Data:
18/02/2004 20.08.11
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Giustino, Epitomi, II, 9 passim
Ippia, spodestato [regno pulsus], avendo riparato in Persia, s?offre [noterai, nel prosieguo del brano, un alternarsi di presenti narrativi e tempi passati] a Dario ? pronto a sferrar l?attacco ad Atene ? quale condottiero contro la propria patria. Quindi, gli Ateniesi, avuta notizia dell?arrivo di Dario, chiesero aiuto agli Spartani, a quel tempo popolo (loro) alleato. Ma visto ch?essi indugiavano per (ben) quattro giorni adducendo pretesti religiosi [in realt? Sparta non voleva intervenire], senza attendere alcun aiuto (gli Ateniesi) allestiscono un esercito di 10mila uomini [conviene sciogliere l?ablativo assoluto] e mille ausiliari di Platea, e si dispongono [propr. escono] a combattere nella piana di Maratona contro 600mila nemici. Milziade era sia il condottiero [belli dux], sia colui che sosteneva [perifrasi per ?auctor?] di non attendere (pi?) aiuti (da altri popoli). Lo aveva preso una tal fiducia (nelle possibilit? di vittoria), ch?egli stimava fosse pi? efficace [plus praesidii] puntare sulla celerit? (delle manovre) che non ne(lla speranza di aiuti da parte de)gli avversari. Grande, dunque, fu lo spirito combattivo [animorum alacritas] di coloro che si accingevano alla battaglia [euntibus in pugnam; la costr. ? dat. di possesso], al punto che [adeo ut], bench? [?cum? concessivo] tra i due schieramenti ci fosse la distanza di un miglio, essi si gettarono sul nemico tempestivamente [citato cursu], anticipando lo scoccare delle frecce (da parte avversa) [ante iactum?].
Trad. Bukowski
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