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Mittente:
bukowski
Re: seneca:le passioni   stampa
Data:
19/01/2004 4.40.46




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La difficolt? sta nel fatto che tutt?e tre le opere son dedicate interamente alle passioni, pur se sotto diversi risvolti. Pi? che trovarti frasi ad effetto, comunque, preferisco enuclearti passaggi-chiave da tutt?e tre, per mostrarti secondo quali livelli di discorso Seneca affronti, appunto, la problematica delle passioni:


1) Essere liberi dalle passioni significa essere felici?

Seneca, Vita beata, V passim

[?] potest beatus dici qui nec cupit nec timet beneficio rationis, quoniam et saxa timore et tristitia carent nec minus pecudes; non ideo tamen quisquam felicia dixerit quibus non est felicitatis intellectus. 2. Eodem loco pone homines quos in numerum pecorum et animalium redegit hebes natura et ignoratio sui. Nihil interest inter hos et illa, quoniam illis nulla ratio est, his praua et malo suo atque in peruersum sollers; beatus enim dici nemo potest extra ueritatem proiectus. 3. Beata ergo uita est in recto certoque iudicio stabilita et inmutabilis. Tunc enim pura mens est et soluta omnibus malis, quae non tantum lacerationes sed etiam uellicationes effugerit, statura semper ubi constitit ac sedem suam etiam irata et infestante fortuna uindicatura. 4. Nam quod ad uoluptatem pertinet, licet circumfundatur undique et per omnis uias influat animumque blandimentis suis leniat aliaque ex aliis admoueat quibus totos partesque nostri sollicitet, quis mortalium, cui ullum superest hominis uestigium, per diem noctemque titillari uelit et deserto animo corpori operam dare?

[?] possiamo ancora definire felice chi, grazie alla ragione, non ha n? timori n? passioni. In effetti, n? i sassi provano paura e tristezza n? certamente gli animali. Non per questo si potrebbe dire che sono felici, dal momento che manca loro la consapevolezza della felicit?. Vanno messi sullo stesso piano gli uomini che la loro stupidit? e l'incoscienza di s? relegano tra le bestie. Non c'? nessuna differenza tra questi e quelle: infatti, le bestie non sono dotate di ragione, questi uomini ne hanno poca e per di pi? si ritorce a loro danno. Ora, nessuno pu? dirsi felice se sta fuori dalla verit?. Dunque ? beata la vita che si basa costantemente su un giudizio retto e fermo. E' allora infatti che la mente ? pura, libera da ogni male, capace di sottrarsi sia alle ferite sia alle graffiature, decisa a restare dove si trova e a difendere la sua posizione anche contro le avversit? e le persecuzioni della sorte. Per quanto poi concerne il piacere, se pure si spande tutto intorno e si insinua in ogni fessura, ci blandisce l'anima con sue lusinghe e ci mette davanti una tentazione dopo l'altra per sedurci completamente o almeno in parte, c'? forse un uomo, cui resti un briciolo di umanit?, che vorr? lasciarsi trastullare giorno e notte e vorr? trascurare l'animo per dedicarsi solo al corpo?

Fonte: www.latinovivo.com


2) ? anche se talora gli uomini preferiscono, al tedio, una vita pregna di passioni, scambiandola per (falsa) felicit??

Seneca, Tranquillit? dell?animo, II, 10-11 passim

[?] (alit enim liuorem infelix inertia et omnes destrui cupiunt, quia se non potuere prouehere); 11 ex hac deinde auersatione alienorum processuum et suorum desperatione obirascens fortunae animus et de saeculo querens et in angulos se retrahens et poenae incubans suae, dum illum taedet sui pigetque. Natura enim humanus animus agilis est et pronus ad motus. Grata omnis illi excitandi se abstrahendique materia est, gratior pessimis quibusque ingeniis, quae occupationibus libenter deteruntur: ut ulcera quaedam nocituras manus appetunt et tactu gaudent et foedam corporum scabiem delectat quicquid exasperat, non aliter dixerim his mentibus, in quas cupiditates uelut mala ulcera eruperunt, uoluptati esse laborem uexationemque.

Infatti l'inerzia infelice alimenta il livore e desiderano che tutti cadano in rovina, perch? loro non hanno potuto progredire; quindi da questo avversare i progressi altrui e dal disperare dei propri l'animo passa ad adirarsi contro la sorte e a lamentarsi dello spirito dei tempi e a ritirarsi negli angoli e a covare la propria pena, mentre prova fastidio e disgusto di s?. Infatti per natura l'animo umano ? attivo e portato al movimento. Gli ? gradita ogni occasione di muoversi e distrarsi, pi? gradita a tutti i peggiori soggetti che volentieri si consumano nelle occupazioni; come certe ferite vogliono il contatto con le mani che pure recheranno loro dolore e godono a sentirlo, e la turpe scabbia prova piacere da qualunque cosa la esasperi, non diversamente direi che per queste menti, in cui le passioni sono esplose come una dolorosa ferita, sono motivo di piacere il travaglio e il tormento.

Fonte: http://www.filosofia.3000.it/

3) ? ma ad aiutarli sopravviene il saggio (stoico) il quale ? veramente felice non solo perch? refrattario alle passioni ed alle ingiurie, ma soprattutto perch? ne valuta razionalmente il contenuto dannoso, e per ci?, sa bene combatterle ? ha la grande responsabilit? di essere guida e medico per gli uomini contro le passioni appunto.


Seneca, La costanza del saggio, XIII passim

2. Hunc adfectum aduersus omnis habet sapiens quem aduersus aegros suos medicus, quorum nec obscena, si remedio egent, contrectare nec reliquias et effusa intueri dedignatur nec per furorem saeuientium excipere conuicia. Scit sapiens omnis hos qui togati purpuratique incedunt, ualentes colorati, male sanos esse, quos non aliter uidet quam aegros intemperantis. Itaque ne succenset quidem, si quid in morbo petulantius ausi sunt aduersus medentem, et quo animo honores eorum nihilo aestimat, eodem parum honorifice facta. [?] Scit statum eius non magis habere quicquam inuidendum quam eius cui in magna familia cura optigit aegros insanosque compescere.

2. Questo sentimento ha il saggio verso tutti, che verso i suoi malati il medico, il quale non si rifiuta di palpare le loro parti intime, se hanno bisogno di cure, n? di guardare dentro feci ed urine, n? di ricevere le invettive di chi si scatena per un attacco di furore. Sa, il saggio, che tutti quelli che incedono in toga e porpora pieni di salute, ben coloriti, non hanno in verit? buona salute, e li guarda non diversamente che malati sregolati. Pertanto, neppure si arrabbier?, se nella loro malattia hanno osato qualche cosa di troppo irriguardoso verso chi li cura, e con quale disposizione di spirito i loro onori giudica di nessun valore, con la medesima le loro azioni troppo poco onorifiche. [?] Sa che la sua condizione non ha nulla di pi? invidiabile di colui, al quale, in una grande famiglia, ? toccato il compito di tenere a freno i malati e i pazzi.

Trad. G. Viansino

Complimenti per l?ottima interrogazione. Saluti.
  seneca:le passioni
      Re: seneca:le passioni
 

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