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Mittente:
bukowski
Re: Filippica III di CICERONE   stampa
Data:
09/10/2003 18.20.02




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Cicerone, Filippiche, III, 11-15

[11] Postremo Tarquinius pro populo Romano bellum gerebat tum cum est expulsus; Antonius contra populum Romanum exercitum adducebat tum, cum a legionibus relictus nomen Caesaris exercitumque pertimuit neglectisque sacrificiis sollemnibus ante lucem vota ea, quae numquam solveret, nuncupavit, et hoc tempore in provinciam populi Romani conatur invadere. Maius igitur a D.Bruto beneficium populus Romanus et habet et expectat, quam maiores nostri acceperunt a L.Bruto, principe huius maxime conservandi generis et nominis.
[12] [V] Cum autem omnis servitus est misera, tum vero intolerabile est servire inpuro, inpudico, effeminato, numquam ne in metu quidem sobrio. Hunc igitur qui Gallia prohibet, privato praesertim consilio, iudicat verissimeque iudicat non esse consulem. Faciendum est igitur nobis, patres conscripti, ut D.Bruti privatum consilium auctoritate publica comprobemus. Nec vero M.Antonium consulem post Lupercalia debuistis putare; quo enim ille die, populo Romano inspectante, nudus, unctus, ebrius est contionatus et id egit, ut collegae diadema imponeret, eo die se non modo consulatu, sed etiam libertate abdicavit. Esset enim ipsi certe statim serviendum, si Caesar ab eo regni insigne accipere voluisset. Hunc igitur ego consulem , hunc civem Romanum, hunc liberum, hunc denique hominem putem, qui foedo illo et flagitioso die, et quid pati C.Caesare vivo posset, et quid eo mortuo consequi ipse cuperet, ostendit?
[13] Nec vero de virtute, constantia, gravitate provinciae Galliae taceri potest. Est enim ille flos Italiae, illud firmamentum imperii populi Romani, illud ornamentum dignitatis. Tantus autem est consensus municipiorum coloniarumque provinciae Galliae, ut omnes ad auctoritatem huius ordinis maiestatemque populi Romani defendendam conspirasse videantur. Quam ob rem, tribuni pl., quamquam vos nihil aliud nisi de praesidio, ut senatum tuto consules Kalendis Ianuariis habere possent, rettulisti, tamen mihi videmini magno consilio atque optima mente potestatem nobis de tota re publica fecisse dicendi. Cum enim tuto haberi senatum sine praesidio non posse iudicavistis, tum statuistis etiam intra muros Antoni scelus audaciamque versari.
[14] [VI] Quam ob rem omnia mea sententia complectar vobis, ut intellego, non invitis, ut et praestantissimis ducibus a nobis detur auctoritas et fortissimis militibus spes ostendatur praemiorum et iudicetur non verbo, sed re non modo non consul, sed etiam hostis Antonius. Nam, si ille consul, fustuarium meruerunt legiones, quae consulem reliquerunt, sceleratus Caesar, Brutus nefarius, qui contra consulem privato consilio exercitus comparaverunt. Si autem militibus exquirendi sunt honores novi propter eorum divinum atque immortale meritum, ducibus autem ne referri quidem potest gratia, quis est, qui eum hostem non existimet, quem qui armis persequantur, conservatores rei publicae iudicentur?
[15] At quam contumeliosus in edictis, quam barbarus, quam rudis! Primum in Caesarem maledicta congessit, deprompta ex recordatione impudicitiae et stuprorum suorum. Quis enim hoc adulescente castior, quis modestior? quod in iuventute habemus inlustrius exemplum veteris sanctitatis? quis autem illo, qui male dicit, impurior? Ignobilitatem obicit C.Caesaris filio, cuius etiam natura pater, si vita suppeditasset, consul factus esset. Aricina mater. Trallianam aut Ephesiam putes dicere. Videte, quam despiciamur omnes, qui sumus e municipiis, id est omnes plane; quotus enim quisque nostrum non est? Quod autem municipi?m non contemnit is, qui Aricinum tanto opere despicit vetustate antiquissimum, iure foederatum, propinquitate paene finitimum, splendore municipum honestissimum?

Finalmente, Tarquinio, quando fu espulso, stava conducendo una guerra in nome del popolo romano; Antonio invece stava marciando alla testa dei suoi contro il popolo romano, allorch? abbandonato da alcune legioni si mise paura del nome e dell'esercito di Cesare; allora senza compiere neppure i sacrifici di rito, ma prima dell'alba pronunci? alcuni voti che non avrebbe mai realizzati: in questo momento tenta di occupare una provincia del popolo romano. Ecco dunque perch? il beneficio che il popolo romano ha oggi ricevuto da Decimo Bruto - e altri ne aspetta - ? anche pi? grande di quello che i nostri padri ricevettero da quel Lucio Bruto che fu il primo di una stirpe e di un nome che sopra ogni altro ? degno di memoria. Ogni servit? ? sempre un male; ma assolutamente intollerabile ? servire ad un immondo, ad uno spudorato, ad un effeminato, ad uno sempre ubriaco, anche quando ha paura. Chi impedisce ad un uomo siffatto di occupare la Gallia, dimostra, soprattutto se lo fa di propria iniziativa, di non giudicarlo pi?, e a buona ragione, investito dell'autorit? di console. Il nostro compito, dunque, ?, o senatori, quello di legalizzare questa personale iniziativa con una nostra sanzione ufficiale.
Del resto, dopo le feste Lupercali, non era pi? il caso che voi continuaste a considerare Marco Antonio come console: perch? in quel giorno dei Lupercali, quando ha tenuto un discorso alla presenza del popolo romano, cos? nudo come stava, spalmato di profumo e ubriaco, e ha tentato anche di porre il diadema regale sul capo del collega, in quel giorno, ripeto, lui stesso ha abdicato non solo al consolato, ma alla libert?. Infatti, se Cesare avesse voluto accettare l'insegna che gli offriva, proprio ad Antonio sarebbe toccato sottomettersi subito come schiavo. E io dovrei vedere in lui ancora il console, il cittadino romano, l'uomo libero, dovrei insomma considerarlo un uomo, se in quel giorno di bruttura e di vergogna ha chiaramente mostrato di quale vilt?, vivo Cesare, era capace, e quali erano le sue mire ambiziose dopo la morte di Cesare? Ma non si pu? non ricordare il coraggio, la lealt?, la fermezza della provincia della Gallia. ? il fiore d'Italia, ? il baluardo dell'impero romano, ? l'ornamento pi? bello della maest? di Roma. L'accordo dei municipi e delle colonie di questa provincia ? cosi grande che tutti sembrano un blocco unico pronto a difendere l'autorit? del senato e la maest? del popolo romano. Per le predette ragioni, anche se la vostra proposta, o tribuni della plebe, riguarda soltanto la costituzione di un presidio armato che dia ai consoli la possibilit? di riunire, il primo gennaio, il senato con ogni garanzia, mi pare che questa riunione dovuta alla vostra saggia oculatezza, ci abbia dato anche la possibilit? di trattare della situazione politica in generale. Infatti giudicando che una riunione del senato non ? possibile senza un presidio, implicitamente siete venuti a riconoscere che la criminale audacia di Antonio si esercita anche entro le mura di Roma.
Per queste ragioni, ecco la proposta che riassume quanto precede e incontrer?, io sento, il vostro consenso: agli insigni generali sia conferita un'autorit? che derivi da noi; ai valorosi soldati si offra la speranza di ricompense; si dichiari non gi? a parole, ma con una nostra regolare decisione, che Antonio non solo ? decaduto da console, ma ? anche nemico pubblico. Perch? se ? console, allora le legioni si sono rese passibili di fustigazione perch? hanno abbandonato un console; allora Cesare ? uno scellerato, Bruto un empio, perch? di propria iniziativa hanno organizzato eserciti contro un console. Al contrario, se per i soldati dobbiamo immaginare onori di nuovo genere che valgano a compensarli dei divini e immortali servigi che hanno reso, e se verso i generali non c'? gratitudine che basti, chi pu? ancora credere che Antonio non ? un nemico, quando coloro che lo inseguono con le armi in pugno sono giudicati come salvatori della patria? A quali ingiurie si lascia andare nei suoi editti! Che ignoranza, che grossolanit? dimostra! Un primo cumulo di insulti lo ha ammassato contro Cesare, tirandoli fuori dal ricordo delle sue personali sporche abitudini. Ma dove si trova un giovi netto pi? virtuoso, pi? modesto di Cesare? Fra la giovent?, quale pi? luminoso esempio di una purezza che sa di altri tempi? E invece chi pi? impudico del calunniatore? L'oscurit? dei natali: ecco il rimprovero che egli muove ad un giovane che ha come padre di adozione Gaio Cesare, ed ebbe come padre naturale un uomo destinato ad esser console, se avesse avuto vita a sufficienza. ?Ma sua madre fu di Aricia!?. Lo dici com,e se parlassi di una di quelle... di Tralle o di Efeso! Eccovi un esempio del disprezzo con cui si giudica di noi che veniamo dai municipi, che ? quanto dire di tutti: quanti di noi infatti sono quelli che non vengono da un municipio? Non c'? municipio che costui non offenda col suo sprezzante giudizio su Aricia, il municipio pi? antico d'origine, confederato nostro, situato quasi ai confini col nostro territorio, il pi? accreditato per la rinomanza dei suoi cittadini.

Trad. B. Mosca
  Filippica III di CICERONE
      Re: Filippica III di CICERONE
 

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