Data:
04/09/2003 23.10.01
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Cicerone, De oratore, I, 14 sgg.
(14) Nam postea quam imperio omnium gentium constituto diuturnitas pacis otium confirmavit, nemo fere laudis cupidus adulescens non sibi ad dicendum studio omni enitendum putavit; ac primo quidem totius rationis ignari, qui neque exercitationis ullam viam neque aliqund praeceptum artis esse arbitrarentur, tantum, quantum ingenio et cogitatione poterant, consequebantur; post autem auditis oratoribus Graecis cognitisque eorum litteris adhibitisque doctoribus incredibili quodam nostri homines dicendi studio flagraverunt. (15) Excitabat eos magnitudo, varietas multitudoque in omni genere causarum, ut ad eam doctrinam, quam suo quisque studio consecutus esset, adiungeretur usus frequens, qui omnium magistrorum praecepta superaret; erant autem huic studio maxima, quae nunc quoque sunt, exposita praemia vel ad gratiam vel ad opes vel ad dignitatem.
Infatti dopo che, imposto il nostro dominio su tutte le genti, il perdurare della pace garant? la tranquillit?, non ci fu quasi mai giovane, desideroso di gloria, che non ritenesse doveroso dedicarsi con il massimo zelo all'eloquenza. Da principio, in verit?, sprovvisti com'erano di qualsiasi conoscenza teorica, in quanto non pensavano esistessero un qualche metodo di esercitazioni pratiche n? qualche particolare precetto, raggiungevano i risultati che potevano ottenere con le qualit? naturali e con la personale riflessione; successivamente, invece, dopo aver ascoltato gli oratori greci, studiato le loro opere e fatto ricorso a maestri greci, i nostri concittadini si appassionarono in modo incredibile all'oratoria. Li stimolavano la variet?, l'importanza e il gran numero di processi di ogni genere, cosicch? alle conoscenze teoriche acquisite con lo studio si aggiungeva la pratica frequente, che valeva pi? dei precetti di tutti i maestri. D'altronde, come oggi, i premi in palio erano altissimi: popolarit?, ricchezza, prestigio.
Trad. AAVV
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