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bukowski
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10/01/2004 13.03.15




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Lucrezio:
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Ovidio, Ars amatoria, I, vv. 459-486.

Disce bonas artes, moneo, Romana iuventus,
Non tantum trepidos ut tueare reos; 460
Quam populus iudexque gravis lectusque senatus,
Tam dabit eloquio victa puella manus.
Sed lateant vires, nec sis in fronte disertus;
Effugiant voces verba molesta tuae.
Quis, nisi mentis inops, tenerae declamat amicae? 465
Saepe valens odii littera causa fuit.
Sit tibi credibilis sermo consuetaque verba,
Blanda tamen, praesens ut videare loqui.
Si non accipiet scriptum, inlectumque remittet,
Lecturam spera, propositumque tene. 470
Tempore difficiles veniunt ad aratra iuvenci,
Tempore lenta pati frena docentur equi:
Ferreus adsiduo consumitur anulus usu,
Interit adsidua vomer aduncus humo.
Quid magis est saxo durum, quid mollius unda? 475
Dura tamen molli saxa cavantur aqua.
Penelopen ipsam, persta modo, tempore vinces:
Capta vides sero Pergama, capta tamen.
Legerit, et nolit rescribere? cogere noli:
Tu modo blanditias fac legat usque tuas. 480
Quae voluit legisse, volet rescribere lectis:
Per numeros venient ista gradusque suos.
Forsitan et primo veniet tibi littera tristis,
Quaeque roget, ne se sollicitare velis.
Quod rogat illa, timet; quod non rogat, optat, ut instes; 485
Insequere, et voti postmodo compos eris.

Nobili arti impara, romana giovent?, e non soltanto
affinch? tu difenda trepidanti imputati:
come il popolo, il giudice, bench? severo, e il senato eletto,
si arrender? la donna, vinta, alla tua parola.
Ma nascondi i tuoi mezzi, non esibire l'eloquenza, ogni
tuo accento da parole eccessive rifugga.
Chi, se non uno sciocco, fa un'arringa alla tenera sua amica?
Forte avversione nacque da una lettera spesso.
Usa invece una lingua vera e parole usuali, seducenti
che un giorno legga, e tu persisti nel tuo intento.
Indocili giovenchi all'aratro si adattano col tempo,
i cavalli accettano col tempo il molle freno.
Un anello di ferro, se usato assiduamente, si consuma,
rode il vomere adunco la terra che lo copre.
Che cosa della pietra ? pi? duro, che dell'onda pi? molle?
Ma l'acqua, se pur molle, scava la dura pietra.
Penelope, anche lei, col tempo, abbi costanza, vincerai,
vedi, Pergamo stessa fu presa, pur se tardi.
Se, bench? l'abbia letto, non risponde al tuo scritto, tu non devi
costringerla, fai solo che legga e che rilegga
le tue dolci parole, e lei risponder? a quello che ha letto:
seguono i loro numeri e gradi queste cose.
Ti arriver?, pu? darsi, inizialmente una lettera amara
in cui giunga a pregarti di non sollecitarla.
Ma, ci? che chiede, teme, ci? che vuole, non chiede: che tu insista.
Inseguila, ben presto avrai quello che brami.

Trad. G. Leto


Properzio, Elegie, I, 5 vv.

quid tibi vis, insane? meos sentire furores?
infelix, properas ultima nosse mala,
et miser ignotos vestigia ferre per ignis,
et bibere e tota toxica Thessalia.
non est illa vagis similis collata puellis:
molliter irasci non solet illa tibi.
quod si forte tuis non est contraria votis,
at tibi curarum milia quanta dabit!
non tibi iam somnos, non illa relinquet ocellos:
illa feros animis alligat una viros.
a, mea contemptus quotiens ad limina curres,
cum tibi singultu fortia verba cadent,
et tremulus maestis orietur fletibus horror,
et timor informem ducet in ore notam,
et quaecumque voles fugient tibi verba querenti,
nec poteris, qui sis aut ubi, nosse miser!
tum grave servitium nostrae cogere puellae
discere et exclusum quid sit abire domum;
nec iam pallorem totiens mirabere nostrum,
aut cur sim toto corpore nullus ego.
nec tibi nobilitas poterit succurrere amanti:
nescit Amor priscis cedere imaginibus.
quod si parva tuae dederis vestigia culpae,
quam cito de tanto nomine rumor eris!
non ego tum potero solacia ferre roganti,
cum mihi nulla mei sit medicina mali;
sed pariter miseri socio cogemur amore
alter in alterius mutua flere sinu.
quare, quid possit mea Cynthia, desine, Galle,
quaerere: non impune illa rogata venit.

Che mai ti vai cercando, pazzo? Provare la mia stessa passione?
Infelice, hai voglia di conoscere l'estremo di tutti i mali,
camminare, sciagurato, per fuochi nascosti dalla cenere,
bere i veleni dell'intera Tessaglia.
Se la confronti, lei non ha niente delle donne leggere:
se se la prende, c'? poco da scherzare.
Se anche per caso non ? contraria alle tue brame,
che montagna di pene ti dar?!
Non ti lascer? pi? dormire, n? gli occhi per guardare,
? capace di mettere in catene l'uomo pi? duro.
Quante volte, respinto, ti precipiterai a casa mia
e tra i singhiozzi ti verranno meno le parole decise,
tra mesti pianti, brividi di paura proverai,
mentre l'angoscia stravolger? il tuo viso.
Per la tua voglia di lamenti, non troverai parole
e, infelice, pi? non saprai chi tu sia, n? dove!
Allora imparerai quanto ? pesante il servaggio della donna mia,
e che si prova quando, respinti, si ritorna a casa:
non ti chiederai pi?, stupito, il perch? del mio pallore,
e come il corpo mi si sia ridotto a un niente.
Non la tua nobilt? verr? in soccorso al tuo amore:
Amore non si inchina alle immagini degli avi.
E se solo una piccola traccia dietro a te lascerai della tua storia,
con tutto il tuo gran nome, finirai favola tra la gente.
Allora non potr? portare aiuto alle tue suppliche,
a questo male neppure per me stesso so il rimedio;
ma finiremo, ugualmente infelici per un comune amore,
a piangere fra le braccia l'uno dell'altro.
Perci?, o Gallo, non cercar di conoscere i poteri della mia Cinzia:
se tu la chiami, non giunge mai senza portarti pena.

Trad. R. Gazich


Tibullo:

gi? in forum:
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Scusa il ritardo, ma problemi di connessione adsl della mia citt? m?hanno tagliato fuori per quasi tutta la giornata di ieri. Saluti.
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