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Mittente:
bukowski
Orazio - vita svetoniana   stampa
Data:
14/10/2003 22.50.53




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Q. HORATIUS FLACCUS, Venusinus, patre ut ipse tradit libertino et exactionum coactore (ut vero creditum est salsamentario, cum illi quidam in altercatione exprobrasset: "Quotiens ego vidi patrem tuum brachio se emungentem!") bello Philippensi excitus a Marco Bruto imperatore, tribunus militum meruit; victisque partibus venia impetrata scriptum quaestorium comparavit. Ac primo Maecenati, mox Augusto insinuatus non mediocrem in amborum amicitia locum tenuit. Maecenas quantopere eum dilexerit satis testatur illo epigrammate:
"Ni te visceribus meis, Horati,
Plus iam diligo, tu tuum sodalem
Ninnio videas strigosiorem";
sed multo magis extremis iudiciis tali ad Augustum elogio: "Horati Flacci ut mei esto memor".
Augustus epistolarum quoque ei officium optulit, ut hoc ad Maecenatem scripto significat: "Ante ipse sufficiebam scribendis epistulis amicorum, nunc occupatissimus et infirmus Horatium nostrum a te cupio abducere. Veniet ergo ab ista parasitica mensa ad hanc regiam, et nos in epistulis scribendis iuvabit." Ac ne recusanti quidem aut suscensuit quicquam aut amicitiam suam ingerere desiit. Exstant epistulae, e quibus argumenti gratia pauca subieci: "Sume tibi aliquid iuris apud me, tamquam si convictor mihi fueris; recte enim et non temere feceris, quoniam id usus mihi tecum esse volui, si per valitudinem tuam fieri possit." Et rursus: "Tui qualem habeam memoriam, poteris ex Septimio quoque nostro audire; nam incidit ut illo coram fieret a me tui mentio. Neque enim si tu superbus amicitiam nostram sprevisti, ideo nos quoque anthuperephanoumen." Praeterea saepe eum inter alios iocos "purissimum penem" et "homuncionem lepidissimum" appellat, unaque et altera liberalitate locupletavit. Scripta quidem eius usque adeo probavit mansuraque perpetuo opinatus est, ut non modo Saeculare carmen componendum iniunxerit sed et Vindelicam victoriam Tiberii Drusique, privignorum suorum, eumque coegerit propter hoc tribus Carminum libris ex longo intervallo quartum addere; post sermones vero quosdam lectos nullam sui mentionem habitam ita sit questus: "Irasci me tibi scito, quod non in plerisque eius modi scriptis mecum potissimum loquaris; an vereris ne apud posteros infame tibi sit, quod videaris familiaris nobis esse?" Expressitque eclogam ad se, cuius initium est:
"Cum tot sustineas et tanta negotia solus,
Res Italas armis tuteris, moribus ornes,
Legibus emendes: in publica commoda peccem,
Si longo sermone morer tua tempora, Caesar."
Habitu corporis fuit brevis atque obesus, qualis et a semet ipso in saturis describitur et ab Augusto hac epistula: "Pertulit ad me Onysius libellum tuum, quem ego ut excusantem, quantuluscumque est, boni consulo. Vereri autem mihi videris ne maiores libelli tui sint, quam ipse es; sed tibi statura deest, corpusculum non deest. Itaque licebit in sextariolo scribas, ut circuitus voluminis tui sit ogkodestatos, sicut est ventriculi tui."
Ad res Venerias intemperantior traditur; nam speculato cubiculo scorta dicitur habuisse disposita, ut quocumque respexisset ibi ei imago coitus referretur. Vixit plurimum in secessu ruris sui Sabini aut Tiburtini, domusque eius ostenditur circa Tiburni Iuculum. * * * * Venerunt in manus meas et elegi sub titulo eius et epistula prosa oratione quasi commendantis se Maecenati, sed utraque falsa puto; nam elegi vulgares, epistula etiam obscura, quo vitio minime tenebatur.
Natus est VI Idus Decembris L. Cotta et L. Torquato consulibus, decessit V Kl. Decembris C. Marcio Censorino et C. Asinio Gallo consulibus post nonum et quinquagesimum diem quam Maecenas obierat, aetatis agens septimum et quinquagesimum annum, herede Augusto palam nuncupato, cum urgente vi valitudinis non sufficeret ad obsignandas testamenti tabulas. Humatus et conditus est extremis Esquiliis iuxta Maecenatis tumulum.



Quinto Orazio Flacco era di Venosa; suo padre, come lui informa, era uno schiavo affrancato, esattore nelle aste. Altri credettero, invece, che fosse pizzicagnolo, perch? un tale in un litigio gli disse: ?quante volte ho visto tuo padre che si puliva col braccio il naso!?. Durante la campagna di Filippi, spinto da Marco Bruto, che era comandante, prest? servizio come tribuno militare; quando la sua fazione ebbe la peggio, ottenuta l?amnistia, si procur? (compr?) l?ufficio di scrivano presso l?amministrazione dei questori. Entrato in confidenza prima con Mecenate, poi con Augusto, occup? un posto non irrilevante nell?amicizia di entrambi. Mecenate dimostra quanto bene gli volle nell?epigramma: ?Se non ti voglio bene, Orazio, pi? a te che alle mie viscere: possa tu vedere l?amico tuo pi? striminzito di ??.
Molto di pi? tuttavia (lo mostra) in queste ultime affermazioni, in quell?articolo del testamento indirizzato ad Augusto: ?Ricordati di Orazio Flacco come di me?.
Augusto gli offr? anche l?incarico di segretario per la corrispondenza privata, come esprime in questo scritto a Mecenate: ?Finora reggevo a mantenere la corrispondenza con le persone amiche; ora sono pieno di impegni, non sto bene e penso di portarti via il nostro Orazio. Dunque egli verr? da questa mensa ospitale tua alla mia, dove l?anfitrione ? un re. E potr? cos? esserci utile per la corrispondenza?. Orazio non ne volle sapere, ma lui non se la prese affatto, e non cess? di coltivarne l'?micizia. Rimangono lettere dalle quali, sull?argomento, ho preso qualche frase: ?Ritieni pure d?aver nei miei riguardi qualche diritto, come se tu fossi compagno della mia tavola; farai cosa retta e non sar? sconsiderata la tua condotta. Io vedi ho voluto che ci fossero tra me e te questi rapporti, se ci? potesse avvenire data la tua salute?. E cos? pure: ?Potrai udir da Settimio quale vivo ricordo ho di te, ? avvenuto appunto che in sua presenza io facessi menzione di te. D?altra parte se tu hai, dandoti tante arie, disprezzato la nostra amicizia, non per questo pure noi risponderemo dandoci in cambio delle arie?. Inoltre spesso oltre alle altre frasi scherzose lo chiama ?pene purissimo? e ?ometto spiritosissimo? e lo aiut? una e altre volte con generosit?.
Egli stimava tanto le sue opere ed era convinto della loro durata perpetua, che non solo gli chiese di comporre il Carme Secolare, ma anche (di cantare) la vittoria sui Vindelici di Tiberio e di Druso suoi figliastri, e perci? lo costrinse ad aggiungere, dopo un lungo intervallo un quarto libro ai primi tre delle Odi. Anzi egli lesse alcune Epistole (qui sermones), e si lament? cos? di non aver trovato alcuna menzione di s?: ?Sappi che sono arrabbiato con te; tu non rivolgi mai la parola a me in modo particolare, in un numero cos? grande di scritti Hai forse paura di far brutta figura con i posteri, per il fatto di mostrarti mio buon amico??. E cos? gli fece scrivere un componimento, che inizia cos?:
?Poich? tanti e cos? grandi affari tu sostieni da solo: con le armi assicuri l?impero, lo adorni di lodati costumi, con le leggi lo rendi migliore, molto sarei colpevole verso il pubblico bene, se ti togliessi il tempo con un lungo discorso, o Cesare?.
Era di basa statura, e grassoccio, come si descrive egli stesso nelle Satire, e Augusto stesso in questa lettera: ?Onisio mi ha portato il tuo libretto che io tengo in buona considerazione, pur piccolino, in quanto si accusa da s? [della sua brevit?]. Mi pare che tu tema che i tuoi libri diventino pi? grandi di quanto tu sei. Ma a te manca la statura, non ti manca per? la corporatura. Perci? potrai scrivere nel formato di un orcioletto, cosicch? la circonferenza del tuo volume sia tal quale quella della tua pancia?.
Si racconta che fosse assai smodato nei piaceri amorosi; infatti si dice che avesse disposto in una stanza ricoperta di specchi delle prostitute in modo che, da qualunque parte volgesse lo sguardo, gli si presentava l?immagine di un amplesso amoroso.
Trascorse la sua vita per la maggior parte nel ritiro della villa sabina o di Tivoli: si mostra la casa presso il boschetto di Tivoli.
Sono giunte nelle mie mani alcune elegie sotto il suo nome e una lettera in prosa in cui si raccomanda a Mecenate, ma io le ritengo false le une e l?altra. Infatti le elegie sono senza valore, e la lettera anche oscura, vizio del quale non era afflitto.
Nato l?8 dicembre, sotto il consolato di L.Cotta e L.Torquato, mor? il 27 novembre, consoli Gaio Marcio Censorino e Gaio Asinio Gallo, dopo cinquantanove giorni <dacch? era morto Mecenate, a cinquantasette> anni di et?. Design? come erede Augusto a voce, poich? la violenza della malattia era tale che non ebbe la forza di apporre il sigillo al testamento. Fu sepolto nella parte estrema dell?Esquilino, presso la tomba di Mecenate.

Fonte: www.classics.unibo.it/Didattica/LatBC...
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