei loro ornamenti.


>>> Da una sortita di topi l'origine di Troia
Narrant vetustissimam urbem, quae postea Troia appellata est, a quodam Scamandro conditam esse, qui ob annonam gravissimam Cretam insulam reliquerat. Cum suis gentibus profectus ut novas sedes quaereret, ab Apolline singolare monitum accepisse videtur: nam deus patefecit Scamandrum tum novam patriam inventurum esse, cum noctu terrae filii eundem aggressuri essent. Post longum iter, in Phrygiam Scarnander pervenit, in qua castra posuit apud flumen quod in magna planitie fluebat. Hic nocturno tempore accidit ut arcuum nervi et armorum lora a muribus corroderentur. Tum Cretensium dux hos mures filios terrae esse putavit. Qua re omnibus profugis visum est apud Idam montem novae urbis fundamenta ponere. Praeterea milites per aliquot dies mures necare vetiti sunt.

Si narra che quell'antichissima citt?, che in seguito venne chiamata Troia, fu fondata da un certo Scamandro, il quale aveva abbandonato l'isola di Creta in seguito ad una terribile carestia. Partito insieme alla sua gente alla ricerca di nuove zone da popolare, ricevette - a quanto pare - un singolare vaticinio da Apollo: il dio, infatti, profetizz? che Scamandro avrebbe trovato una nuova patria, allorquando, durante la notte, i figli della terra l'avrebbero aggredito. Dopo un lungo peregrinare, Scamandro giunse in Frigia: in quella regione, s'accamp? nei pressi di un fiume che scorreva in una vasta zona pianeggiante. Accadde, quindi, che - durante la notte - le corde degli archi e le parti in cuoio delle armi vennero rosicate dai topi. Al che, il condottiero dei Cretesi cap? che per "figli della terra" s'intendessero (appunto) i topi. Per la qual cosa, a tutti i profughi parve chiaro di (dover) costruire le fondamenta della nuova citt? nei pressi del monte Ida. Inoltre, per un certo numero di giorni, ai soldati fu proibito di uccidere i topi.


>>> Il presagio di un centurione
Praesagia atque indicia a Romanis instrumenta esse credebantur quibus suas voluntates dii aperirent. Cum enim Galli, qui Romam invaserant, ferro ignique urbem vastavissent, plerisque civibus alio (1) migrare atque novam sedem quaerer-e visum est. Nam ruinae ubicumque adspiciebantur atque ipse locus infaustus esse videbatur. Sed quidam centurio, qui per Gallorum incursum stationi praefuerat, consilium tale recusavit quod turpe et incommodum visum est. Nam, quibusdam militibus arcessitis, minaci voce iuss? edixit- ? Hic vexilla depone, signifer: hic enim optime manebimus ?. Quae vero verba, mira voce dict?, in bonam partem accepta sunt: nam ab omnibus quasi divina omtna habita sunt. Paucis post annis eodern loco urbs aedificata est, non minus splendida ac prospera quam praeterito tempore.

I presagi e le premonizioni erano creduti, dai Romani, essere mezzi attraverso i quali gli d?i manifestavano le loro volont?. Ad esempio, dopo che i Galli - che avevano invaso Roma - ebbero annientato la citt? col ferro e col fuoco, alla maggior parte dei cittadini parve opportuno migrare altrove e cercare una nuova sede. Infatti, le rovine campeggiavano per ogni dove, e il luogo in s? sembrava promanare una cattiva influenza [lett. essere infausto]. Ma un centurione, che aveva mantenuto la sua postazione di difesa durante l'incursione dei Galli, disdegn? una tale risoluzione perch? gli apparve vergognosa e svantaggiosa. E cos?, chiamati a raccolta alcuni soldati, comand? con voce minacciosa: "Deponi qui le insegne, signifero; staremo ottimamente, qui". Invero, tali parole - pronunciate con voce straordinaria - sortirono buon effetto: esse, infatti, furono ritenute da tutti quasi una manifestazione del [omtna ???] divina. Dopo pochi anni, in quello stesso punto venne edificata una citt?, non meno splendida e prospera (di quella che esisteva) in precedenza.



>>> Mi ? nato un figlio.
Philippus, Macedoniae rex, etsi omni fere tempore in negotia belli atque procurationis rei publicae incumbebat, a liberali tamen mus? et a studiis humanitatis numquam abfuit; praeterea dicitur et comiter et lepide pleraque fecisse atque dixisse. Adhuc traduntur libri epistularum eius, munditiae et venustatis et prudentiae plenarum; velut sunt illae litterae, quibus Aristoteli philosopho natum esse sibi Alexandrum nuntiavit. E? epistul?, quoniam hortamentum est curae diligentiaeque in filiorum disciplinas, exscribenda visa est ad commonendos parentum animos. Hoc loco igitur exponenda esse mihi videtur: ? Philippus Aristoteli philosopho salutern dicit. Filium mihi genitum esse scito. Qua re diis habeo gratiam: non proinde quia natus est, quam pro eo quod (1) eum nasci cont?git temporibus vitae tuae. Nam, a te eduetus atque eruditus, haud dubie me dignus exsistet ?.

Filippo, re della Macedonia, sebbene s'applicasse in pratica per tutto il (suo) tempo in faccende relative alla guerra ed all'amministrazione dello Stato, ciononostante non s'astenne mai dalla musa liberale e dagli studi umanistici; inoltre, si dice che la maggior parte delle cose che fece e delle parole che disse (le fece e le disse) con finezza e gusto. Son giunte fino a noi raccolte di sue lettere, piene sia d'eleganza che di saggezza, come (ad esempio) lo ? quella nella quale annunzi? al filosofo Aristotele che gli era nato un figlio, Alessandro.
Tale lettera, poich? contiene un incoraggiamento ad occuparsi dell'educazione dei figli con cura e diligenza, (mi) ? parso opportuno riportarla, come ammonimento per i genitori:
"Filippo saluta il filosofo Aristotele. Sappi che mi ? nato un figlio, per la qual cosa rendo grazie agli d?i: non tanto perch? sia nato, quanto per il fatto che ha avuto la fortuna di nascere al tempo. Infatti, educato ed istruito da te, egli senza dubbio diverr? degno di me".

>>> Antichi commediografi romani
Traduntur, sub Plauti nomine, comoediae circiter centum atque triginta; sed L. Aelius, homo eruditissimus, quinque et viginti esse Plauti solas existimavit. Quae vero a Plauto scriptae esse non videntur atque nomini eius addicuntur, revera veterum poetarum fuerunt non sine ingenio. Varro et plerique alii memoriae tradiderunt in pistrino Plautum ? Saturionem ? et ? Addictum ? et tertiam quandam fabulam scripsisse. Nam, pecuni? omni in mercationibus perdit?, inops Romam ille rediit et, ut victum sibi pararet, operam suam pistori locavit. Naevius quoque egregius fabularum scriptor habitus est. Traditur et ipse fabulas quasdam in carcere composuisse. Nam ob eius adsiduam maledicentiam et probra, principes civitatis eum in vincula coniecerunt. Inde postea a tribunis plebis liberatus est, cum in fabulis petulantias dictorum, quibus antea multos laeserat, diluisset.

Passano attualmente, sotto il nome di Plauto, circa 130 commedie; ma un grande erudito, L. Elio, stim? che solo 25 fossero (effettivamente) di Plauto. E' probabile che le opere che non sembrano essere scritte da Plauto, e che pure gli si attribuiscono, siano state scritte da vecchi poeti (pur) dotati di un certo ingegno.
Varrone e altri hanno raccontato che, in un primo momento, Plauto abbia scritto il "Panciapiena" e "Lo schiavo per debiti", ed una terza commedia di cui non ? pervenuto il titolo [lett. una certa terza commedia]. Infatti, perduti nei commerci tutti i suoi averi, Plauto [lett. egli] se ne ritorn? a Roma senza soldi e, per guadagnarsi il pane, si mise alle dipendenze di un mugnaio. Anche Nevio ? stato considerato un egregio commediografo. Si tramanda, addirittura, ch'egli abbia scritto in carcere alcune delle sue commedie. Infatti, a causa della sua continua satira politica e delle sue colpe, i cittadini pi? illustri lo fecero mettere in carcere. Fu liberato, in seguito, dai tribuni della plebe, poich? nelle sue commedie aveva riparato i suoi eccessi verbali, con i quali aveva in precedenza offeso molte persone.


>>> Feroce lotta per il regno
In Perside Dar?us rex moriens Artaxerxi, maiori natu filio, regnum testamento legavit; Cyro autem iuniori Lydiae civitates tribuit, quarum iam praefectus erat. At omnibus fautoribus visus est Cyrus gravem iniuriam accepisse: qua re ad seditionem adsidue eum incitabant. Mox princeps occulte adversus fratrem bellum parare coepit. Dicitur Artaxerses, cum id comperisset, fratrem aureis compedibus vinxisse atque in carcer-em coniecisse. Dimissus deinde Cyrus iam non occulte bellum, sed palam parare coepit et magna auxilia undique contraxit. Dum interea ministri regni apparatus belli patefacere vetuntur, mercenarii Lacedaemonii apud regem arcessuntur: ita magnus exercitus constituitur. Apud Cunaxa (1), in sinistra Euphratis ripa, acriter pugnatum est. Cyrus feroci animo regem aggressus est, sed ab illo interfectus est.

In Persia, il re Dario, in punto di morte, lasci? per testamento il regno ad Antaserse, (suo) figlio maggiore; al minore, Ciro, invece, assegn? le citt? della Lidia, delle quali egli era gi? governatore. A tutti quelli del suo seguito parve che Ciro avesse ricevuto un grave affronto; per la qual cosa, lo incitavano assiduamente alla sedizione. Cos?, il principe cominci?, di nascosto, a preparare la guerra contro il fratello. Si dice che Antaserse, venuto a conoscenza di ci?, fece legare il fratello con ceppi d'oro, e lo fece incarcerare. Rimesso quindi in libert?, Ciro si prepar? ad una guerra oramai non nascosta, ma palese, e da ogni dove contrasse alleanze importanti. Mentre, frattanto, ai ministri del regno viene impedito di svelare la preparazione della guerra, mercenari spartani s'uniscono al re; in tal modo, viene allestito un grande esercito. Si combatt? in modo feroce a Cunassa, sulla riva sinistra dell'Eufrate. Ciro con animo feroce attacc? il fratello, ma da quello venne ucciso.


>>> Un primato preannunziato
Euripides poeta humili genere natus esse traditur. Patri autem eius ab astrologis praenuntiatum est illum pucrum victorem in certaminibus futurum esse. Qua re patri videbatur Euripides quondam athleta futurus esse. Postea, confirmato exercitatoque eius corpore, ut certaret inter athletas adulescentes Olympiam eum deduxit. At primo certamine propter aetatem non receptus est; postea ex Eleusino certamine primum victor excessit. Non athleta tamen sed philosophus vel tragoediarum scriptor Euripides fieri appetebat. Ideo mox Anaxagorae philosophi atque Procidi rhetoris auditor factus est, in philosophi? de moribus autem Socratis. Aetatis anno decimo nono tragoedias componere coepit. Traditur Euripides in taetra atque horrida spelunca persaepe tragoedias scripsisse. Cum iam senex in Macedonia mortuus esset, Macedones pulcherrimum monumentum, ad eius memoriam, aedificari iusserunt.

Si tramanda che il poeta Euripide fu di umili origini. Ma a suo padre venne pronosticato dagli astrologhi ch'egli sarebbe diventato un illustre vincitore in competizioni. Per la qual cosa, il padre credeva che Euripide sarebbe diventato, un giorno, un atleta. Quindi, dopo aver fatto irrobustire ed allenare il suo corpo, lo port? adolescente [suppongo: adolescentem] in Olimpia, per metterlo in competizione fra gli atleti. Ma egli alla prima competizione non fu accettato, per via dell'et?; in seguit?, usc? vincitore per la prima volta dalla competizione eleusina. Tuttavia, Euripide aspirava a diventare non un atleta, bens? un filosofo o un tragediografo. Perci?, dopo poco tempo, divenne discepolo del filosofo Anassagora e del retore Procida, mentre in filosofia divenne seguace della morale socratica. Cominci? a scrivere tragedie a 19 anni. Si tramanda che Euripide componesse, spesso e volentieri, le (proprie) tragedie in una spelonca tetra e orrida. Morto, oramai vecchio, in Macedonia, i Macedoni fecero erigere, in sua memoria, un monumento magnifico.

Tradd. Bukowski
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